Frantumi (by Tetide)

VM 18 su Candy Candy

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    CAPITOLO 15
    IL GRIDO


    Nota: Il titolo di questo capitolo è stato preso da quello dell’omonima canzone di Umberto Tozzi.


    Gennaio 1925.
    Il terreno grigio era sferzato da un vento gelido, tagliente; Terry si sorprese a pensare che la variopinta ed eclettica New York sapeva essere spietata, in quel periodo dell’anno, e gli scappò un sorriso.
    Niente di più fuori luogo, in un’occasione come quella.
    Tornò allora a rivolgere lo sguardo verso la mesta scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi: la bara stava venendo lentamente calata nella fossa fresca, mentre il sacerdote imponeva l’ultima benedizione, dopo la cerimonia funebre; accanto a lui, la Marlowe piangeva sommessamente, con la sua solita dignità che neanche il dolore poteva cancellare.
    Una macchia indistinta di figure in nero, sullo sfondo di un cielo grigio che minacciava pioggia: questo era il quadro della scena finale dell’ultimo atto suo e di Susanna.
    Se n’era andata: la tubercolosi l’aveva portata via.
    Alla fine, aveva vinto lei.
    E ricordò: gli tornarono alla memoria le infinite notti passate tra gli affanni e le inalazioni, le punture e i singhiozzi della Signora Marlowe.
    Lui, madido di sudore, le maniche della camicia rivoltate, i capelli scomposti sulle spalle.
    Lei, che non smetteva di sputare sangue.
    Su di loro, la luce giallastra di una lampadina impietosa.
    Un moto di rabbia lo investì, forte come un’ondata di nausea improvvisa, ma tutto ciò che si vide dall’esterno fu una smorfia della bocca sotto occhi simili al mare in tempesta.
    La oramai ex-suocera si aggrappò al suo braccio, sussurrando tra i singhiozzi qualcosa che lui non riuscì a comprendere; Terry le porse il braccio, ma non disse una parola. Non avrebbe potuto proferire un suono neanche se costretto. La sua gola era chiusa da un enorme pugno di ferro.
    Ho fallito!!
    Era questa la frase che più di tutte continuava a rimbalzare, come prigioniera, tra le pareti della sua mente, senza poterne uscire; e ad ogni rimbalzo era un dolore che lo squassava fin nel profondo dell’anima, dilaniandolo e togliendogli il respiro.
    Un colpo che minacciava di abbatterlo.
    E sono giorni che guardo il cielo
    e non vedo il sole
    e le mie notti non sono più splendide d’amore
    e la mia bocca non beve più
    perché ha bevuto tutto(1)
    Perché insopportabile era il pensiero di avere mancato alla parola data a Candy.
    Le aveva giurato che si sarebbe preso cura di sua moglie. Che avrebbe portato a termine il compito per cui avevano dovuto separarsi, quella notte.
    Ma non ne era stato capace, alla fine.
    Sua moglie era morta, sotto i suoi occhi.
    L’ultimo suo sguardo era stato per lui.
    Muto, ma denso di mille parole: ora potrete essere felici assieme. Il vostro ostacolo se ne va per sempre.
    E anche il senso di colpa lo aveva assalito: l’aveva uccisa lui!!
    Lui, con il suo amore negato.
    Lui, con quel suo costante pensare ad un’altra.
    Lui, che le stava accanto solo per pietà.
    Lui, lui, lui!
    Che razza d’uomo era? Non meritava l’amore di Candy, se anche non fosse stata sposata.
    Paradossalmente, il muro tra di loro si alzava all’infinito proprio adesso, con la morte di Susanna.
    Non era degno di lei, non era un uomo.
    Tutto quello che poteva fare era cercare di mettere assieme i frantumi della propria esistenza.
    ..Facce d’angeli luridi
    ..burattini fanatici..(1)

    Un po’ più indietro, nel gelo tagliente del vento, gli Andrew assistevano mestamente alla cerimonia di commiato della povera ex-attrice.
    Albert con Flanny, Archie con Annie, e un po’ più indietro, Candy al braccio del marito.
    Osservava Terry di schiena, avvolto nel suo mantello scuro e la testa fieramente eretta verso il tumulo appena richiuso della moglie, incurante della pioggia che aveva appena cominciato a scendere, bagnandogli i lunghi capelli scuri.
    Candy non sapeva cosa provare nei riguardi di lui.
    Compassione, dolore, pietà?
    Terry non avrebbe mai permesso che qualcuno provasse pietà o compassione per lui.
    E lei non voleva offenderlo, no.
    Non lo voleva ferire.
    Per rispetto a ciò che erano stati un tempo.
    Decise di essere fiera di lui, per ciò che aveva fatto per la moglie, nonostante il suo personale dolore. Fiera per i sacrifici che aveva affrontato, mantenendo la parola che le aveva data, tacitamente, quel giorno lontano.
    Non importava se, alla fine, era stato sconfitto dal destino: il suo dovere lo aveva fatto.
    E lei ne era fiera per questo.
    Fiera, … e cos’altro?
    Innamorata.. lo sapeva sì, ma non poteva permettersi di fare affiorare quell’adesso colpevole sentimento nel mezzo della sua nuova vita di moglie. Perché lei era sposata adesso, aveva un figlio, che la stava aspettando a casa a Chicago, con Suor Maria e zia Patty, e la cuginetta Estella; e Terry aveva una vita che oramai era sicuramente molto distante da lei.
    Lo vide voltarsi, e Robert Hathaway gli si fece incontro e gli strinse la mano, certamente porgendogli energiche condoglianze tra uomini; Terry disse qualcosa che lei non poté sentire, quindi l’altro si allontanò, e Terry si girò nella sua direzione.
    I loro sguardi si incontrarono per un solo, eterno attimo.
    Sguardi muti, ma che esprimevano più di mille parole.
    Quello di lui duro, cupo, triste, le labbra serrate.
    Lei gli rivolse la dolcezza dei suoi occhi da amica fedele, gli occhi di colei che guarda da oltre un muro invisibile.
    Lo vide abbassare la testa, ed allontanarsi, al braccio della ex-suocera.

    “Pover’uomo, così famoso e bello, e adesso così solo!”, la voce di Michael la riscosse dai suoi pensieri,
    “Terry è forte; ce la farà a superare questo momento, ne sono sicura”,
    “E tu?”,
    “Io cosa?”, lo guardò di scatto lei,
    “Non vorresti essergli accanto per aiutarlo? Eravate molto.. amici, una volta”;
    Candy abbassò lo sguardo.
    “No, sarei di troppo; non saprei cosa dirgli, è un momento troppo delicato per lui. Ci sono già i suoi amici e colleghi accanto a lui; e poi, ci sono Stear e i nostri pazienti ad attenderci a Chicago!”,
    “Già, hai ragione. Recuperiamo gli altri”.
    Raggiunsero Albert e gli altri, e si diressero alle auto parcheggiate, mescolati alla folla che lasciava il cimitero sotto la pioggia.

    **********
    Aprile 1925.
    Alla centrale di polizia di Chicago sembrava un’altra noiosa giornata di primavera.
    Sembrava, appunto.
    L’ispettore Knightsbrige fumava tranquillamente seduto alla sua scrivania, gli occhi che scorrevano sui documenti che aveva davanti: dato he il commissario Black era fuori per motivi di servizio, era lui il responsabile della baracca, per il momento.
    Sollevò lo sguardo ed osservò tre agenti che scherzavano vicino alla caraffa del caffè poggiata su un mobile piano con dei bicchieri; un po’ più in là, altri due agenti facevano avanti e indietro tra due stanze. Tutto sotto controllo.
    Fino a quel momento.
    La prima cosa che si udì fu il motore di un’auto lanciata a tutta velocità; un paio di poliziotti, ispettore compreso, sollevarono un paio di occhi annoiati ed incuriositi, ma nulla più.
    Subito dopo, un forte rumore squassò la centrale, accompagnato da quella che pareva l’onda d’urto di un’esplosione; diverse persone finirono a terra, senza essersi nemmeno rese conto di cosa fosse successo.
    La scena che si delineò agli occhi dell’ispettore Knightsbrige sembrava uscita da un film cinematografico: un’automobile aveva sfondato la vetrina del commissariato, e ora se ne stava del bel mezzo dell’ufficio, circondata da pezzi di vetro e da ugni sorta di suppellettili, penne, portacenere, fogli caduti a terra; un gruppo di uomini armati fino ai denti ne era sceso giù, ed ora stava facendo fuoco a tutta forza sugli astanti increduli e attoniti.
    L’ispettore fece appena in tempo a nascondersi dietro ad un mobile rovesciato ed a sfoderare la sua pistola, mentre vedeva tanti dei suoi uomini cadere.
    La sparatoria venne corrisposta da lui e dai superstiti, e si fece ancora più feroce.

    La donna si guardò per l’ennesima volta in uno specchio, lisciandosi il corto caschetto rosso: fissò la luce cattiva dei suoi stessi occhi, restandone compiaciuta.
    Poi prese un bicchiere colmo e se lo svuotò in gola.
    ..Facce d’angeli luridi..
    ..burattini fanatici..
    Siamo la gente che vive colpe di chi ha goduto
    ricorda il tempo che già dicevo no
    ma adesso basta!
    Non voglio, non ci provare più
    a soffocare il grido..!(1)
    Iriza sorrise. La missione doveva essere a buon punto, oramai.
    Come al solito, Jerry non aveva battuto ciglio, limitandosi ad esaudire i suoi desideri; e Al aveva abbattuto con una sola occhiata i dubbi residui dell’uomo.
    Neil sarebbe stato vendicato.
    ..Facce di angeli luridi..
    ..il potere ci affascina..
    ..facce di angeli luridi..
    ..criminali fanatici..(1)

    La sparatoria continuava senza interruzione; i caduti erano numerosi, da entrambe le parti; lo stesso Jerry era stato ferito a una spalla.
    Con una mossa felina, Knightsbrige balzò fuori dal nascondiglio senza farsi notare, riuscendo a prendere alla sprovvista l’indebolito Jerry, ed a puntargli una pistola alla testa.
    “Fermo! Non fare un fiato, e ordina ai tuoi di buttare a terra le armi, subito!”.
    Troppo stanco e sfinito dal dolore per controbattere, il gangster fece quanto gli era stato ordinato “Giù le armi, ragazzi!”,
    “Ma capo..”,
    “Ubbidite, deficienti!!”.
    L’ordine venne eseguito seduta stante.
    I pochi poliziotti rimasti vivi circondarono i malviventi, mentre uno di loro accoglieva il commissario Black, che era appena rientrato, giusto in tempo per trovare quel pandemonio.
    Quello che seguì, oltre ai sommari arresti dei banditi sopravvissuti, fu un brutale interrogatorio, in cui non vennero risparmiati i pugni ed i calci a Jerry e agli altri, nonostante le ferite riportate nella sparatoria.
    E non essendo poi una cima tra i gangster ma soltanto un gregario mediocre, Jerry alla fine parlò.
    “Ho esaudito i desideri della mia donna”,
    “Chi è la tua donna?”.

    **********

    Novembre 1925.
    Mai si sarebbe aspettato una cosa simile. Mai.
    Albert camminava incupito verso la prigione avvolto nel suo cappotto, dove Iriza era stata rinchiusa dopo la denuncia da parte di Jerry ed il conseguente arresto.
    Processata e condannata a morte, in attesa dell’esecuzione della sentenza.
    Raggiunse la prigione, un edificio alto e tetro, fatto di mattoni scuriti dal tempo; una guardia lo fece entrare, conducendolo fino alla cella, dopo che lui ebbe detto il suo nome.
    E la vide.
    Una figura a terra, rannicchiata in fondo alla cella.
    Non aveva nulla della Iriza che ricordava: era annientata.
    Abbattuta.
    Sconfitta.
    Il fantasma di sé stessa.
    Il caschetto rosso era cresciuto fin quasi alle spalle, ed era completamente spettinato; gli occhi erano cerchiati di nero, la pelle di un colore molto vicino al grigio; indossava una lisa divisa da carcerata che le andava larga di almeno tre taglie.
    Albert si tolse il cappello e si avvicinò alle sbarre.
    “Zio!”, la figura sollevò gli occhi in un guizzo disperato,
    “Da quando mi chiami così?”,
    “Non dovrei? Sei mio zio!”,
    Albert scosse il capo “No, Iriza. Non lo sono. Non biologicamente parlando, almeno”.
    Iriza rifletté che aveva ragione: lei e Neil erano nipoti di una donna che il marito della zia Elroy aveva sposato in prime nozze, prima di lei; quindi, tecnicamente parlando, non appartenevano alla nuova famiglia che l’uomo si era fatto sposando la matriarca in seconde nozze: vi erano stati intromessi a forza, cosa questa che aveva generato un astio insopportabile in Sarah, madre sua e di Neil; la “nipotastra” della seconda moglie di suo nonno si era sentita per una vita una Andrew di serie B, un’inferiore, e questo aveva riempito il suo cuore di odio verso quelli che invece erano i “veri” Andrew, generando in lei, per una distorta reazione, un senso di superbia radicato: lei doveva essere una Andrew, una nobildonna pari in tutto e per tutto ai suoi parenti acquisiti; pertanto, i dettami della “buona società” avrebbero dovuto essere applicati rigidamente in casa sua, assai più che tra gli Andrew “di diritto”, proprio per compensare la mancanza di tale diritto di nascita; ecco allora il disprezzo per tutti quelli che lei, da “signora”, considerava “plebei”.. prima fra tutti Candy!
    E gli stessi valori distorti, Sarah li aveva inculcati ai figli.
    E proprio a causa di quei valori distorti, ora, l’ultima figlia rimasta in vita se ne stava dentro ad una cella, aspettando la morte.
    “William” riprese allora Iriza con tono più basso “so che ho commesso molti sbagli in passato, ma so anche che ti ho voluto bene. E so che tu non puoi permettere che un membro della tua famiglia, seppure acquisito, si copra d’infamia salendo sul patibolo; ho commesso una leggerezza, William, una ragazzata. Non lasciarmi pagare con la vita questa mia leggerezza, ti prego!”.
    Albert se ne era rimasto zitto ad ascoltare le suppliche della ragazza, guardandola con sguardo duro; quindi le rispose.
    “E’ vero, Iriza, hai commesso molti sbagli in passato, come li ha commessi tuo fratello; ma lui ha già avuto la sua giusta punizione, mentre tu stai attendendo la tua. Ed è vero anche che per nulla al mondo io vorrei fare cadere l’infamia sugli Andrew. Ma su una cosa stai mentendo: tu non hai mai voluto bene né a me, né a nessun altro. Forse, hai provato qualcosa di simile all’affetto solo per i tuoi genitori e tuo fratello, questo lo posso anche credere, visto che se sei qui dentro è a causa sua. Ma il vero affetto non sai neanche cosa sia. E sai perché? Perché non ti è stato insegnato il rispetto per gli altri. Guarda cosa hai fatto alla povera Candy, intrappolata per la vita nella gabbia di un matrimonio dettato solo dalla disperazione! Le hai distrutto l’esistenza, e tutto soltanto per un distorto senso di superiorità; per questa ragione e per molte altre non potrò mai perdonarti. E’ vero, non sei una Andrew. Ma non solo per il sangue. Non sei una Andrew perché sei piena di una grettezza e di una superbia che la nostra famiglia non conosce. Ed è per questa ragione che ti ho disconosciuta molto tempo fa, Iriza. Non ti tirerò fuori di qui. Affronterai la tua condanna, e non sarai seppellita nella tomba di famiglia Andrew. Ripensa ai tuoi errori, hai ancora tempo per pentirti. Addio, Iriza”.
    Si allontanò dalla cella, seguìto dallo sguardo implorante della donna aggrappata alle sbarre.
    “Albert! Non puoi abbandonarmi! Non puoi!”,
    “Posso benissimo, invece” le rispose lui senza voltarsi,
    “Il potere ti ha dunque fatto cambiare tanto, Albert?”
    ..Ed io lo so che anche se dico no
    sono un privilegiato
    ma non pensare ch’io non abbia occhi
    perché ho già pagato(1)
    “Io non sono mai cambiato, Iriza. Faccio solo ciò che è giusto”, continuava a darle le spalle,
    “E lasciarmi morire ti sembra giusto?”,
    “Sei stata tu con la tua condotta sconsiderata a volerlo. Non posso fare nulla per te, mi dispiace”
    ..E proprio adesso che li alzo al cielo
    e che non c’è più il sole
    mi accorgo quanta gente piange
    per un po’ d’amore(1)
    “Albert..”,
    “Sì..?”,
    “Mia madre è in quell’istituto per malati di mente, a Miami.. occupati di lei, ti prego!”,
    “Sì, non preoccuparti”, le rispose sempre di spalle un’ultima volta prima di andarsene.
    Era finita. Iriza adesso lo sapeva.



    (1)Umberto Tozzi, Il grido.
     
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    CAPITOLO 16
    DIMENTICA DIMENTICA


    Nota: Il titolo di questo capitolo è ripreso da quello dell’omonima canzone di Umberto Tozzi.

    Giugno 1926.
    Il puzzo di fumo era davvero insopportabile, in quel posto. O forse sembrava tale a lui.
    Michael tossì ancora una volta, poi tornò a rivolgersi al suo interlocutore, il quale lo stava fissando con occhi inespressivamente distaccati.
    “Ti dico che mi sono rotto di tutta questa situazione! Datemi ciò che mi spetta!”,
    “E io ti rispondo quello che ti avevo già detto prima: le decisioni del capo non si discutono!!”,
    “Credevo che almeno Capone fosse un uomo d’onore, in mezzo a tutta questa merda! Ma invece a quanto pare mi sbagliavo: è solo un altro lurido stronzo che pensa solo ai soldi, e basta!”,
    “Come te, del resto”, quello fece un sorriso sghembo,
    “Non puoi fare paragoni! Io ho fatto quello che mi avete chiesto! Merito il mio compenso! Sono stato sempre corretto con voi!”,
    “Senti testa di cacchio di un dottore, perché non..”, quello stava perdendo la pazienza,
    “Calma, calma” si intromise un terzo con aria conciliante “non è il caso di scannarci fra noi; e per soli quattrocento miseri bigliettoni! Giusto, Mac?”,
    “Ma che accidenti stai dicendo, Frank? Lo sai che il capo ha detto..”,
    “.. Che è giusto che Michael riceva tutta la cifra pattuita in un’unica volta! E noi gliela daremo! Non è vero, Mac?”.
    Il criminale aveva intravisto una luce sinistra negli occhi del compare, e finse di stare al gioco.
    “Certamente, Frank! Se lo vuole il capo..”,
    “Molto bene! Dunque, vediamoci qui, sul retro, a questa stessa ora domani, e ti daremmo quanto ti spetta”.
    Michael mugugnò, guardandoli sospettoso.
    Il più diplomatico riprese “Che c’è, amico? Non va bene? Ho detto domani, qui, alla stessa ora!”,
    “D’accordo, domani! Ma se fate qualche altro scherzo..”,
    “Nessuno scherzo, amico! Vieni, e avrai quello meriti!”.
    Michael non era del tutto convinto, tuttavia non poteva fare altrimenti.
    “D’accordo. A domani, allora!”.
    I due uomini lo osservarono salire in macchina, mettere in moto e allontanarsi sulla strada semideserta.
    “Che hai in mente, Frank?”,
    “Indovina! Domani sera questo posto sarà chiuso per riposo settimanale. E in giro non ci sarà nessuno. Pertanto..”,
    “Afferrato!”, sghignazzò Mac.

    “Non hai fame, caro?”, Candy lo osservava preoccupata,
    “Non molta” le rispose Michael, senza alzare gli occhi per guardarla in viso, con aria pensierosa,
    “Cosa c’è che non va, Michael? A me puoi dirlo!”, disse alzandosi per sistemare meglio il cucchiaio nella manina si Stear, che, seduto accanto a lei, aveva scambiato la minestra per una piscina per bambole,
    “Nulla di importante.. è soltanto che stasera dovrò assentarmi per qualche ora.. sembra che un paziente abbia la febbre molto alta, che non riesce a fare calare”,
    “Ma scusa.. perché non viene allo studio?”,
    “Perché.. sta male, e non può muoversi; così mi ha chiesto se potevo passare a dargli un’occhiata, questa sera”,
    “Va bene.. a che ora torni?”,
    “Spero presto. Ora, se vuoi scusarmi..” disse guardando l’orologio da taschino e mettendosi in piedi.
    Candy non sapeva spiegarsi perché, ma vedendo il marito uscire di casa quella sera, provò una strana inquietudine.

    Debbo farlo per lei.
    Per loro.
    Per noi.
    Per quello che abbiamo costruito. Per quello che siamo diventati.
    Quel giorno, giurai che ti avrei fatto vivere bene, Candy. Giurai che non avrei permesso che tu potessi rimpiangere quel bastardo d’un attore, mai.
    A qualunque prezzo.

    Michael fermò l’auto lungo il marciapiede, dunque scese sulla banchina deserta; si avvide che il locale era chiuso, e pensò che forse Capone preferiva non avere testimoni per regolare i suoi conti.
    Non aveva idea di quanto fosse nel vero!
    “Salve, Michael” Frank spuntò fuori dal cortile posteriore “ti stavamo aspettando. Entra e accomodati!”.
    Ignaro, l’uomo lo seguì all’interno del locale vuoto.
    Lì trovò anche Mac.
    “Dov’è Capone?”, chiese Michael,
    “Sta arrivando. Intanto cosa ne dici di bere qualcosa?”.
    Michael si guardò attorno sospettoso “O.K.! Prendo un whiskey”.
    Si sedette, inspiegabilmente inquieto: la vista del salone vuoto, illuminato da una rada luce giallastra di cui non si capiva la provenienza, con le sedie rivoltare sui tavoli, sembrava un quadro surrealista.
    In più, si accorse del fatto che i suoi due ospiti si scambiavano strane occhiate d’intesa.
    “Ti sei ambientato bene, eh Michael?” gli chiese Mac “Hai imparato a pretendere!”,
    “Solo ciò che è giusto” sorseggiò il suo whiskey; ma dov’era andato Frank?
    “Però sai, amico” riprese Mac dondolandosi sulla sua sedia “a chiedere troppo ci si può far male, alle volte!”.
    In quel momento avvertì vicino alla sua testa l’inconfondibile rumore del cane di una pistola che scattava; si voltò, e vide Frank con uno sguardo da matto.
    “Addio, ficcanaso!” , gli disse questo.
    Il medico sbarrò gli occhi, un istante prima di vedere uscire dalla canna il pallino di ferro assassino. E fu l’ultima cosa che poté vedere.
    Un attimo dopo, una macchia rossa andava allargandosi sulla sua fronte, in mezzo agli occhi; l’ingenuo dottore cadde pesantemente sul tavolo.
    Il sangue si diffuse ovunque.
    “Stava diventando troppo pericoloso, con le sue continue richieste!” Frank ripose la pistola,
    “Il capo sarà contento, abbiamo ripulito il campo senza disturbarlo stavolta”,
    “A proposito di ripulire: prendi quello staccio, e togli di mezzo tutto quel sangue!”,
    “Ehy! Perché sempre a me i lavori sporchi?”,
    “Il più sporco in assoluto l’ho fatto io, mi pare. Quindi non lagnarti, e muoviti!”.
    Il bandito si alzò grugnendo.
    “Fai in fretta: dobbiamo portarlo via da qui prima che qualcuno ci veda!” aggiunse l’altro.

    E fu così che, in una notte di inizio estate, il corpo di un ingenuo e sfortunato medico venne gettato in un vicolo, in mezzo a liquami putrescenti e sacchi di spazzatura, per essere poi ritrovato il mattino successivo da un agente di ronda.

    **********

    Luglio 1926.
    Era trascorso un mese.
    E non si era concluso nulla.
    Candy poggiò il giornale sul ripiano del tavolo che aveva di fronte, passandosi una mano sugli occhi stanchi.
    Le indagini della polizia non avevano dato alcun frutto, se il giornale continuava a titolare “DELITTO COMMESSO DA IGNOTI”; ciò che più le stava a cuore, cioè che gli assassini del padre di suo figlio venissero assicurati alla giustizia, era ben lungi dal verificarsi; di contro, la morte violenta di Michael aveva portato a galla aspetti segreti della vita del marito e retroscena spaventosi che lei non avrebbe mai potuto immaginare.
    Ricordava ancora perfettamente il giorno in cui, dopo giorni di assenza immotivata del marito da casa dopo quella famosa sera, si era sentita chiamare per telefono dalla polizia per riconoscere il suo cadavere; cadavere che, purtroppo, corrispondeva alla perfezione, nonostante il sangue rappreso da giorni sul viso e tra i capelli. Sarebbe caduta a terra svenuta, se non ci fosse stato accanto a lei Albert per sorreggerla.
    Ed era stato anche peggio quando era dovuta entrare nell’ufficio del commissario, ed aveva udito della doppia vita del marito emersa dalle indagini: un collaboratore segreto di Al Capone!
    Proprio lui: Capone il gangster, Capone il mafioso, Capone che contrabbandava liquori sotto il naso dei federali e passava le sere a ridere amabilmente con gli amici nel suo elegante salotto, mentre i suoi sgherri pestavano a morte qualche malcapitato!
    Era stato davvero troppo per lei! Chi era veramente l’uomo che aveva sposato?
    Ma poi ricordò.
    Lui, che il giorno del matrimonio aveva giurato di farle vivere sempre una vita da regina; lui, che faceva qualsiasi cosa per accontentarla, affinché lei non rimpiangesse
    Quell’amore strappato via dal destino; lui, i cui occhi diventavano di brace ogniqualvolta sentiva nominare Terry da qualche parte.
    Ecco perché lo aveva fatto: per cancellare Terence dal suo cuore!
    Lo aveva fatto per lei soltanto!
    La colpa di quanto era successo era solo sua!
    Come avrebbe potuto vivere con questo peso sul cuore, d’ora innanzi?
    Dimentica, dimentica, che il dispiacere scivola
    la mia paura è vivere, uscire, amare e ridere
    e non volare adesso giù
    perché accanto a me non ci sei più(1)
    Una voce infantile la riscosse dai suoi pensieri: “Mamma..”.
    Si voltò. Era Stear.
    “Vieni, piccolo mio”; il bambino le saltò fra le braccia.
    E stringerlo le fece ricordare che doveva vivere, nonostante tutto. Per suo figlio.

    “Grazie per la vostra generosità, Albert”, disse Candy con Stear in braccio,
    “Ma ti pare? E’ un piacere averti qui! E poi, adesso che sei sola avrai bisogno di aiuto per il bambino, quando vai al lavoro”,
    “Per noi sarà un vero piacere” gli fece eco Flanny “e poi, adesso che hai rilevato lo studio di Michael, avrai molto più lavoro di prima!”.
    Già, lo studio. Adesso Candy ne era l’unica titolare.
    I pazienti del marito erano diventati i suoi.
    E Palazzo Andrew tornava ad essere casa sua.

    Tornare a Palazzo Andrew era un po’ ritornare in famiglia.
    Una famiglia che adesso si era ancor più ingrandita.
    Nelle lunghe giornate trascorse allo studio, poteva almeno contare sulla pazienza di Patty, che coi bambini sembrava saperci davvero fare, e sui resoconti di Annie, che non si stancava di ripeterle che la vicinanza della cuginetta Estella era un vero toccasana per Stear, e che i due non si stancavano di correre e giocare su e giù per il giardino, e, una volta finita la bella stagione, nelle stanze della casa, sotto l’occhio divertito di Albert, e quello confuso di Archie, spesso, lei e Flanny rimanevano a lungo a discutere la sera, dopo cena, quando tutti gli altri erano andati a dormire, ricordando il passato e gettando le basi per un futuro.
    Un futuro, sì: perché anche se Candy non riusciva a crederci, un futuro ci sarebbe stato; il suo senso di colpa non sarebbe rimasto dentro di lei per sempre, dato che, a detta di Flanny, le scelte errate di Michael erano imputabili unicamente a Michael stesso.
    Per Candy, sentirsi dire questo era un conforto; ma niente altro.
    Perché lei sapeva di essere stata, in qualche modo, la responsabile indiretta della drammatica fine del marito.
    Dimentica, dimentica
    t’accorgi un giorno che
    quelli che ti capiscono
    sono tutti dietro a te(1)
    Non sapeva se era ancora degna di vivere, respirare, ridere, dopo quello che aveva fatto a Michael.
    Si sentiva quasi in colpa ad esserci ancora.
    Lo aveva sposato, per poi ucciderlo: se non fosse stato per Stear, si sarebbe lasciata andare da qualche parte.

    **********

    Settembre 1926.
    La luce del mattino..
    ..E apro le finestre
    il glicine è già qui
    il mondo si riveste..(1)
    Flanny si stiracchiò pigramente, tornando poi a sistemarsi meglio sul petto nudo del marito; in risposta, Albert le carezzò piano i capelli.
    “Non credevo che sarei stata così felice, un giorno”, gli disse in un soffio,
    “Bisogna credere intensamente in qualcosa, perché questa si avveri”, rispose lui,
    “A volte ho.. paura!”,
    “Davvero? E di cosa?”,
    “Che tutto questo abbia fine. Che mi venga chiesto il conto per tutta questa felicità”,
    “Da quanto tempo siamo sposati, Flanny?”,
    “Mmm.. nove anni, mi sembra!”,
    “Esattamente, nove anni. E tu credi che io ti lascerei andare dopo tutto questo tempo, conto o non conto?”,
    “Lo faresti?”, lei gli si appoggiò addosso con un gomito, poggiandosi poi la testa su una mano,
    “Mai!”.
    E tirandosi entrambi sotto le lenzuola, ripresero a ridere e a giocare.
    Ma non tutti giocavano.
    Fuori dagli eleganti cancelli di Palazzo Andrew, le mani aggrappate alle sbarre del cancello in un gesto di rabbia e disperazione, un ragazzo guardava verso quel mondo proibito che erano le vite dei ricchi.
    “Sei lì dentro, sorella mia..
    La mamma e il piccolo Charles se ne sono andati; Marcus e John non fanno altro che dire male di te.. ma io non posso odiarti, Flanny, sorella mia!
    E penso un po’ a mia madre
    a quella sua mania
    diceva più lavoro più i soldi vanno via..(1)
    La mamma è morta imprecando contro di te.. posso capire perché sei scappata, perché hai voluto dimenticarci tutti.. tuttavia non riesco a credere che tu voglia odiarci, Flanny! Dopo tutto, è colpa nostra se sei scappata via.
    Addio, sorella! Pensaci qualche volta!”.
    Lasciata la presa delle sbarre, il ragazzo si allontanò, senza voltarsi.
    Dimentica, dimentica, che il dispiacere scivola
    la mia paura è vivere, uscire, amare e ridere
    e non volare adesso giù
    perché accanto a me non ci sei più(1)

    **********

    “E’ mai possibile se ne stia sempre seduto a fumare in quell’angolo?”,
    “Sta’ un po’ zitta! Potrebbe sentirti”,
    “Che senta! Forse smetterebbe di fare il prezioso!”,
    “Falla finita! Sai quanto è sgradevole Terence, quando è di cattivo umore”,
    “Cioè sempre!”.
    Le due attrici rientrarono sul palco, dove si stavano svolgendo le prove del Macbeth; l’uomo seduto su di una cassa rovesciata in un angolo appartato, non le aveva nemmeno sentite; continuò a fumare.
    Come sola compagna, la colpa.
    Quella di avere ucciso sua moglie.
    Non materialmente, vero.
    Ma con il suo atteggiamento freddo, il suo distacco, la sua lontananza morale.
    Dimentica, dimentica, che il dispiacere scivola
    la mia paura è vivere, uscire, amare e ridere
    e non volare adesso giù
    perché accanto a me non ci sei più(1)
    Come poteva liberarsi di quell’idea, di quel dolore? Non ci sarebbe mai riuscito.
    Era libero solo all’apparenza.
    E l’orizzonte libero come un amante che
    fa il grande senza accorgersi che prigioniero è..(1)
    Un altro tiro.
    Aveva mancato alla sua parola.
    Aveva ucciso Susanna.
    E non era degno di lei.

    “Terence!”.
    Alzò il capo, infastidito e confuso, incrociando lo sguardo corrucciato di Robert.
    “Cosa c’è?”,
    “’C’è che ne ho le scatole piene di vederti buttato qua come un cencio! Datti una mossa, e vieni dentro!”,
    “A che pro? Le mie prove sono solo nel pomeriggio!”.
    L’uomo sospirò e si sedette per terra, accanto a lui “Ascolta, Terence.. io sono seriamente preoccupato per te; tutti noi lo siamo: ti stai lasciando cadere in un abisso, come nei primi tempi del tuo matrimonio; è un paradosso: prima volevi lasciarti andare perché eri costretto a stare vicino a lei, ora invece vuoi fare la stessa cosa perché lei non c’è più!”, si prese la testa tra le mani,
    “Sagace osservazione, Robert”, rispose Terence osservando il filo di fumo che saliva dalla sua sigaretta,
    “E non lo trovi.. diciamo assurdo?”,
    “Per niente. Tu non puoi sapere come stavano le cose”,
    “Ma so che non l’amavi!”,
    “Esatto. Però ho provato dell’affetto per lei, soprattutto alla fine: ha sofferto troppo. E poi, amavo Candy, che ho tradito con la mia debolezza!”,
    “Per questo ci sarebbe un rimedio: la prossima settimana dovrò andare a Chicago da un mio amico, un importante produttore; che ne diresti di accompagnarmi?”,
    l’altro scosse la testa “Spiacente ma non posso. Non posso più mettere piede là!”.
    A quel punto, Robert lo prese per le spalle “Stupido, stupido ragazzo! Ti sto offendo la possibilità di riprenderti la tua vita, come la puoi rifiutare? Hai saputo che Michael Strong è morto, lasciandola vedova? Sì che lo hai saputo, i giornali ne erano pieni!! Allora perché non vuoi rivederla, non vuoi avere la possibilità di costruire qualcosa assieme a lei? Non hai mai smesso di amarla, te lo leggo in viso! E allora perché, eh? Hai paura del confronto?”,
    “Tu non sai proprio niente!” ruggì Terry scattando in piedi “Io le avevo promesso che mi sarei occupato di Susanna, che mi sarei preso cura di lei! Glielo avevo promesso, e l’ho lasciata morire! Con quale coraggio mi potrei presentare adesso davanti a lei? Dimmelo!”,
    “Io so soltanto che bisogna lottare per ciò che si ama, e che non tutti hanno una seconda occasione; tu sei stato fortunato. Non puoi gettare alle ortiche questa opportunità. Qualunque cosa sia stata, adesso appartiene al passato. Poi, lei è sola con un bambino, e avrà bisogno di aiuto. Considera le cose da questo punto di vista, Terry; cerca di avvicinarti a lei, anche soltanto come amico”,
    “Non mi vorrebbe più nemmeno come amico, dopo quello che non sono stato capace di fare”,
    Robert a questo punto lo guardò negli occhi severo “Se le cose stanno così, voglio che tu mi accompagni a Chicago per conoscere il nostro produttore; essendo l’interprete protagonista, non puoi dirmi di no. Sono stato chiaro, Terence?”.
    Lui non rispose, tornando a sedere a terra per gustarsi l’ultimo mozzicone di sigaretta.




    (1)Umberto Tozzi, Dimentica dimentica.
     
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    CAPITOLO 17
    FEELINGS


    Nota: il titolo di questo capitolo è ripreso da quello dell’omonima canzone di Morris Albert.

    Gennaio 1927.
    Il treno accostò lentamente alla banchina, a quell’ora affollata di passeggeri; Robert Hathaway scese giù, seguito da uno svogliato Terence.
    “Eccoci a Chicago, finalmente!”, esclamò il regista girando il capo da entrambi i lati.
    Terence gettò a terra il mozzicone di sigaretta, spegnendolo col piede.
    “Non fare quella faccia! Dobbiamo mostrare il nostro lato migliore a Mister Forsythe!” Hathaway si girò verso Terence,
    “Dato che hai già organizzato ogni cosa, che si fa adesso?”,
    “Per prima cosa, prendiamo un taxi e andiamo in albergo a darci una rinfrescata; poi, abbiamo appuntamento nello studio del produttore per le undici”.
    Uscirono dalla stazione, Robert camminando davanti a testa alta, e il giovane attore dietro, a capo chino; dentro di lui si faceva sempre più opprimente un senso di inadeguatezza e vuoto: trovarsi lì, in quella città, lo riportava tanto a quella notte di tredici anni prima.. quell’incontro mancato, quell’inseguirsi affannoso senza risultato alcuno.. i ricordi lo colpivano in ogni dove, affilati come coltelli.
    E poi quell’incontro, lungo le rotaie, il mattino seguente..
    Rivide i suoi occhi..
    ..che adesso erano così diversi, così.. tristi e seri!
    Rivide i suoi boccoli biondi..
    ..che ora erano spariti, lasciando il posto ad un caschetto di capelli lisci.
    Rivide il suo sorriso..
    ..che adesso non c’era più, sostituito da un’espressione seria e composta.
    La ricordava bene il giorno dei funerali della moglie, sì: una signora dell’alta società al braccio del marito, priva di slanci e con il trucco a sostituire quella che un tempo era stata un’espressione di spontanea allegria. Non c’erano più nemmeno le lentiggini..
    Feelings..
    nothing more than feelings..
    trying to forget my
    feelings of love(1)

    Sì, il suo Tarzan Tuttelentiggini era davvero morta!
    Sorrise amaramente, un'altra sigaretta tra le dita: cosa si aspettava, dopotutto? La vita aveva mangiato lei come aveva fatto con lui, lasciandole solo frantumi; quelli che ora si ritrovava in mano, e che sicuramente la tagliavano nel cuore come facevano con lui. Troppa vita tra loro, troppo dolore diverso e sconosciuto, per potersi riavvicinare.
    Tear drops
    rolling down on my face..(1)

    Troppi frantumi per poterli rincollare assieme. E poi c’era la vergogna.
    Lui non era stato capace di mantenere la parola datale. Non era degno di lei.
    Non avrebbe potuto rivederla, mai!
    Feelings..
    feelings like I never lost you..
    ..and feelings like I never had you
    again in my life!(1)
    Che accidenti ci faceva lì?
    La sua missione era di accompagnare Robert, il suo migliore amico. Nulla di più.
    Robert, che ora si stava attardando più del dovuto nello studio del produttore, mentre lui era costretto a sostenere lo sguardo da gatta morta della segretaria, che non riusciva a credere di aver potuto conoscere di persona il bellissimo attore teatrale.
    Ma perché ci metteva tanto?
    Finalmente, udì voci e rumori concitati vicini alla porta; un attimo dopo, questa si aprì, e Hathaway ne uscì fuori, seguito dal produttore.
    “Allora arrivederci! Mettiamo in atto il nostro accordo!”,
    “Naturalmente, caro Matthew! Sarà un vero onore per me!”.
    I due uomini si salutarono, e Robert si fece incontro a Terence.
    “Ci sono buone notizie per te: il Signor Forsythe è rimasto favorevolmente impressionato dalle tue interpretazioni, e così ha deciso di affidarti la parte di protagonista con la sua compagnia, per tutta la prossima stagione”,
    “Impossibile! Debbo mettere in scena con voi”,
    “Non puoi rifiutarti: quest’uomo è il produttore più importante di Chicago, ha contatti anche ad Hollywood; non ti andrebbe di passare al cinema, Terry?”,
    “Non ci tengo: la mia passione è il teatro!”,
    “Ad ogni modo, non puoi dirgli di no; ragion per cui gli ho già assicurato la tua presenza per la prossima stagione. Non preoccuparti per la nostra rappresentazione, posso chiedere a Mark di sostituirti”,
    “Cosa??” Terence gli saltò quasi al collo, poi si trattenne e si ricompose.
    “Non voglio rimanere qui”,
    “Spiacente, dovrai farlo; ho già prenotato una suite in albergo per te per il tempo necessario”,
    “Cioè mi avete incastrato, tu ed il tuo amico”, Terry diede le spalle a Robert,
    “Ma si tratta di una grande opportunità! Puoi fare il salto di carriera della tua vita, dopo tanti anni di stallo!”,
    “Va bene, ho capito! Non desidero parlarne ancora, grazie Robert!”,
    “Molto bene. E’ meglio se adesso ce ne torniamo in albergo, non mi sento per nulla bene: credo che la qualità del cibo sui treni si sia notevolmente deteriorata!”.

    **********
    “Ahi ohi! Che gran mal di testa!”,
    “Hai esagerato sul treno, Robert!”,
    “Non farmi la paternale, Terry: non mi aiuta!”,
    “Ma almeno è bravo questo dottore?”,
    “Così mi hanno detto in reception: uno dei migliori della città”.
    Terry assunse un’espressione perplessa e si voltò a guardare la strada che scorreva fuori dai vetri del taxi; pensò che lo spirito di sopportazione di Robert si era notevolmente ridotto, se per un po’ di mal di testa aveva avuto bisogno di farsi indicare un medico dall’albergo.
    Quello che non vide però fu il sorriso compiaciuto del suo amico in quel momento, tipico di chi aveva appena messo a segno un colpo da maestro!
    Il taxi li lasciò davanti ad un portone con accanto una targa, che recava la scritta “Studio medico Strong”, ma Terence non se ne avvide, troppo impegnato a sostenere l’amico sofferente.
    L’infermiera li fece accomodare in una saletta d’aspetto, dove si sedettero su due sedie vicine.
    “Mi dispiace dirtelo, ma stai invecchiando, Robert!”, scherzò Terry.
    Ma per una qualche oscura ragione, si sentiva stranamente agitato.

    Candy si passò una mano sugli occhi; era molto stanca, quel giorno le erano capitati un paio di casi difficili, non aveva potuto riposarsi proprio; e quella sera, la attendeva Annie, per aiutarla a prepararsi per quella cena di gala all’Istituto Andrew..
    Non avrebbe saputo dire perché, ma si sentiva agitata.
    Sentì bussare alla porta. “Avanti!” disse.
    Entrò l’infermiera “Dottoressa, c’è un paziente con un forte mal di testa che chiede di essere visitato”,
    “Lo faccia passare”.
    Due figure entrarono nella stanza, mentre lei si alzava per accoglierle.
    Ma per poco non ricadde sulla sedia: uno dei due era Terry!
    L’altro uomo le parlò “Buonasera, Dottoressa; mi chiamo Robert Hathaway, ho un terribile mal di testa e una forte nausea. Mi può aiutare, per favore?”;
    Candy si riscosse “Certamente. Si sdrai sul lettino, prego!”.
    Lo accompagnò al lettino, volandosi indietro solo una volta; e in quell’istante scambiò un lunghissimo sguardo con lui.
    Feelings..
    for all my life I’ll feel it..(1)
    Terry era esterrefatto: quel volpone di Robert! Probabilmente si era fatto dare l’indirizzo dall’albergo, e poi aveva montato tutta quella messinscena, senza che lui sospettasse niente! Dovette ammettere con sé stesso che come attore, aveva ancora molto da imparare da lui.
    I wish I’ve never met you, girl
    you’ll never come again(1)
    Candy nel frattempo si stava dedicando al paziente, misurandogli la febbre e tastandogli la pancia “Credo proprio che lei abbia una brutta intossicazione.. ha mangiato del cibo conservato, di recente?”,
    “Sì: il mio amico ed io abbiamo fatto un lungo viaggio in treno..”,
    “Capisco, il cibo sui treni è di solito conservato. Però non deve preoccuparsi: non è tanto grave!” concluse dandogli un’occhiata furba: da bravo medico, Candy aveva capito che il malessere di Robert era in parte simulato, e sapeva molto bene il perché.
    Tornò a sedersi alla scrivania, seguita da Robert, cercando di non degnare di uno sguardo Terence “Ecco, prenda queste pillole, per disintossicarsi. E la prossima volta che sale sul treno, non esageri col cibo!”,
    “Non so come ringraziarla, dottoressa! Ah, potrei chiederle un favore? Potrebbe visitare anche il mio amico? Ha un colorito che mi preoccupa. Io l’aspetterò fuori, grazie!”.
    Nessuno dei due ebbe il tempo di ribadire, Robert aveva lasciato la stanza in un lampo, lasciandoli da soli.
    Feelings..
    feelings like I never lost you..
    ..and feelings like I never had you
    again in my life!(1)
    Candy si mise a scribacchiare qualcosa sull’agenda che le stava davanti, abbassando lo sguardo, nel tentativo di darsi un contegno.
    “Stai male anche tu?”, disse a Terry senza sollevare lo sguardo,
    “Quel volpone ci ha fregato tutti e due, ti chiedo scusa”,
    “Non è il caso; mi ha fatto piacere rivederti!”,
    “E.. come stai adesso?”,
    “Come una vedova. E tu?”,
    “La stessa cosa. Come un vedovo”,
    “Ah..”,
    “Sono venuto per lavoro; starò qui un po’ di tempo”,
    “Bene. Ti auguro il meglio, allora!”.
    Improvvisamente, la donna sentì un calore sulla propria mano sinistra distesa sul piano della scrivania. Alzò gli occhi, vedendo un’altra mano sulla propria, la sua.
    Rimase senza parole, senza fiato.
    “Sei diventata ancora più bella, lo sai?”;
    lei non seppe cosa dire: per la prima volta dopo anni, avvertiva quel calore elettrico diffondersi per il corpo fino a bollirle in gola, di nuovo.
    “Gra.. grazie. Anche tu.. sei rimasto lo stesso..” .
    Un bussare alla porta li riscosse, dividendo le loro mani; Candy disse “Avanti”.
    “Scusi dottoressa, ma il prossimo paziente ha una brutta tosse preoccupante..”,
    “Lo faccia passare”.
    Terry si alzò “Anche a me ha fatto piacere. Grazie per Robert”, si avviò dunque verso la porta. Ma fu la voce di lei a fermarlo “Dove ti esibirai?”,
    “Al Metropolitan”.

    **********

    “Albert, come ti sembra che stia?”,
    “Sei perfetta. Come sempre”.
    Flanny sorrise compiaciuta: da quando era divenuta la moglie di Albert, aveva imparato ad avere più cura di sé stessa, senza per questo perdere in professionalità; al contrario, la bellezza e l’innata eleganza aggiungevano fascino alla figura della “Signora Andrew”.
    Le cene di gala per l’istituto ne erano la prova più tangibile. Come quella sera.
    Albert le stava rivolgendo uno sguardo innamorato e ammaliato; lei, avvolta in un lungo fasciante abito di velluto rosso aveva appena finito di acconciare i capelli in uno chignon; gli occhiali non avrebbe potuto metterli, se non altro perché contrastavano col trucco, ma d’altronde le servivano veramente solo per leggere; per il resto, li usava per accentuare la sua aria da “inflessibile”.
    Eppure, da quando accanto a lei c’era Albert, si era accorta di essere molto cambiata: era divenuta più sicura di sé, più curata, più femminile. Non sentiva più quei tormenti interiori che l’avevano gravata per tanto tempo, l’amore di lui li aveva fatti scomparire. Era rinata a nuova vita, che mai avrebbe immaginato.
    Lo amava per questo.
    “Ma.. tu non sei ancora pronto, caro?”,
    “Non preoccuparti, farò in un attimo. Però, ora se permetti vado nel mio studio, a rivedere alcuni documenti”.
    Albert uscì dalla stanza, frettoloso: dacché Candy aveva chiesto a George di parlargli con la massima urgenza, non si sentiva per nulla tranquillo; ogni volta che aveva usato quei termini, non ne era venuto mai niente di buono!
    E fu con il cuore che batteva a mille che entrò nello studio, dove la ex-pupilla lo attendeva, seduta su un divanetto.
    Cercò tuttavia di non far trasparire il suo stato alterato: si aggiustò il cravattino, si diede una ravviata ai capelli tornati lunghi con la mano, tirò un grosso respiro, quindi entrò nella stanza.
    Candy ascoltava Someone to watch over me(2) da un grammofono lì vicino, giocherellando distrattamente con una ciocca del liscio caschetto che adesso aveva lasciato crescere fino a sfiorarle la base del collo; Albert avvertì una fitta trapassargli il cuore.. vederla in atteggiamenti così naturali come quello gli riportava davanti la ragazza forte ed allegra con cui aveva convissuto dodici anni prima.
    Feelings..
    nothing more than feelings..
    trying to forget my
    feelings of love(1)

    “Volevi parlarmi, Candy?”,
    “Albert!” la donna si alzò e gli buttò le braccia al collo “grazie per avere trovato il tempo per me! So che stasera tu e Flanny avete da fare..”,
    “La solita cena di rappresentanza” fece un gesto di sufficienza con una mano “almeno così ho la scusa per prepararmi più tardi!”.
    Albert andò verso il mobile bar, e ne trasse fuori una bottiglia contenente del liquido ambrato.
    Feelings..
    feelings like I never lost you..
    ..and feelings like I never had you
    again in my life!(1)

    “Ho rivisto Terence, oggi” gli disse lei, in piedi dietro di lui, senza tanti giri di parole.
    Albert avvertì la fitta di prima, più forte adesso; non si voltò, e si impose di dissimulare la voce; versò il liquido nel bicchiere.
    “Davvero? E come mai?”,
    “Pare che sia qui per una serie di rappresentazioni”.
    Albert seguitò a bere, senza voltarsi a guardare Candy.
    Poi, d’improvviso, si voltò; e la fissò a lungo, con decisione.
    “Perché non ci riprovate, Candy?”.
    Lei lo guardò, dapprima interdetta; poi, assunse un’espressione di bonaria rassegnazione.
    “Perché è troppo tardi, Albert: è passata troppa vita tra noi, troppi momenti vissuti lontani, hanno eretto un muro; ci hanno divisi più di qualunque altra cosa lo abbia fatto nel passato. Le nostre rispettive vite lontani sono un ostacolo insormontabile, adesso”,
    Albert scosse la testa “Non ci sono ostacoli tra voi, Candy: siete entrambi da soli, e tu hai anche un figlio, che ha bisogno di un padre. Ne avreste bisogno tutti e due, di una seconda occasione!”,
    “Ti sbagli, Albert” sorrise la ragazza “sia io che lui abbiamo sofferto, pianto e abbiamo cercato di rimetterci in piedi. E ciò che abbiamo raccolto da tutto questo sono solo cocci. Frantumi di due vite andate in pezzi. Ed i frantumi di due vite non si possono incollare insieme, per fare una vita nuova: rimarrebbero solo e sempre due vite rotte!”.
    Non aggiunse altro; dopo qualche minuto di silenzio, si limitò a dirgli “Volevo soltanto dirtelo”, quindi uscì dalla stanza.
    Albert, rimasto solo, tornò a voltarsi vero il muro, mormorando più a sé stesso “Non esistono ostacoli quando si ama davvero..”.

    **********

    La cena fu più lunga del previsto.
    I discorsi dei partecipanti, noiosi come sempre.
    Eppure, era la prima volta che vedeva suo marito così adombrato. E non ne capiva il motivo.
    Feelings..
    for all my life I’ll feel it..(1)

    “Hai ripreso a fumare” , constatò avvicinandoglisi, dopo che un corpulento signore di mezz’età lo aveva salutato,
    “Qualcosa in contrario?”,
    “Affatto. Però non credo che tu lo abbia fatto solo perché tu andava di farlo. E’ successo qualcosa”,
    “Ti sbagli” aspirò una boccata “non è successo nulla”,
    “Andiamo, Albert! E’ da tutta la sera che ti vedo in questo stato agitato; cosa ti è successo? A me lo puoi dire, sono tua moglie!”,
    “Ti ripeto: non è successo nulla!”,
    “E va bene” sospirò lei “ non vuoi parlarne; ma sei cambierai idea, io ci sono sempre!”.
    Albert la guardò allontanarsi: era bella sua moglie, avvolta in quel vestito rosso che la fasciava fino ai piedi come una sirena.. era colei con cui aveva ricostruito la propria vita, e quella di lei: loro ci erano riusciti, a tirare fuori una nuova esistenza da due vite distrutte.. ma a ben vedere, non era la stessa cosa: le loro vite non erano del tutto in frantumi, all’epoca, non completamente almeno; erano ancora all’inizio delle loro vite, non erano intercorsi anni di lontananza a dividerli. Per Terry e Candy era molto diverso.
    Ripensò a Candy: era divenuta una donna forte, un medico valente; aveva uno studio importante, ed un figlio piccolo da crescere. Ma era sola; e questo lo rattristava.
    Ma il pensiero di saperla con Terry lo rattristava ancora di più.









    (1)Morris Albert, Feelings:
    Sensazioni..
    niente più di sensazioni..
    cercando di dimenticare le mie
    sensazioni d’amore

    Lacrime
    che scorrono giù per il mio viso..

    Sensazioni..
    sensazioni come se non ti avessi mai perduto..
    … e sensazioni come se non ti vessi mai avuto
    di nuovo nella mia vita!

    Sensazioni..
    per tutta la mia vita le sentirò..

    Vorrei non averti mai incontrata, ragazza
    tu non tornerai di nuovo

    (2)Bel pezzo del 1927, cantato da Gertrude Lawrence.


    ............................................................................................


    CAPITOLO 18
    NOI DUE NEL MONDO E NELL’ANIMA


    Nota: ecco un altro capitolo il cui titolo è ripreso da quello di una canzone dei miei amati Pooh! Buona lettura!

    Aprile 1927.
    Non sapeva perché.
    Ma alla fine, aveva ceduto.
    Era andata alla prima del nuovo spettacolo di lui, al Metropolitan. Per curiosità, si era detta.
    Ma non era riuscita a convincere nessuno, men che meno sé stessa.
    Era lui che voleva vedere.
    Terry.
    E come allora, restava a guardarlo muoversi sul palco, incantata.
    Sembrava che il tempo non fosse passato, a volte.
    Dopo lo spettacolo, si incontravano, come vecchi amici. Come quel pomeriggio.
    La vide mentre ancora indossava il costume di scena; lei portava un cappotto grigio, piuttosto fuori tempo in quella stagione che stava per scivolare nell’estate; gli sorrideva, da sotto un cappellino a cloche in tinta col cappotto, il viso circondato dal caschetto biondo che toccava ormai le spalle.
    “Ti siamo piaciuti?”, esordì lui,
    “Hai dubbi?”,
    “Nemmeno un po’: so che siamo straordinari!”,
    “E modesti, oltretutto!”, rise Candy; poi Terence tornò serio.
    “Sei diversa senza lentiggini, sai?”,
    “Sul serio?”,
    “Quando hai deciso di toglierle?”,
    “Beh, sai, l’età.. il viso non rimane lo stesso..”,
    “E nemmeno l’anima”,
    “Già. Proprio così!”.
    “Mi scusi se vado a cambiarmi?” chiese indicando il paravento del camerino,
    “Certo, non preoccuparti. Io rimango qui ad aspettarti”.
    Candy si sedette su una sedia davanti allo specchio; ma non poté trattenersi dal rivolgere lo sguardo verso la stoffa traditrice del paravento, dietro la quale poteva intravedere le linee del corpo forte di Terry, lo stesso corpo che le aveva insegnato la passione tanto tempo prima: riconobbe la forma delle spalle ampie su cui ricadeva la massa dei capelli scuri, le braccia ben tornite, la schiena robusta..
    Si dovette girare di scatto, attraversata da un fiotto di un desiderio che, sapeva bene, non poteva permettersi di provare.
    Il tempo era passato, tante cose erano cambiate, e lui, per lei, non poteva essere niente di più di un buon amico.
    Iniziò a cincischiare con un pennello posato sul ripiano davanti a lei, cercando in ogni modo di distrarre il suo pensiero da quell’immagine.
    “Pronto! Andiamo?”, l’uomo venne fuori da dietro il paravento vestito di tutto punto.
    Candy sorrise.

    Erano seduti da un paio d’ore all’incirca in quel ristorante. Terry era riuscito ad ottenere dal direttore un tavolo defilato ed anonimo, per sfuggire ai giornalisti almeno in quelle rarissime occasioni.
    Noi due nel mondo e nell’anima
    la verità siamo noi(1)
    Sorseggiavano un aperitivo e ridevano assieme, come vecchi amici.
    Amici, appunto.
    Erano mesi ormai che si frequentavano in quel modo, lo spettacolo e poi una cena ed una passeggiata, dopo una giornata passata allo studio per Candy; ma fra loro c’erano più cose taciute che parole.
    Quei loro passati lontani, quei frantumi divisi da tanta vita erano un muro all’apparenza insormontabile; Terry era riuscito a sotterrare momentaneamente i suoi rimorsi, od almeno quando era con lei vi riusciva; Candy frenava un desiderio sempre più invadente rivolgendo il pensiero al figlio che aveva lasciato a Patty, e che certamente la stava attendendo per andare a letto.
    “Perché non me lo presenti, una volta o l’altra?”, le chiese a bruciapelo quella sera,
    “Come?”, Candy si voltò interdetta e stupita,
    “Tuo figlio. Come hai detto che si chiama?”,
    “Stear”,
    “Ecco, sì. Perché non me lo fai conoscere? Ne sarei lieto!”.
    Candy rimase spiazzata “Sei sicuro, Terry?”,
    “Certo che lo sono! E’ tuo figlio, e vorrei tanto conoscere il figlio della donna.. della mia più vecchia e cara amica”,
    “D’accordo; come vuoi” le difese cedettero.

    E l sera successiva lo portò a casa, dove Patty li attendeva in compagnia di Stear; dopo avere fatto due chiacchiere con Terry, li salutò e se ne andò.
    Rimasti soli, Candy andò a prendere il figlio, che giocava sul pavimento con un soldatino di legno.
    “Alistair, vieni: debbo presentarti una persona”,
    “Chi è, mamma?”.
    Lo portò sul divano e gli indicò l’uomo in piedi davanti a lui “Lui è Terry, un.. caro vecchio amico della mamma”,
    il bambino alzò gli occhi e gli sorrise “Ciao, Terry!”.
    Lui sentì una stretta al cuore, al pensiero che quello avrebbe potuto essere suo figlio, e quella lì la sua famiglia, se solo, tanti, troppi anni prima non avesse inciampato nella sua stessa vita su quelle dannate scale.
    Gli allungò la mano “Piacere di conoscerti, Alistair”.
    Il piccolo gli sorrideva, e si strinsero la mano, sotto lo sguardo bonario e sorridente di Candy.
    Parlarono del più e del meno: il bambino raccontava dei suoi giochi con la cuginetta, e del fatto che l’anno successivo sarebbe andato a scuola; Terry si mostrava vivamente interessato.
    “Adesso basta, Stear. E’ ora di andare a letto!”, fece Candy,
    “Ma mamma..”,
    “Niente ma!”.
    Così dicendo lo portò a letto.
    Quando tornò nel salotto, trovò Terence con quello stesso sguardo assorto con cui lo aveva conosciuto sulla nave.
    “Un brandy?” gli chiese per rompere il ghiaccio,
    “Sì, grazie”.
    Gli porse il bicchiere tenendone uno in mano, e si sedette accanto a lui.
    “E’ un bambino stupendo”,
    “Grazie”,
    “Suo padre doveva essere un bell’uomo..”.
    Candy si rabbuiò.
    “Preferirei non parlarne, Terry”.
    Lui si irrigidì: era chiaro che Candy soffriva ancora per la perdita dell’amato marito.
    Decise allora di cambiare argomento “Ti ricordi le notti alla Saint Paul School? Quando ci nascondevano tutti insieme nel giardino per raccontarci storie, temendo di venire scoperti dalle suore?”,
    “Come no! Suor Grey era un vero generale! Se ci avesse scoperti..”,
    “E quella volta che feci a botte con Archie?”,
    “Quale di tutte?”.
    Altre risate.
    “Era così bello!” mormorò Terry,
    “Già. E come tutte le cose belle non potrà più ripetersi”.
    Silenzio. Solo i loro sguardi si incrociavano.
    E i visi si avvicinavano impercettibilmente. Fino a permettere alle labbra di sfiorarsi, di sentire l’una l’odore dell’altro.
    Candy socchiuse gli occhi, pregustando quell’attimo..
    Che non arrivò. Dopo attimi che a lei parvero secoli, riaprì gli occhi, ritrovandosi un Terry dallo sguardo cupo puntato addosso a lei.
    “Cosa ti succede, Terry?”,
    “Non posso!”.
    Susanna. La propria colpa. Il ricordo del marito di lei. I frantumi di due vite troppo lontane tra loro.
    Si alzò di scatto, prese il suo cappotto.
    Come se io non fossi io
    mi dici che te ne vai..(1)
    Candy sorrise amaramente, tenendo ancora il bicchiere tra le mani “Adesso ti riconosco, Terry!”,
    “Ti sbagli. Non mi conosci affatto, invece!”.
    E senza voltarsi, prese la porta ed uscì, lasciandola sola.
    E io dovrei comprendere
    se tu da un po’ non mi vuoi..
    Non avrei mai capito te
    ma da capire cosa c’è..?(1)

    **********

    “Sei un incapace! Un attore non vero non recita in questo modo!”,
    “Ma Terence..”,
    “Niente MA, e niente scuse balbettate! Nelle MIE rappresentazioni voglio solo il meglio! Se non ci stai sei libero di andartene, non ti tratterrò di sicuro!”.
    Il ragazzo contro cui Terence aveva sbraitato aveva sì e non vent’anni, un viso innocente e timido non particolarmente attraente, e due occhi che ora trattenevano a stento le lacrime.
    “O.K., pausa!”, gridò una voce da fuori campo; Terry tolse lo sguardo infuocato dal viso del ragazzo e gli diede le spalle, gettando il copione a terra con rabbia.
    Il giovane rimase interdetto, mentre o osservava allontanarsi a grandi falcate.
    Lo sapeva, Terry, di avere esagerato; lo sapeva eccome. Ma lui era fatto così: quando qualcosa gli girava nel verso storto, se la prendeva con il primo che gli capitava.
    E quanto avvenuto la sera precedente era sufficiente per fargliele girare mille!
    Stava per baciare Candy, la sua Candy..
    Ma non doveva baciare Candy!
    Non poteva farlo.
    Anche perché Candy non era più sua!
    La ricordava, l’espressione sul suo viso, quando aveva ripensato al marito defunto: quell’insieme di tristezza soffocante e cupa come un pozzo senza fondo; non poteva davvero immaginare che in realtà quella fosse l’immagine del peso di un rimorso.
    E poi lui non ne era degno! Aveva mancato alla parola datale anni addietro.
    Era già molto potere essere amici, e basta.
    Quando sollevò lo sguardo puntandolo verso il fondo del corridoio, credette per un attimo che i suoi sensi di colpa avessero preso forma. Ma fu un attimo, appunto.
    Candy era lì ad attenderlo, come altri giorni dopo le prove. Nonostante tutto.
    Prese coraggio e le si fece incontro, serio.
    “Cosa fai qui?” le chiese senza preamboli,
    “Volevo parlarti!”,
    “Davvero? E di cosa?”, Terry si accese una sigaretta,
    “Perché, Terence?”,
    “Di che cosa parli?”,
    “Lo sai bene: quello che è successo tra noi ieri sera!”;
    lui rise “E’ assurdo che tu me lo chieda”.
    E io dovrei..
    Ma spiegami
    contro di me che cos’hai(1)
    “Perché mai?”,
    “Perché è così!” ruggì Terence, mutando bruscamente il suo riso amaro in furia “Perché sono un mezzo uomo, che non merita nulla! Ti ho deluso, ho tradito la fiducia che tu avevi riposto in me! Non sono stato capace di tenere in vita mia moglie, né di rendere accettabile la nostra esistenza! Ti avevo giurato che avrei fatto di tutto per essere felice, e non l’ho fatto!! Come puoi desiderare ancora starmi vicino?”.
    Son quello che respira piano
    per non svegliare te..(1)
    Candy lo guardava con occhi sempre più lucidi, le mani tremanti “Credi di essere il solo? Credi che io sia stata felice, invece? Credi che il mio sia stato un matrimonio d’amore, felice? Ho solo cercato di continuare a vivere! Continuare, capisci? E desideravo che tu facessi altrettanto!”,
    ..che nel silenzio fu felice di aspettare
    che il tuo gioco diventasse amore..(1)
    “Come hai potuto anche solo concepire un pensiero come questo? Sapevi benissimo che la mia unione con Susanna è stata niente più che una sofferenza! Io l’ho sopportata solo per te, per ciò che ti avevo promesso!”,
    “Anche io ho sopportato una vita finta, una vita artificiale, per mantenere quella promessa! E ho usato un uomo che al contrario mi amava, e per cercare di farmi felice si è fatto uccidere! Credi che potrò mai perdonarmi per questo? Non sei il solo a portare un rimorso enorme sulle spalle, Terence!”,
    “Ma allora perché lo hai fatto? PERCHE’?”,
    “Perché qualunque cosa avessimo fatto, saremmo stati vittime dei rimorsi; ho solo fatto la scelta che mi sembrava più giusta, per non infliggere più dolore a tutti e tre; ed ho cercato di instillare la felicità nelle vite che il destino ci aveva imposte. Siamo stati vittime del destino, Terry”.
    L’uomo abbassò gli occhi e spense la sigaretta “E credevi di instillare la felicità nella mia esistenza spingendomi ad occuparmi di una donna che non ho mai amato?”,
    “Speravo che dandoti una ragione importante per cui vivere, tu avresti potuto essere felice. Almeno tu..”,
    Terence le fissò i propri occhi in viso, vuoti, persi nel nulla
    “Tutto per quella promessa.. per quella stupida dannata promessa..”.
    Candy tacque, limitandosi a ricambiare lo sguardo di lui.
    Noi due nel mondo e nell’anima
    la verità siamo noi..(1)
    “Ma adesso, tutto è finito, Candy..”,
    “E’ finita, sì.. ma niente sarà più come prima!”,
    “Ma cosa vai dicendo, Candy?” la prese per le spalle, strattonandola un po’ “Loro sono morti! Non ci sono più! Non c’è più niente a dividerci, ora!”,
    “Niente, dici? Nemmeno i nostri rimorsi? Quelli non ce li potrà mai togliere nessuno! Mai! Ci perseguiteranno per tutta vita!”,
    “Piantala di dire sciocchezze, Candy! Quello che dici non ha senso!”,
    “Sì che ne ha: li abbiamo usati entrambi, e li abbiamo mandati a morire! E’ per colpa nostra che sono morti!”,
    “Questo non è vero, Candy: abbiamo fatto quello che abbiamo fatto per arginare il dolore di tutti noi il più possibile; lo abbiamo fatto affinché, se sofferenza doveva essere, almeno sarebbe stata il meno dolorosa possibile, per tutti! Non è colpa nostra se abbiamo fatto degli errori in questo senso: in fin dei conti, avevamo diritto anche noi ad un po’ di felicità, anche se artificiale!”.
    Candy gli appoggiò a sua volta le mani sulle spalle “Felicità artificiale.. è proprio così, Terry.. ci siamo trincerati dietro il paravento di una vita costruita ad arte, per regalare un vita ad altre persone, mentre noi distruggevamo le nostre..”,
    “Candy.. adesso è finita: le nostre.. vite artificiali non ci sono più ormai; loro sono in pace.. e noi due siamo soli, con i frantumi di due vite in mano.. perché non riprovarci, Candy? Perché non provare ad essere felici di nuovo, e questa volta sul serio? Io ti amo ancora, Candy! Guardami!”.
    Basta così, e guardami
    chi sono io, tu lo sai..(1)
    Le prese entrambe le mani, portandosele alle labbra per baciargliele Candy.. sono ancora quel ragazzo che ti ha portato sul suo cavallo, quel giorno di tanti anni fa; sono ancora colui che avrebbe voluto trattenerti su quelle dannate scale, per non lasciarti andare più! Dammi.. diamoci un’altra opportunità, te ne prego!”
    Noi due nel mondo e nell’anima
    la verità siamo noi..(1)
    “Terence.. io ho Stear..”,
    “Portalo con noi! E’ un bambino stupendo, ha gli stessi tuoi occhi! Sarei immensamente felice di fargli da padre!”,
    “Oh, Terry..” la ragazza piangeva lentamente “io sarei felice di diventare una famiglia con te.. vorrei avere un altro figlio da te, un giorno! Vorrei ricostruire ciò che abbiamo perso, o meglio che non abbiamo mai avuto!”;
    Terry le strinse le mani “Ed io te lo darò, te lo prometto! Ma torniamo insieme, ti prego: riproviamoci, Candy!”.
    Gli occhi della giovane donna luccicavano. Per la prima volta, dopo tanto tempo.
    Il suo cuore aveva atteso per anni quel momento.
    Ed adesso era arrivato.
    Gli strinse le mani a sua volta.
    “Sì Terry: riproviamoci!”.
    Noi due nel mondo e nell’anima
    la verità siamo noi..(1)

    **********

    Agosto 1927.
    Un uomo ed una donna ridevano insieme, felici, sul lungolago Michigan; i raggi del sole estivo facevano rilucere i capelli biondi della donna, che sfioravano le spalle, e quelli castano scuro dell’uomo, lunghissimi.
    Candy e Terry si scambiarono l’ennesimo bacio, poi si sorrisero.
    “Andiamo a casa?” chiese lei,
    “Sì”, rispose Terry in un sussurro.
    Corsero verso la macchina di Candy, felici come da ragazzi.

    Terry e Candy giacevano l’uno accanto all’altra, nudi; lui non aveva perso il vizio del fumo: aspirava lentamente il fumo da una sigaretta.
    La luce del tardo pomeriggio filtrava dalle imposte socchiuse.
    “Non immagini quante volte io abbia sognato questi attimi” sospirò Candy,
    “Io sono arrivato a credere che sarei morto senza poter mai più amare davvero” rispose Terry,
    “Senza amare non si vive, Terry: io non ho vissuto per troppi anni, e adesso ho la sensazione di stare svegliandomi da un lungo torpore”.
    Si rigirò mollemente sulla pancia, come una gatta “Sai che avevo dimenticato cosa fosse fare l’amore per davvero?”,
    lui fece un sorriso sghembo “Sì, ne ho un’idea..”.
    E le loro labbra si intrecciarono di nuovo, seguite dalle lingue.
    Senza separare neanche per un attimo i suoi occhi da quelli di Terence, Candy si mise a cavalcioni su di lui, avvertendo di nuovo la sua eccitazione mescolarsi alla propria; accarezzandole i fianchi, Terry entrò in lei con impeto, strappandole un lungo gemito; si mossero all’unisono per un tempo indefinito, con la fame insaziabile di chi si è ritrovato dopo un lungo tempo, inaspettatamente; poi, Terence invertì le posizioni, spingendo più a fondo in lei, mentre le toglieva il respiro con un bacio appassionato.
    Candy non avrebbe saputo spiegare cosa sentiva dentro ad ogni spinta.. molto di più di pura fisicità, il suo stato d’animo oscillava bruscamente tra il pianto ed il riso, in una tempesta di emozioni che la facevano sentire finalmente viva, dopo dodici anni; per quanto tempo si era limitata a lasciarsi vivere, rassegnandosi a tenere la testa china, convincendosi di avere chiuso per sempre con l’amore? Per quante notti silenziose lacrime traditrici avevano rigato le sue guance, mentre di giorno si era imposta di essere un’altra persona, su un’altra strada? E adesso tutto questo all’improvviso non c’era più, si era dissolto come le nuvole dopo il temporale! Al suo posto, una luce così calda e così accecante, da non sembrare nemmeno reale.
    Nell’animo di Candy, le emozioni si inseguivano e si accavallavano: sollievo, gioia inaspettata, senso di possesso, talvolta di rabbia.. abbracciò più forte Terry, il suo Terry, ora che l’aveva ritrovato, finalmente!
    La luce sbiadita del crepuscolo illuminò discreta molto di più dell’unione di due amanti: l’unione di due anime che si riunivano dopo essere state divise forzatamente, innaturalmente, e che adesso sfogavano la loro sete repressa con la furia di riprendersi ciò che era stato loro ingiustamente tolto.

    **********

    Flanny rivolse uno sguardo a metà tra il sognante e l’ammirato alla coppia che sedeva dalla parte opposta del tavolo; “Sono davvero belli assieme! Non trovi anche tu, Albert?”.
    L’interpellato sorrise bonariamente, senza distogliere i suoi occhi color del cielo dalla coppia in questione.
    Flanny riprese “La povera Candy aveva diritto ad un po’ di felicità, dopo tutti quegli anni persi. Non trovi?”.
    Albert non rispose: i suoi pensieri erano contrastanti. Se da un lato, infatti, era felice per Candy, che lei avesse ritrovato la felicità perduta in modo insperato, dall’altro sentiva in fondo al cuore qualcosa di simile ad una dolorosa stretta, che cercava di soffocare in tutti i modi.
    Ne conosceva molto bene l’origine, purtroppo.
    Ma non poteva essere egoista, non doveva.
    Doveva soltanto essere felice per Candy.
    E nulla più.

    Candy e Terence sedevano accanto ad Archie ed Annie; i due uomini discutevano animatamente, ma in modo civile, cosa strana per loro, sotto gli sguardi amorevoli delle rispettive compagne.
    Inaspettatamente, i due antichi rivali stavano trovando delle affinità tra loro, nonostante la diversità caratteriale e i dissapori di gioventù.
    Annie fece un sorriso d’intesa all’amica di sempre, quasi a volerle dire in silenzio “Ce l’hai fatta, adesso!”; lei le sorrise di rimando.
    Era felice, Candy. Per la prima volta nella sua vita, forse. Era veramente felice.
    E decise di gustarsi quell’estate senza pensieri né dolori, accanto a Terry.
    Presto, si sarebbe parlato di nozze, per loro.

    Ma altri dolori attendevano purtroppo la famiglia Andrew.



    (1)Pooh, Noi due nel mondo e nell’anima.
     
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    CAPITOLO 19
    INFINITI NOI


    Nota: il titolo del capitolo è ripreso da quello dell’omonima canzone dei Pooh.

    Gennaio 1928.
    Lo studio di Albert era illuminato da una luce chiara e serena, tipica delle occasioni importanti e belle della vita.
    I protagonisti di quella particolare occasione sedevano ai due lati di una scrivania di mogano.
    Da un lato, William Albert Andrew; dall’altro, raggianti, Candy Strong Andrew e Terence Graham Grandchester.
    “Ammetto di essere un po’ interdetto.. non me lo aspettavo, tanto presto!”, diceva Albert,
    “Hai ragione, Albert; ma non vogliamo più aspettare: è quasi un anno che ci frequentiamo, ormai!”.
    E tutta la vita che ci cerchiamo, avrebbe voluto aggiungere, mentre stringeva la mano di Terry sotto al ripiano della scrivania.
    Guarda invece noi
    piangi per l’amore, se si perde..(1).
    “Candy ha ragione, amico mio” si intromise Terence “non vogliamo più aspettare, abbiamo passato anche troppo tempo, a pensare lontani l’uno dall’altra!”,
    “E con il bambino come farete?”,
    “Stear adora Terence!” gridò Candy.
    Albert annuì, in silenzio; si rendeva perfettamente conto di stare annaspando.
    E per cosa? Candy tornava, o meglio iniziava, a vivere davvero dopo tante sofferenze, e gioie negate: doveva essere felice per lei!
    Ma allora perché quel peso al centro del petto?
    Lo ignorò; o meglio, si sforzò di farlo.
    “Avete la mia benedizione!” sorrise; poi strinse la mano a Terence “Benvenuto fra noi Andrew, amico! Sono certo che riuscirai a renderla felice!”,
    lui ricambiò la stretta “Grazie, Albert. Non dubitare mai di questo!”.
    Poi, il patriarca si volse verso Candy : si scambiarono un lungo sguardo, carico di emozioni; lei aveva i lucciconi agli occhi.
    “Albert..”,
    “Non dire niente, Candy: finalmente il tuo sogno si avvera. Non sai quanto ho atteso questo momento, quando eri la moglie di.. quell’altro!”.
    Lei lo abbracciò “Grazie, Albert! Mi sento così felice!”.
    Terence li guardava, intenerito.
    “Quando pensate di sposarvi?” chiese Albert staccandosi dall’abbraccio,
    “Ecco, noi avevamo pensato a Giugno, se per voi va bene. Giusto, amore?” si girò a cercare lo sguardo di Terry, che annuì con la testa.
    “Auguri, allora!”, gli occhi del bel biondo luccicavano,
    “Grazie, Albert. Di tutto”, rispose il bel moro, tendendogli la mano di nuovo.
    Si accomiatarono; Albert li osservò lasciare la stanza, mentre i suoi occhi perdevano gradualmente il sorriso; quando furono usciti, lasciò ricadere la testa sul petto, socchiudendo gli occhi.
    Si staccò dalla scrivania, andando verso il grammofono; mise su Stardust(2), quindi si avvicinò al mobile bar, e si servì due dita abbondanti di brandy.
    Sapeva perfettamente cosa lo tormentava, così come sapeva che i suoi sentimenti avevano un che di colpevole. Per sé stesso. Per Flanny. E per lei.
    Mentre il sapore forte del liquore invadeva i suoi sensi, poteva sentire il cuore farsi sempre più piccolo.. Candy, la sua Candy.. la stava perdendo di nuovo, questa volta in modo definitivo: ora che aveva ritrovato il suo amore di una vita, la sua strada era segnata. Lontana da lui.
    Sì, doveva ammetterlo con sé stesso, per quanto gli costasse: l’aveva sempre amata! Sin dai tempi della loro convivenza. Per lei si era esposto agli strali della vecchia zia Elroy, per lei era partito per il fronte.
    E poi c’era Flanny.
    L’amore consolatorio; quello che aveva seguìto per non pensare più all’irraggiungibile; quello che aveva unito due anime doloranti sotto una tempesta, per affrontare insieme la vita, in un conforto reciproco.
    L’aveva amata e l’amava, anche se in un modo diverso.
    E lei lo riamava.
    Guarda invece noi
    piangi per l’amore, se si perde
    odiami se sei messa da parte(1)
    Come poteva tradirla in quel modo? No, non poteva.
    Era lei la donna della sua vita.
    Candy era la sua protetta, una sorta di sorella minore.. no, non era sua sorella!! Magari lo fosse stata!!
    Perché così non l’avrebbe amata.
    Amarla significava tradirla. Tradire sé stesso, che aveva giurato di proteggerla come un sorellina.
    Bevve il suo brandy, tutto d’un fiato.
    E chiuso nei suoi pensieri, non si accorse di un paio d’occhi che lo osservavano da oltre le vetrate sul giardino, colmi di compassione.
    Flanny.
    Lei aveva capito.
    Lei sapeva.
    Da sempre.
    Sin dai tempi del loro arrivo a Palazzo Andrew, subito dopo la guerra, aveva intuìto chi potesse essere la misteriosa donna che aveva strappato William Albert Andrew dalla sua confortevole e sicura poltrona di banchiere, per trascinarlo nell’inferno del fronte di guerra.
    E quando la rivide e li vide insieme, ne ebbe la conferma.
    Fu una stilettata al cuore.
    Albert, il suo Albert, che l’aveva salvata dal baratro che la stava inghiottendo, aveva votato il cuore ad una delle sue amiche più care, anche se in segreto.
    Eppure, tra loro nulla era cambiato: lui continuava ad essere gentile e premuroso, la riempiva di attenzioni, non le faceva mancare mai nulla..
    E non permetteva alla realtà di venire a galla, mai.
    Così, aveva deciso di fare anche lei lo stesso, tacere.
    Tutto in una sorta di silenzioso accordo.
    Perché noi qui, infiniti noi
    siamo il tempo innocente
    che nasce dal silenzio
    del mondo intorno a noi(1)

    **********

    Giugno 1928.
    Un applauso si levò, potente come un tuono, quando la novella coppia uscì dalla chiesa; nuvole di petali multicolori furono lanciati loro addosso in un turbinìo vorticoso.
    E gli sposi erano raggianti, lui con i lunghissimi capelli castano scuri legati in una coda, lei con addosso un completo color azzurro chiaro e una veletta sulla testa.
    Entrambi avevano tolto gli abiti a lutto, anche se indossare i tradizionali abiti da matrimonio era impossibile, dopo le rispettive vedovanze, se non altro in rispetto ai defunti coniugi.
    Il piccolo Stear, in braccio a zio Archie, aveva fatto da paggetto; avrebbe adesso trascorso una settimana a casa di zio Archie e zia Annie con la cuginetta Estella, mentre Candy e Terry sarebbero stati in viaggio di nozze in Florida.
    I loro occhi non si stancavano di affogare l’uno in quelli dell’altra, verde nel blu, mare in tempesta nella brughiera; passione a stento trattenuta, per tutti e due, dopo anni e anni di separazione, che ora si stava sfogando, finalmente!
    Che ti serve ormai
    tormentarti per capire il mondo
    farti soffiare dentro da ogni vento
    niente c’è che valga il tuo sgomento(1)
    Con un rosso fiore infilato nell’occhiello della giacca bianca, Albert aveva fatto da testimone a Candy, e adesso discuteva amabilmente con Hathaway, testimone di Terence, e con la splendida cinquantenne Eleonor Baker, madre dello sposo.
    Il pranzo fu sontuoso in perfetto stile Andrew, e al momento del brindisi Terence deliziò gli invitati con l’esibizione di una piéce scritta apposta per l’occasione da Robert.
    Candy non ricordava di essere stata tanto felice in vita sua. Non vedeva l’ora di avere il marito tutto per sé, per avvertire di nuovo quei caldi brividi d’amore e piacere che avevano condiviso fino a due sere prima: la tradizione che vuole i futuri sposi separati la sera precedente alle nozze doveva essere rispettata!
    “Perché non ce ne andiamo in luna di miele pure noi?” fece Albert, a sorpresa, a Flanny,
    “Chee? Tu vuoi scherzare!”,
    “Affatto! Se Candy e Terry possono prendersi una settimana di svago, perché non potremmo farlo anche noi?”,
    “E.. l’istituto?”,
    “Possono fare a meno di noi, per qualche giorno!”,
    “Se lo dici tu..”, la donna posò gli occhi sul tavolo.
    Albert sorrise soddisfatto: era riuscito nell’impresa di convincere la moglie; adesso doveva sol convincere sé stesso.
    ..Grida, se l’amore grida forte..!(1)
    Ma allontanarsi per un po’ di tempo era la cosa giusta da fare, per cercare di riprendere il contatto con la realtà, e anche per ritrovare un po’ d’intimità con Flanny, ultimamente affievolitasi.
    Perché doveva togliersela dalla mente!
    Sua moglie era Flanny. E solo a lei spettava il suo cuore.


    Arrivare in albergo fu come volare fino in cielo, per loro.
    Il viaggio in treno era stato lungo, ma non era riuscito a frenare la loro passione: ingessati in quel piccolo scompartimento con quell’anziana coppia di coniugi, non smettevano di scambiarsi sguardi complici, finché non resistettero più, e si allontanarono dicendo di voler andare a fumare una sigaretta.
    Ma non fumarono, no.
    Si appartarono invece in un angolo del bagagliaio, dove Terry la spinse contro la parete, facendo poi scorrere la mano su per la coscia di lei, ormai libera dagli orrendi mutandoni dell’epoca in cui si erano conosciuti, fino a sfiorare il bordo delle calze e le giarrettiere; Candy emise un gemito soffocato, consapevole della inusualità della situazione, mentre il marito le slacciava le calze e la liberava delle coulottes, lasciandole l’intimità nuda, ed esposta alle sue carezze e al suo sguardo.
    “Piano..” diceva lei tra i gemiti, mentre Terry passava a succhiarle i capezzoli, sensibili e induriti; i colpi della lingua di lui, che si alternavano al risucchio delle labbra, stavano rendendo l’eccitazione della donna dolorosa come un crampo; Terry lo capì, e immediatamente le diede sollievo con una serie di carezze proprio lì, mentre si sistemava meglio tra le sue gambe, per entrare in lei subito dopo.
    Le spinte, lente, intense e profonde erano accompagnate ritmicamente dagli sbalzi del convoglio, che ora procedeva tranquillo attraverso la campagna.
    Ad ogni spinta, Candy si sentiva risucchiata in un vortice di piacere mai provato, senza mai staccare gli occhi dalle emozioni che le dava il blu intenso dei suoi occhi; sembrava che volesse coccolarla e modulare il piacere di lei per farlo durare il più a lungo possibile, quasi lei fosse stata una preziosa statuina di porcellana da vezzeggiare: le accarezzava le gambe, i fianchi, il collo, la baciava dappertutto..
    Candy venne succhiandogli un dito per non gridare. Poco prima che lui uscisse da lei.
    Fecero ritorno nello scompartimento scarmigliati e arrossati, convincendo i due anziani coniugi che il fumo fa davvero male!
    Finirono per rifare l’amore altre quattro volte, quel giorno, in albergo.
    Io ti ascolterò
    voce di stupito sentimento
    io sarò il tuo tempo in un momento
    con l’orgoglio di dormirti accanto(1)
    Lo scintillìo del tramonto della Florida faceva brillare il mare, invogliandoli ad un bagno fuori programma.
    “Ma.. se ci vede qualcuno?” chiese una perplessa Candy,
    “A quest’ora? Sono tutti a cena!”,
    “D’accordo, ma.. nudi??”,
    “Perché no? Io non voglio più nascondermi, Candy; voglio vivere pienamente ogni attimo assieme a te!”.
    L’idea provocante di Terry fu messa in atto. E qualcuno finì per accorgersi di due figure completamente prive di abiti, che emergevano dal mare al crepuscolo davanti ad una spiaggia deserta.

    **********

    Anche i Signori Andrew si erano riavvicinati.
    Albert e Flanny erano andati in una spiaggia del South Carolina, poco frequentata dal turismo balneare; e avevano ripreso a cercarsi e ad amarsi.
    Albert guardava con amore la moglie, seduta sul bagnasciuga e fasciata fino alle caviglie da un costume a righe rosse nemmeno troppo casto; non indossava la cuffia, lasciando i capelli sciolti lungo le spalle, una massa d’oro nero rilucente alla luce del sole mattutino.
    Le allungò una mano, e glieli accarezzò; lei si voltò verso di lui, sorridente.
    “Facciamo un altro bagno?”, gli chiese,
    “Veramente, avevo un’altra idea..”,
    “Ehy, ma sei instancabile! Non ti è bastato stamattina e ieri sera?”,
    “Con te, non mi basta mai!”.
    La donna gli si accucciò tra le braccia e lo baciò; Albert corrispose con passione.
    Non stava simulando, non più: aveva ritrovato il suo amore realizzato, e la sua vita.
    Anche se ciò che provava verso di lei, lo avrebbe tenuto sempre in un angolo in fondo al cuore.
    Guarda invece noi
    piangi per l’amore, se si perde
    odiami se sei messa da parte(1)


    **********
    Novembre 1928.
    Il ritorno a casa fu una sorta di risveglio, ma non brusco.
    Giorno dopo giorno, si resero conto che il tempo trascorso lontani l’una dall’altro li aveva cambiati.
    Non c’era un vero e proprio “elemento do rottura”, ma c’erano tante piccole cose, che facevano capire ad ognuno quanto non riconoscesse più certi aspetti dell’altro.
    Eppure, all’inizio fu qualcosa di impercettibile, di impalpabile; erano felici, o cercavano di esserlo: Terry proseguiva con le rappresentazioni, e Candy seguiva il suo studio; la sera, quando rientravano insieme a casa, si occupavano insieme del piccolo Stear, che non avendo quasi alcun ricordo del padre, si era molto affezionato a Terry; spesso, lui ci giocava, mentre Candy preparava la cena.
    Per il bambino, quelli erano momenti da incorniciare; non così per lui.
    Da un paio di mesi, infatti, lui e Candy stavano provando ad avere un figlio: era un chiaro desiderio di Candy, e poi lui glielo aveva promesso tanto tempo prima. Ma i risultati sinora erano stati scarsi, nonostante la regolarità dei rapporti.
    Annie e Flanny le avevano detto di non scoraggiarsi, e di tentare ancora, poiché lei era ancora giovane, ma certe cose richiedono del tempo; Candy, per parte sua, era assai rattristata dalla situazione: aveva avuto un figlio da un uomo di cui non le importava quasi nulla, e non vi riusciva con colui che amava da una vita? Tuttavia, non ne faceva parola con Terry, per non rattristare pure lui.
    Chi ti ascolta mai
    dolce e disperata tra la gente
    dove le tue mani son respinte..(1)
    Ma Terry non era un ingenuo: da bravo attore, ed ora pure regista teatrale, sapeva individuare facilmente una spensieratezza simulata. E quella di Candy era evidentissima.
    Non riusciva a darle quel figlio che lei tanto desiderava da lui; per la seconda volta, aveva mancato ad una promessa nei suoi riguardi.
    E quel bambino era diventato quasi la prova vivente della sua mancanza.
    Stear era il figlio che Candy aveva avuto da un altro uomo, quando lui era lontano ed intrappolato nella rete di un matrimonio imposto; era la rappresentazione visibile di quell’altra vita che Candy aveva costruito lontana da lui.
    Ai suoi occhi, rappresentava insieme il rimprovero ai suoi continui fallimenti, e la prova che Candy, nonostante tutto, aveva vissuto, anche lontana da lui.
    Per questo, a volte provava un senso di astio verso quel bambino; giocarci assieme gli costava molto.
    Ma continuava a farlo per non deluderla.
    Lui non poteva più deluderla!
    Guarda invece noi
    piangi per l’amore, se si perde
    odiami se sei messa da parte(1)
    Ed avrebbe fatto di tutto, pur di vederla felice accanto a sé.


    (1) Pooh, Infiniti noi.
    (2)La versione originale di questo pezzo stupendo è del 1927, di Hoagy Carmichael, anche se personalmente preferisco quella di Artie Shaw del 1941.



    ...........................................................................................................................



    CAPITOLO 20
    UN SENSO


    Nota: il titolo del capitolo è ripreso da quello dell’omonima canzone di Vasco Rossi.

    Febbraio 1929.
    “I risultati sono evidenti purtroppo, Signor Grandchester”, l’uomo si aggiustò gli occhialetti sul naso “lei è completamente sterile”.
    Terry guardava il medico sbigottito: gli stava dicendo che lui non poteva avere dei figli?
    “Mi sembra un po’ affrettato, dottore; ho appena 33 anni, a quell’età un uomo non può essere sterile!”,
    “Non stiamo parlando di capacità di avere rapporti sessuali, quindi l’età non c’entra nulla, Signor Grandchester; se, come mi ha ripetuto più volte, lei riesce ad avere rapporti regolari e soddisfacenti con sua moglie, lì non c’è alcun problema. Il problema è nel suo liquido seminale, invece: evidentemente, non è dotato di cellule abbastanza.. attive da generare!”.
    Terence rimase raggelato; si voltò a guardare Candy, che gli sedeva accanto, gli occhi tristemente aperti a metà sulla sconsolante notizia appena ricevuta.
    Si erano lasciati convincere da Flanny a consultare questo famoso specialista in infertilità maschile, dopo che Candy si era sfogata con la ex-collega sulla sua frustrante situazione; il giorno dell’appuntamento, si erano recati allo studio con il cuore colmo di speranze. Che erano andate in frantumi.
    “Spermatozoi non vitali: è l’esito della sua analisi” tornò a parlare il dottore “mi scusi, ma con la sua defunta consorte non se ne era mai accorto?”.
    Dentro il suo cuore, Terence sorrise amaramente: come avrebbe potuto spiegare al medico che lui e Susanna avevano fatto l’amore una volta soltanto, cioè la prima notte di nozze? Come poteva spiegargli che lei odiava spogliarsi o sentirsi accarezzare quel corpo mutilato che disprezzava?
    “La mia.. precedente consorte non ne desiderava, e stavamo molto attenti” mentì,
    “Capisco; le domando scusa per la mia impudenza, signore. Però l’attuale situazione è questa, e dato che non vedo altre vie d’uscita, le suggerisco di rivolgersi ad un istituto per adozioni”.

    Usciti in strada, camminavano in silenzio; Terry non aveva il coraggio di sollevare gli occhi per guardare in faccia la moglie, ma riusciva a percepire il suo dolore.
    Tutto ciò non aveva alcun senso; era semplicemente assurdo!
    Voglio trovare un senso a questa storia
    anche se questa storia un senso non ce l’ha(1)
    Non poteva avere figli: era un dato di fatto, e doveva farsene una ragione.. ma Candy? Lei che aveva tanto desiderato un figlio da lui, cosa avrebbe fatto?
    No, non poteva guardarla negli occhi: per la seconda volta, aveva fallito. Era venuto meno alla promessa fattale.

    **********

    Era un incapace. Un uomo inutile. E nient’altro.
    L’aveva delusa; per la seconda volta, l’aveva delusa.
    Lei desiderava tanto avere un figlio da lui. E lui non era riuscito a darglielo.
    Ma quell’altro, invece, c’era riuscito.
    Ripensò a Stear, che adesso aveva sei anni ed aveva iniziato a frequentare la scuola: quel figlio non suo, che però lo voleva bene come un padre, non avendo che pochi ricordi del proprio, e che lui trattava come se fosse stato suo; ma non lo era, né mai lo sarebbe stato.
    Il destino non gli aveva concesso la gioia di rendere felice Candy sotto questo aspetto; e sebbene tra loro non avessero più parlato di questo argomento, lui sapeva bene che lei ne soffriva: lo poteva leggere nei suoi occhi tristi quando guardava Stear giocare con la figlia di Annie e Archie, o quando parlavano dei tempi lontani e spensierati della Saint Paul School.
    Voglio trovare un senso a questa vita
    anche se questa vita un senso non ce l’ha!
    Voglio trovare un senso a questa situazione
    anche se questa situazione un senso non ce l’ha
    voglio trovare un senso a questa condizione
    anche se questa condizione un senso non ce l’ha!(1)
    “Vuoi parlarne ancora? Ti farebbe bene”.
    Terry alzò lo sguardo verso il suo interlocutore: Albert, seduto dietro la sua scrivania, lo stava osservando con aria comprensiva, come sempre.
    “No, ti ho scocciato abbastanza; anzi non so perché sono venuto qui”, si alzò dalla sedia, e gli diede le spalle, facendo per andarsene,
    “Perché gli amici servono per questo” rispose Albert.
    Ma l’altro non rispose.
    “Ascolta, Terry” Albert si alzò e gli andò vicino “Candy non è una donnetta; è vero che tutto questo la sta facendo soffrire, ma se ne farà una ragione, la conosco: i colpi della vita possono averle tolto l’ottimismo, ma non la forza. E soprattutto lei ti ama, in barba a tutto ed a tutti: ricordo benissimo come stava quando ti aveva perduto, era come morta; credi che adesso che ti ha ritrovato dopo tanto soffrire, ti metterà in un angolo per questo? Io non credo proprio!”,
    “Non è questo il problema” disse sottovoce Terence “il problema è che io non sono stato in grado di renderla felice come voleva lei. Non sono stato in grado di fare quello che aveva fatto quell’altro. Non sono stato capace di cancellare quella presenza tra noi!”,
    “Ma di che parli, Terry?”,
    “Sono un uomo inadeguato: adesso l’ho capito. Lo sarò sempre. E il.. suo passato ci sarà sempre, tra noi!”.

    **********

    Aprile 1929.
    Anche i più forti debbono piegarsi alla legge ineluttabile della vita: tutto prima o poi finisce.
    Era questo che Terry pensava, mentre, vestito a lutto di tutto punto, assisteva all’interramento della bara di suo padre, in quel pomeriggio Inglese.
    Anche l’inaffondabile Duca di Grandchester, alla fine, se ne era andato.
    Il suo cuore si era fermato all’improvviso, dopo una cena troppo abbondante per le sue condizioni già da tempo precarie.
    In quella strana aria grigiastra, le parole del prete risuonavano alquanto fuori luogo, parlando di un uomo generoso ed altruista.
    Generoso ed altruista, lui non lo era mai stato.
    L’ultima volta che si erano rivolti la parola, gli aveva mostrata la sua abituale grettezza: titolo e casato, nient’altro.
    Erano passati quanto? Sedici anni?
    Da allora non si erano più rivisti, ma lui non pensava potesse essere cambiato.
    Aveva distrutto il loro rapporto e la sua vita, lasciando Candy in quella cella, quella notte di tanti anni prima.
    Tra la folla, intravide la sua matrigna ed i fratellastri, gli eredi legittimi, i quali non lo avevano degnato nemmeno di uno sguardo, pur avendo notato la sua presenza.
    Velata e camuffata quasi da rendersi irriconoscibile, c’era pure sua madre, Eleonor.
    Piangeva in silenzio e in solitudine il suo dolore proibito per quell’unico amore illegittimo e condannato da tutti, ma mai dimenticato.
    La vide, all’improvviso invecchiata sotto il velo scuro che le copriva il volto, ma sempre bella.
    Alla fine della funzione, le andò vicino, accompagnato da Candy.
    “Mamma..”.
    La donna si voltò “Terry..”.
    Lo abbracciò, piangendo. Candy le andò vicino, prendendola per le spalle “Coraggio, signora!”,
    “Oh, Candy.. sono così felice che ci sia tu vicino a mio figlio.. sei una ragazza speciale.. lui è morto da solo.. perché non era capace di amare davvero.. non dovete mai lasciarvi, Candy.. non dovete commettere gli stessi errori che ha commesso lui..”.
    Riprese a piangere; Candy la abbracciò.
    “Io lo amo ancora tanto.. ma lui non mi aveva più permesso di avvicinarmi. Se fossi stata con lui, quella notte, forse sarebbe ancora qui..”.
    Sia Candy che Terry tacquero: capivano che davanti al muto e profondo dolore della donna, le parole sarebbero state superflue.
    E Terence capiva che quel rapporto che non aveva mai avuto aveva adesso lasciato un vuoto incolmabile.
    E che di fronte a quel vuoto, tante cose non avevano più senso, come l’essersi arroccati su posizioni distantissime per puro principio o per orgoglio, perché il loro rapporto era ormai lacerato da tempo.
    Voglio trovare un senso a questa sera
    anche se questa sera un senso non ce l’ha(1)

    **********

    Ottobre 1929.
    Una tempesta si era abbattuta sull’economia degli Stati Uniti e del mondo intero: il Giovedì nero di Wall Street.
    Una tempesta che stravolse molte vite e distrusse famiglie intere, cambiando per sempre equilibri che fino a poco tempo prima sembravano immutabili.
    Gli Andrew non ne furono immuni.
    Molte delle azioni della banca di famiglia andarono distrutte, perdendo del tutto il loro valore; parte del patrimonio degli Andrew fu ridotto in polvere.
    Albert se ne stava seduto, la testa tra le mani e gli occhi chiusi.
    “Saremo costretti a vendere Lakewood” diceva,
    “La venderemo, allora; ma c’è ancora l’istituto che va bene: non siamo sul lastrico, Albert; stiamo meglio di molti altri!” diceva Flanny,
    “Dovrò licenziare metà del personale..”,
    “Possiamo temporaneamente sospenderli”,
    “Tutti mi odieranno”,
    “Capiranno, invece!”,
    “E i capitali da restituire?”,
    “Vendiamo i mobili di famiglia, gli stemmi, l’argenteria, i gioielli.. qualunque cosa!”,
    “Ah no, questo mai!”, si intromise una voce alta e forte,
    “Vedi un’altra soluzione, Archie?” l’ex-infermiera si voltò,
    “Per fortuna che la zia Elroy è morta: questo colpo l’avrebbe uccisa!”,
    “Archie, lo dobbiamo fare. Ci siamo costretti!”, Albert si alzò in piedi,
    “Lo farete senza di me! Io non mi piego a questo scempio!”,
    “Sei il solito ragazzo viziato, Archie! Dovresti cercarti un lavoro, invece!”,
    “Mia madre e la zia mi hanno insegnato come deve vivere un signore, e lavorare non fa parte delle sue mansioni!”.
    Voglio trovare un senso a questa storia
    anche se questa storia un senso non ce l’ha(1).
    “Ma noi non siamo più signori, adesso, Archie! Dobbiamo cercare di venire fuori da tutto questo, e poi metter su un progetto in cui dovremo lavorare tutti!”,
    “Non contate su di me!”, il ragazzo infuriato si diresse verso la porta: l’aprì e uscì dalla stanza, sbattendosela dietro immediatamente dopo.
    Nel corridoio incrociò la moglie Annie, che teneva per mano la figlia Estella; si spaventò vedendolo in quello stato stravolto, e lo chiamò “Archie..”. Ma lui l’ignorò e proseguì per la sua strada. Annie entrò nello studio di Albert.
    “Flanny, che succede ad Archie?”,
    “Oh, nulla di importante, non preoccuparti. Gli passerà”, mentì.
    Ma purtroppo, non gli sarebbe passata affatto.

    (1) Vasco Rossi, Un senso.
     
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    CAPITOLO 21
    IL CIELO E’ BLU SOPRA LE NUVOLE


    Nota: il titolo del capitolo è quello di una nota canzone dei Pooh (sto diventando assai noiosa, lo so..).

    Agosto 1930.
    Nel complesso, potevano dirsi fortunati.
    Avevano sì perso la banca, buona parte delle azioni, ed erano stati costretti a vendere diverse proprietà e beni di famiglia, ma avevano potuto mantenere alcune rendite, che l’abile Albert aveva utilizzate, una volta pagati i debiti, per mettere in piedi una piccola fabbrica conserviera.
    Ed in quel piccolo scampolo di salvezza avevano dovuto impegnarsi tutti, dato anche che la manodopera era necessariamente limitata a causa delle ancor più limitate possibilità: Albert teneva personalmente in ordine i conti, mentre sua moglie, lasciato l’istituto alle cure dello Stato, si occupava dei rapporti diretti con i fornitori.
    Anche gli altri un tempo facoltosi membri di casa Andrew si erano dovuti rassegnare al lavoro sul campo, svolto in squallidi quanto disordinati uffici improvvisati ai piani alti di capannoni industriali, quando non dovevano svolgere direttamente lavori manuali, come la manutenzione dei macchinari.
    Anche Patty ed Annie ricoprivano dei ruoli all’interno della fabbrica.
    Sì, potevano dirsi davvero fortunati, nel complesso.
    Il lavoro stava iniziando a dare i suoi frutti, nell’America che si rialzava dallo sfacelo della Grande Crisi del ’29, e i guadagni crescevano ogni giorno di più.
    Il cielo è blu sopra le nuvole
    dietro la rabbia ed il dolore
    Dobbiamo arrampicarci e crescere
    senza bisogno di nessuno(1)
    Eppure, non era più come un tempo.
    Il tenore di vita di tutti era drasticamente calato. Sebbene avessero potuto tenere Palazzo Andrew, esso era ormai una sorta di guscio vuoto, privo di molti dei cimeli di famiglia: quadri, tappeti, oggetti d’argento e d’oro..
    Perfino il vestiario non aveva nulla dell’eleganza dei tempi passati.
    Adesso, le giacche che Archie e Albert indossavano erano fatte di lana invece del raso; e anche le ragazze avevano sostituito lo chiffon con materiali più sobri come il cotone o il jersey.
    Il tutto però, nelle linee sempre eleganti del nuovo decennio.
    Il lavoro non era semplice, ma tutti cercavano di collaborare e di impegnarsi.
    Come quel pomeriggio, in cui un affaticato Archie se ne stava seduto ad una scrivania ingombra di scartoffie, le maniche rivoltate sui polsi, una matita nella destra e la sinistra affondata tra i capelli castano-chiaro ancora lunghi, a rivedere i conti.
    Ma la sua mente era ben lontana da quei conti.
    In un angolo, una radiolina suonava The very thought of you(2), sommessamente, mentre nell’aria si spandeva il rumore degli ingranaggi ferrosi di qualche macchinario, insieme all’odore acre della carne affumicata.
    Archie si passò una mano sulla fronte, dolorosamente; si chiese cosa ci faceva in quella vita, che non era di certo la sua.
    Lavorare? Quando mai lui aveva lavorato, od aveva voluto farlo? Suo padre gli aveva insegnato da sempre che un vero gentiluomo non lavora; tutt’al più, qualche contatto con gli amministratori della banca di famiglia, accertandosi che facciano il loro dovere, ma finiva lì.
    Ed ora, invece, si ritrovava a svolgere una volgare attività retribuita, per di più dovendo usare spesso le mani, le sue belle mani un tempo tanto curate, per oliare gli ingranaggi di macchinari brutti come mostri vomitati da una qualche letteratura di serie B, o peggio ancora, per ripulirli dal grasso!
    Come poteva esser caduto così in basso?
    Ma non era nemmeno il peggio.
    Un giorno si era recato al suo abituale club, per fumare un sigaro e bere un brandy, facendo un giro di whist con gli amici di una vita; era accompagnato da Terence, con il quale aveva instaurato un rapporto più disteso di quello degli anni giovanili.
    Ma l’attendeva una brutta sorpresa: i frequentatori di quel posto snob, invece di accoglierlo con il calore di chi non si vede da tempo, lo aveva freddamente messo in un angolo, mentre al contrario avevano accolto cordialmente Terence; quest’ultimo allora, secondo il suo abituale carattere schietto, aveva chiesto loro il motivo di quell’atteggiamento, e si era sentito rispondere che loro non desideravano più avere fra loro quel plebeo, che vestiva abiti dimessi e lavorava come un volgare contadino.
    In un attimo, al raffinato dandy Archibald Cornwell era crollato il mondo addosso.
    Il suo mondo, quello a cui era sempre appartenuto, lo rigettava come una cosa vecchia; il fatto che svolgesse un’attività retribuita era per loro motivo di scandalo e vergogna, poiché tutti loro potevano contare su nobili natali e ricche rendite che, in modo più o meno lecito, avevano resistito alla crisi.
    Si sentì un’esule in Patria e nella propria stessa vita.
    Il al contrario benvenuto divo del teatro Terence ebbe un rigurgito di rabbia e sangue al sentire quelle assurdità, e dopo aver risposto per le rime a quella gente vuota, trascinò via l’imbambolato e scioccato cugino acquisito.
    Ma il colpo era stato troppo forte per lui: ormai, si vergognava della sua condizione di onesto lavoratore; dei suoi abiti da borghesuccio; della sua attività quotidiana.
    Non era più lui quell’uomo che vedeva ogni mattina nello specchio quando si faceva la barba.. e troppe volte aveva avuto la tentazione di puntarsi il rasoio alla gola.
    Aveva l’impressione che le persone che incontrava per strada, che lo ricordavano nei tempi felici, mormorassero al suo passaggio frasi poco rispettose, seguìte da risolini velenosi.
    Tutte pugnalate al suo cuore.
    E non riusciva a credere, come Albert diceva, che le cose si sarebbero messe meglio, no. Lui era fin troppo ottimista, per i suoi gusti!
    Ma il cielo è blu sopra le nuvole
    e non è poi così lontano..(1)
    E così, nella musica jazz che iniziava a farsi swing(3), il bellissimo Archie iniziava a sfiorire, consumato da un colpo basso della vita, che lo aveva espiantato dalla sua bella e facile esistenza all’improvviso.

    **********

    Febbraio 1931.
    Il giovane uomo fissava con sguardo allucinato l’oggetto che aveva in mano.
    Una pistola.
    Rise, di un riso amaro: almeno quella, era riuscito a salvarla dalla vendita dei beni di famiglia.
    Archie osservò la canna dell’arma, scura e rilucente alla luce di quel globo luminoso da quattro soldi che sua moglie aveva il coraggio di chiamare lampada; sembrava sorridergli, invitarlo a quel gesto disperato che ormai da troppo tempo meditava.
    Sentì bussare alla porta, e prontamente la nascose; “Avanti!”, disse.
    Era Annie con la figlia.
    “Caro, ci sono di là Candy e Terry; loro stanno andando a ballare in un posto che si è aperto da poco, dove sembra che suoni quel famoso nuovo musicista, Benny Goodman.. ci chiedono se vogliamo andare con loro”,
    “Nemmeno per idea! Non mi piace l’idea di passarci una serata in uno di quei posti fumosi e affollati di gente rozza, a sentire uno che strimpella un clarinetto!”,
    “Ma Archie..”.
    L’uomo si diresse al mobile che fungeva da bar, prendendo una della bottiglie di whisky scadente che aveva sostituito il brandy di marca dei tempi andati, e versandosene in un bicchiere.
    “E la bambina? Vuoi portartela appresso?”,
    “Estella rimarrà qui a giocare con Stear e Patty” la prese in braccio,
    “Non puoi: anche Patty è stanca, dopo avere badato tutto il giorno a quelle oche delle addette alle pulizie!”,
    “Ma Archie.. amore.. che ti prende?”,
    “Voglio solo essere lasciato in pace, ho un tremendo mal di testa!”,
    “Come preferisci, Archie. Vado ad avvertirli che non andiamo”.
    Detto questo, uscì dalla stanza, lasciando il marito da solo.
    Archie riprese in mano la pistola.
    Nel corridoio si udiva solo un cicaleccio lontano; da qualche parte giungevano le note di As time goes by(4), forse Albert stava ascoltando un disco con Flanny.
    Archie si sedette su un divano con la sua compagna tentatrice in mano; tutto era perduto, ormai.. la sua via non era più tale, non ne erano rimasti che i frantumi.. perché non farlo, dunque?
    Anche Annie era cambiata, spaventosamente dimagrita a causa del troppo lavoro; immaginò la loro vita futura, in povertà e abbandonati da tutti.. forse Estella sarebbe finita in qualche squallida scuola di periferia, frequentata da bulletti, che col tempo l’avrebbero portata sulla strada, con un figlio illegittimo.. e lui non era stato capace di proteggerle da tutto questo!
    Guardò davanti a sé, e vide soltanto buio.
    Sì, era meglio uscire da lì!
    Appoggiò la canna dell’arma fra gli occhi, e fece fuoco.

    Insospettita dallo strano rumore provenuto dallo studio del marito, Annie si incamminò lungo il corridoio, dopo avere affidato la figlia a Candy e Terry, con cui stava discutendo nell’atrio.
    “Archie..” si avvicinò alla porta chiusa, un pugno a mezz’aria;
    nessuna risposta;
    “Archie.. amore..”;
    di nuovo silenzio.
    A quel punto, aprì la porta.
    E cadde a terra svenuta subito dopo, un urlo strozzato in gola.

    Terence fu il primo ad accorrere, trovandosi di fronte una scena orribile.
    Davanti alla porta stava Annie, esanime, gli occhi semichiusi, immobile; in fondo alla stanza, sul divano, giaceva il corpo di Archie, il viso coperto di sangue, sangue che si era raggrumato anche tra i capelli e sugli abiti, e la pistola ancora fumante in mano. Sparsi sul divano, frammenti di materia cerebrale.
    La prima cosa che fece fu di prendere in braccio la donna e portarla fuori da lì; nel corridoio, incontrò Albert, che dal lato opposto della casa aveva udito lo sparo molto più attutito.
    “Che sta succedendo, Terence? Annie non sta bene?”,
    “E’ meglio se la portiamo in una stanza tranquilla, e la mettiamo sdraiata; dov’è Flanny?”.
    In quel mentre, la menzionata arrivò.
    “Che succede, Terence?”,
    “E’ meglio se tu e Candy vi occupate di lei; dì a Patty di non fare uscire i bambini dalla loro stanza”,
    “Sì, ma.. che sta succedendo?”.
    In quel momento si udì chiaramente Albert, che si era precipitato nello studio del nipote, esclamare ad alta voce “Oh mio Dio!”.
    Uscì e incontrò Candy, trafelata.
    “Albert.. Terry.. ditemi che non è successo quello che sto pensando!”.
    Albert socchiuse gli occhi “Invece è successo, purtroppo. Archie è crollato”,
    “No!” la donna si portò le mani al viso “Non.. può essere!”.
    Terry ritornò dopo avere portato Annie nel suo letto “Candy, vai da Flanny: ha bisogno del tuo aiuto per Annie!”,
    “Io.. voglio vederlo!”,
    “Ma sei matta? E’ uno spettacolo orrendo!”,
    “Sono un medico! Ci vuole qualcuno che faccia le constatazioni di rito in casi come questo!”,
    “D’accordo, vieni”.
    Entrarono tutti e tre nella stanza, e Candy si avvicinò al corpo di Archie.
    “Archie.. mio Dio, Archie..”.
    Candy scoppiò in lacrime.
    Il marito le mise una mano sulla spalla “Candy.. te l’avevo detto..”.
    Lei si asciugò le lacrime e si ricompose “Il proiettile è entrato diritto in fronte. Non c’è più nulla da fare!”.
    Quindi si alzò ed uscì, mentre i singhiozzi riprendevano.
    Albert e Terry si posero ai lati del corpo e lo osservarono.
    “Un’intera generazione di Andrew cancellata..” pensò ad alta voce il patriarca “Prima Anthony, poi Stear e adesso.. Archie!”,
    “Addio amico.. non eri forte come avresti voluto” mormorava Terry, le mani nelle tasche.
    Adesso, iniziavano le formalità di rito in casi come quello.

    Si cercò sin da subito di nascondere la verità. Meglio, di camuffarla.
    Fu dichiarato un incidente, una pallottola partita accidentalmente mentre Archie stava pulendo la pistola. Era necessario soffocare lo scandalo che sarebbe scoppiato se fosse venuta fuori la verità, ed anche presentare una storia accettabile al sacerdote, affinché questo officiasse il funerale.
    Ma come avesse potuto, il proiettile sfuggito, infilarsi proprio tra gli occhi era tutto da spiegare.

    **********

    Terence se ne stava a capo chino, seduto su una poltrona in un piccolo salotto di Palazzo Andrew che si era salvato dallo scempio della Grande Depressione; in una mano, una sigaretta, con un filo di fumo che saliva lentamente verso il soffitto; lo sguardo perso nel vuoto.
    Dalle altre stanze giungevano rumori di passi concitati e di voci che andavano su e giù per il corridoio: la polizia era indaffarata nelle rilevazioni e nella raccolta delle testimonianze di quello spinoso caso.
    Albert stava in piedi davanti al divanetto, ancora macchiato di sangue fresco, da cui il corpo di Archie era oramai stato portato via, e giaceva adesso sul pavimento dell’atrio, avvolto in un lenzuolo scuro.
    Non aveva il coraggio quasi di respirare: davanti alla giovane vita spezzata così brutalmente del nipote, si chiese se l’avesse davvero mai capito, o se piuttosto non l’avesse troppo velocemente liquidato come un ragazzo frivolo e viziato.
    Un poliziotto si affacciò sulla soglia della stanza “Signor Andrew, dovremmo parlare con lei”,
    “Arrivo subito” disse mestamente, senza distogliere lo sguardo dal divanetto.
    In un’altra stanza, Annie stava subendo la triste formalità dell’interrogatorio, abbracciata da Candy e da Flanny, che l’aveva in parte stordita con un sedativo.
    Terry socchiuse gli occhi “E così, anche tu hai dovuto mollare, amico”, rifletté ad alta voce; un amaro moto di malinconia, accompagnato da un sorriso altrettanto malinconico, gli salì come un fiotto alla gola, al ricordo di una loro scaramuccia ala Royal Saint Paul School, da ragazzi.
    “Non potevo nemmeno immaginare che mio nipote stesse pulendo la pistola”, stava dicendo Albert agli agenti “altrimenti glielo avrei impedito.. il tamburo era difettoso”,
    “A noi non sembra che lo sia”,
    “E io le dico che era difettoso invece, commissario!”, alzò la voce, severo;
    l’ufficiale di polizia annuì accondiscendente “Capisco, Signor Andrew; forse la balistica si è sbagliata. Vi porgo le mie condoglianze, ad ogni modo”,
    “Grazie”.
    Come avrebbero fatto a rialzarsi dopo questo ennesimo, terribile colpo? La famiglia Andrew ne aveva passate davvero troppe, in quegli anni.. eppure, una speranza forse c’era ancora, doveva esserci..! Per loro, per Stear, per Estella che sarebbe cresciuta senza un padre, per Annie, che d’ora innanzi avrebbe sentito più “suo” il dolore di Patty e Candy..
    Il cielo è blu sopra le nuvole
    oltre il silenzio ed il rumore..(1)
    Doveva esserci un domani, per tutti loro!
    ..Ma il cielo è blu sopra le nuvole!(1)

    **********

    La grande chiesa era gremita di gente, per dare l’ultimo saluto ad un altro Andrew che se ne andava.
    Tra la gente serpeggiava il vero motivo della morte di Archibald Andrew, anche se nessuno ne avrebbe mai parlato ad alta voce; persino il sacerdote ne era al corrente, sebbene fingesse di accettare la ragione ufficiale.
    In prima fila, Albert e Flanny vestiti di nero integrale, mesti in viso; accanto a loro, la vedova Annie Cornwell, velata di nero e sostenuta da Candy, da un lato, e da Patty, dall’altro; in fondo al banco stava Terence.
    La piccola Estella, ancora neanche otto anni, continuava a chiedere alla mamma e a zio Albert perché il padre non fosse lì con loro per salutarli, dato che se ne stava andando in Paradiso; il cuginetto Stear le spiegava che lui in quel momento stava guardando dal Cielo quella grande festa allestita per lui.
    Annie era una maschera di dolore, incapace perfino di piangere, oramai; nel suo cuore era calata la notte più nera, una notte infinita e senza alba. Patty e Candy, la comprendevano in silenzio; più Patty che Candy, dato che la bionda, pur avendo perduto il suo compagno e padre del suo bambino, aveva potuto riunirsi all’amore vero della sua vita; Patty invece, come Annie aveva detto addio per sempre al suo unico amore.
    E una volta di più, la famiglia Andrew si ritrovava con un componente ancora giovane sottoterra, e con una vedova, per di più con una figlia.
    E con un motivo in più per doversi rialzare.
    Ma il cielo è blu sopra le nuvole
    dietro la rabbia ed il dolore
    la vita è un pugno nello stomaco
    solo per chi se lo fa dare(1)


    (1) Pooh, Il cielo è blu sopra le nuvole.
    (2) Chiedo scusa per lo spostamento temporale voluto: il brano, suonato dalla Ray Noble Orchestra, è in realtà del 1934, non del 1930.
    (3) Il mio periodo musicale preferito! 1930-1945.
    (4) Brano del 1931, interpretato da Rudy Vallee.


    ............................................................................


    CAPITOLO 22
    TOTAL ECLIPSE OF THE HEART


    Nota: il titolo del capitolo è ripreso da quello della celeberrima canzone di Bonnie Tyler.

    Febbraio 1933.
    Erano passati due anni. Due dannati anni.
    La sua vita era stata stravolta, in quel lasso di tempo.
    Senza Archie, non era più stata la stessa.
    Il suo temperamento triste, anche se non più insicuro, era riemerso.
    Nei fatti, aveva dovuto farsi forza ed andare avanti; per sé, per la figlia. C’era un’industria da mandare avanti, e nessuno di loro poteva sottrarsi, soprattutto ora che il fatturato iniziava a farsi importante.
    Gli Andrew stavano ritornando ad occupare una posizione di prestigio a Chicago, anche se non ai livelli di prima della crisi.
    La fabbrica riceveva sempre più commesse, i clienti erano aumentati, e gli incarichi ogni giorno si moltiplicavano.
    La sera, poi, aveva Estella, che tra poco avrebbe compiuto i dieci anni; era lei a darle le maggiori soddisfazioni.
    Infatti, nonostante fosse cresciuta senza un padre, era una ragazzina assennata, senza grilli per la testa, che studiava con profitto; era volenterosa, tant’è che spesso, di pomeriggio, andava in fabbrica con lei, per apprendere da zio Albert i rudimenti della contabilità e del commercio, consapevole che un giorno sarebbe toccato a lei prendere il timone dell’impresa.
    Guardandola, Annie non poteva fare a meno di rivedere la bellezza e la raffinatezza di Archie, i suoi capelli castano-dorati, gli stessi occhi verdi, lo stesso sguardo un po’ distaccato e sognatore; da lei, aveva preso ben poco, rifletteva.
    Proprio come Alistair somigliava così tanto a Candy e così poco a Michael..
    I due ragazzi erano molto uniti, erano cresciuti insieme: più che cugini, parevano fratelli.
    Lei, invece, era cambiata di colpo; invecchiata, per certi versi. Non tanto fisicamente, no, a parte l’evidente dimagramento e l’espressione perennemente triste che indugiava nei suoi occhi, poteva dire di non esser cambiata poi tanto; ma il suo cuore non era quello di un tempo.
    Every now and then
    I get a little bit lonely
    and you’re never coming around(1)
    La ragazza fortunata con la testa perennemente nel mondo dei sogni era sparita, per lasciare il posto ad una donna disillusa, e che aveva smesso di credere nel futuro. Tormentata, per molti aspetti.
    Every now and then
    I get a little bit tired of listening
    to the sound of my tears(1)
    Si sentiva responsabile di quanto era successo; non poteva farne a meno.
    Come aveva potuto non comprendere la profonda sofferenza dell’uomo che amava? Come aveva potuto non accorgersi di quale travaglio l’animo di lui stesse attraversando?
    E adesso, mentre la voce di Ray Noble intonava Love is the sweetest thing da una radiolina nell’angolo, fingeva di osservare il filo di fumo che saliva dalle sue dita verso il soffitto ormai di un bianco scolorito della cucina di Palazzo Andrew; sorrise, ripensando a quando quelle stanze erano animate da una moltitudine di servitori, i tempi felici, quelli dopo il loro matrimonio; se ci fosse stata ancora viva la zia Elroy, forse non sarebbero “scaduti a un livello così basso”, come lei soleva dire.
    Every now and then
    I get a little bit nervous
    that the best of all the years
    have gone by(1)
    Adesso.. di quel tempo solo fantasmi.
    Pose un braccio conserto su quello la cui mano reggeva la sigaretta, aspirando più forte il fumo; osservò il suo riflesso nello specchio appeso alla parete di fronte: una camicia di batista di un bianco spento, una gonna marrone che lambiva le caviglie, i capelli raccolti in un alto chignon, con qualche ciocca che sfuggiva, ribelle, e una banana(2) che si avvolgeva sulla fronte.
    Anche lei era un fantasma: il fantasma di sé stessa.
    Poco era rimasto della ragazza vestita di chiffon rosa, sorridente ed innamorata, della sera del fidanzamento, dodici anni prima.
    Once upon a time I was falling in love
    now I’m only falling apart
    nothing I can do
    a total eclipse of the heart(1)
    Ma la colpa era sua.
    Sua.
    Se solo avesse prestato più attenzione alle mute, disperate grida d’aiuto del marito, non lo avrebbe perduto per sempre! Lui sarebbe stato ancora lì!
    Come aveva potuto essere così sorda, così insensibile? Era dunque tanto presa dalla sua vita di bambola tra i salotti della buona società, da non saper vedere oltre quella facciata di perfezione fasulla?
    Every now and then
    I fall apart(1)
    Ma adesso, tutto era cambiato, oh, sì!
    Erano finiti per sempre quei tempi.
    Adesso, anche solo l’ombra del più piccolo invito ufficiale in società la faceva rabbrividire; eppure, occasioni di questo tipo non mancavano, ora che la famiglia Andrew stava tornando ad occupare il posto che le spettava: Albert e Flanny erano invitati sempre più spesso ad incontri ufficiali con la stampa, a cene importanti, e più volte l’avevano invitata ad accompagnarli.
    Ma la sua risposta era stata sempre la stessa: un secco rifiuto.
    Preferiva restarsene a casa, con la figlia, magari con Candy e Terry che venivano a farle compagnia, oppure con Patty, la persona che più di ogni altra condivideva il suo stesso dolore.
    Albert e Flanny non comprendevano questo atteggiamento, e spesso lo criticavano: dicevano che restarsene chiusa nel suo guscio non avrebbe giovato né a lei, né alla famiglia; e per il futuro della figlia, doveva sforzarsi di fare qualche apparizione pubblica.
    Ma la sua risposta era sempre la stessa.
    Almeno, aveva l’appoggio incondizionato di Candy.
    Lei era sempre pronta a giustificarla e a capirla, come ai tempi della casa di Pony, quando veniva sgridata per avere rubato i biscotti.

    **********

    “Assurdo, a dir poco disumano!”,
    “Cosa, amore?” chiese Albert.
    Flanny sbatté il giornale sul tavolo “Quanto sta accadendo in Italia: quel Mussolini ha instaurato un vero e proprio regime dittatoriale!”,
    “E’ da più di dieci anni che è al potere.. perché te ne accorgi soltanto adesso?”,
    “Perché adesso sta passando ogni limite: vorrebbe far regredire il Paese all’epoca pre-industriale! E sai chi ne farebbe le spese per primo? Le donne, chiuse in casa a procreare contro la loro volontà! E tutto per generare “guerrieri”, che, a suo dire, dovrebbero dare forza in guerra per la Patria! Quello non pensa che alla guerra, per prendersi la roba altrui! Agisce come una bestia, che pensa solo a conquistare territori per mangiare! Non crede nel valore dell’individuo umano, come persona: pensa solo a prendere risorse per il “branco”! E’ scandaloso!”;
    Albert si alzò dalla poltrona, mettendo su un disco: Guilty, di Al Bowlly.
    “In questo ti do ragione, cara; ma non vedo cosa potremmo fare noi, in merito”,
    “E’ scandaloso che nel XX secolo simili individui esistano ancora; nel suo Paese sta montando un forte movimento d’opposizione. Potremmo dare loro un aiuto economico..”,
    “In tempi migliori ti avrei detto di sì, ma nelle nostre condizioni attuali..”,
    “Pensa solo a mangiarsi la roba altrui, quello! Infatti è grasso quanto un bisonte!”, mugugnò lei, le braccia conserte e gli occhi rivolti al pavimento,
    “Non stare ad arrovellarti, Flanny: non c’è niente che noi possiamo fare!”,
    “Lo dici tu! Ci sarà pur qualcosa che si può fare per aiutare i dissidenti, dobbiamo trovarla! Lo so che condividi la mia idea, non negarlo!”.
    L’uomo si sedette pensieroso: in altri tempi avrebbe seguìto la moglie a ruota, ma gli anni passati ad occuparsi dei problemi della famiglia, e i dolori vissuti avevano volto la sua attenzione più al loro ambito privato.
    “E cosa avresti intenzione di fare?”,
    “Ancora non lo so.. ma troverò un modo, stanne certo! E sembra che anche la Germania sia sulla buona strada per finire sotto dittatura!”,
    “Ti riferisci a quell’.. Hitler?”,
    “Proprio! Pare che abbia chiesto i pieni poteri al parlamento; se dovesse ottenerli.. non oso pensarci!”(3).
    Flanny lasciò la stanza, angosciata; Albert la osservò, dandole silenziosamente ragione.

    **********

    La nebbia nel cuore.
    Terry fece una carezza a Stear “Ecco il soldatino di legno che ti avevo promesso”
    “Grazie Terry! Sei il miglior papà del mondo!”, proruppe lui con la spontanea sincerità dei suoi quasi dieci anni.
    L’uomo sorrise, ma gli occhi erano velati di lacrime.
    E il cuore dalla nebbia.
    Candy li guardò, con aria mesta: da un po’ di tempo, il suo amato Terence non era più lo stesso; esattamente dal giorno in cui aveva ricevuto la notizia della propria sterilità.
    Era cambiato: depresso, più chiuso, malinconico più del dovuto; quando giocava con Stear o lo aiutava a ripassare le lezioni, poteva vedere passare negli occhi di lui un’ombra indefinita, ma ben presente.
    L’ombra di chi si sente colpevole, e capisce di aver fallito.
    Si era anche accorta che evitava di guardarla negli occhi spesso, quasi si sentisse “inadeguato” verso di lei; e parlava poco: molte volte, la sera, dopo che Stear era andato a letto rimanevano in silenzio ad ascoltare la radio.
    A volte, le sembrava di avere accanto il Terry dei primi tempi.
    E tutto questo le faceva male, molto male.
    Ma dal di fuori, non poteva nemmeno immaginare cosa si scatenasse nell’animo del marito.
    Si sentiva una nullità: che uomo è quello che ha mancato alla parola data alla donna amata per ben due volte?
    Prima con Susanna, poi con quel figlio che lei avrebbe desiderato, e che non sarebbe arrivato mai.
    Lui lo sapeva bene: anche se non ne avevano mai parlato apertamente, lei ne soffriva; il figlio che da sempre voleva da lui non sarebbe mai esistito.
    E poi c’era Stear. La prova vivente di quella vita precedente vissuta da lei, e che li non era stato in grado di uguagliare.
    Il simbolo vivente del suo fallimento.
    Every now and then
    I get a little bit tired of listening
    to the sound of my tears(1)
    Cosa provava esattamente verso quel bambino? Non avrebbe saputo dirlo.
    Lo amava, forse, e lo trattava come un vero figlio, anche se entrambi sapevano che non lo era; non portava nemmeno il suo nome, e lo chiamava per nome, anziché “papà”.
    Ma era per lui quello che di più simile ad un padre poteva esserci.
    Ma c’era il risvolto della medaglia: Stear non era suo figlio, né mai lo sarebbe stato.
    Lo sapevano bene entrambi, e lo sapeva perfino Candy.
    .. and then, I see the look in your eyes(1)
    Lui era il memento vivente del fatto he lei avesse vissuto lontano da lui, e senza di lui!
    Era la prova che l’altro era riuscito a lasciare l’impronta di sé nella vita di lei.
    E questo lo faceva impazzire.
    Soprattutto perché lui non avrebbe mai potuto fare altrettanto, deludendo le aspettative di lei.
    Era un punto a proprio favore che Michael aveva segnato per sempre.
    Tutto questo gli bruciava.
    E troppe volte, si ritrovava a guardare con stizza quel bambino, pentendosi subito dopo del suo assurdo scatto di gelosia.
    Lui non aveva colpa; e Terry lo sapeva bene.
    Every now and then
    I fall apart(1)
    “Terry, amore.. la cena è pronta.. mi aiuti ad apparecchiare?”,
    “Si certo” si alzò dal divano.
    La seguì in cucina, lo sguardo basso e i pugni chiusi.
    Mentre cenavano, il suo aspetto non era mutato.
    “Terence.. non ti piacciono le patate arrostite o non stai bene? In questo caso potrei..”,
    “Sto benissimo, accidenti! E’ solo che non ho fame!”,
    “Non è il caso di saltare così. Come.. come vanno le cose in teatro?”,
    “Bene”.
    Era la verità: il lavoro era la sola cosa che gli andasse bene, di quei tempi.
    A parte la salute, che comunque si sarebbe presto incrinata col rinnovato vizio del fumo e dell’alcol.
    “Terry.. sei pallidissimo, forse è meglio se..”,
    “E lasciami stare, accidenti! Mi fai saltare i nervi in aria, quando sei così piena di premure! Non sono un bambino!”.
    I’m lying like a child
    in your arms
    every now and then
    I get a little bit angry
    and I know I’ve got
    to get out and cry(1)
    Candy si sentì spezzata; era da tempo, oramai, che Terry aveva quelle uscite con lei. Un attimo prima sembrava tranquillo, e l’attimo dopo esplodeva con rabbia.
    E questo le faceva male: li stava allontanando, impercettibilmente.

    **********

    Successe un pomeriggio, alla fine di Febbraio.
    Albert e Flanny erano andati ad una di quelle occasioni pubbliche che dicevano essere tanto importanti per gli Andrew; avevano chiesto ad Annie di accompagnarli, ma lei, come sempre, aveva rifiutato; era andata con loro Candy, in sua sostituzione, mentre Terry ed Annie erano rimasti a Palazzo Andrew con i due ragazzini e con Patty.
    Dietro le insistenti richieste di Estella, Patty aveva poi portato i due cuginetti al teatro delle ombre.
    E loro erano rimasti soli.
    Soli ed insieme.
    Terry e Annie.
    Due anime ferite, e sole nel proprio dolore.
    Seduti ai due lati di un divano non troppo grande.
    Da un grammofono, si spandevano nell’aria le note di Stormy Weather, cantate dalla voce un po’ rauca di Ethel Waters.
    “Appropriato, direi!”(4) sbottò ad un certo momento Terence,
    “Che cosa?”, Annie sollevò lo sguardo verso di lui,
    “La canzone”,
    “Oh sì!”, sorrise Annie, osservando la sottile pioggerellina che stava iniziando a scendere,
    “Patty ed i ragazzi hanno scelto il momento sbagliato..”,
    “Vuoi qualcosa da bere?”, si alzò Annie,
    “Sì, grazie”.
    La giovane donna andò al mobile che fungeva da bar e ne prese una bottiglia piena di quello che sembrava essere whisky; socchiuse un istante gli occhi, amaramente, ricordando l’ultimo bicchiere bevuto dal marito, quindi prese un bicchiere e lo riempì per metà.
    Tornò verso il divano, e lo porse a Terence.
    “Grazie” le disse lui “tu non mi fai compagnia?”,
    “No.. ho smesso di bere”,
    “Capisco..”, Terry tracannò il contenuto d’un sorso; poi sentì dei singhiozzi, e si voltò verso Annie: stava piangendo sommessamente.
    “Scusami, è che.. ogni volta che vedo qualcuno con un bicchiere in mano, mi torna in mente che.. quella sera.. è da allora che ho smesso di bere!”.
    Terry mise via il bicchiere e la abbracciò; Annie gli sembrava piccola ed indifesa tra le sue braccia.
    “Non è stata colpa tua, Annie; lui era un uomo molto fragile, e soffriva troppo”,
    “E’ colpa mia, invece! Io non sono stata capace di ascoltare i suoi sguardi, i suoi silenzi! Ero troppo impegnata a fare la dama della buona società! Se lo avessi ascoltato, oh, se lo avessi ascoltato! Il mio Archie!”.
    Terence la teneva stretta cercando di lasciarla sfogare, ma anche lui sentiva un cupo dolore invadergli il petto; anche lui soffriva in silenzio, di un dolore muto e senza speranza, la sensazione delle proprie mancanze come uomo e marito. E la paura di avere deluso Candy, al punto da rischiare di perderla, seppure vivendo sotto lo stesso tetto.
    Il dolore di Annie gli sembrò tanto, troppo vicino al suo.
    I know I’ve got
    to get out and cry(1)
    Le sollevò il viso, facendo in modo che i loro occhi potessero incontrarsi.
    Every now and then,
    I get a little bit terrified
    but then I see
    the look in your eyes(1)
    E baciarsi fu inevitabile.
    Non fu un bacio romantico, no: non c’era amore, né tenerezza, in quel bacio: era solo un incontro rabbioso di labbra e di lingue, che si divoravano a vicenda; un cercarsi disperato e furioso, come a voler dimenticare i rispettivi dolori in un vortice di follìa.
    And I need you now tonight
    and I need you more than ever
    and if you only hold me tight
    we’ll be holding on forever
    and we’ll only be
    making it right(1)
    Una ricerca affannosa dell’aria, disperatamente; le lacrime di lei si mescevano all’angoscia di lui.
    Senza accorgersene, erano passati nelle stanza da letto di Annie, buttandosi sul grande letto, consumando la loro disperazione proibita.
    Perché il loro non era amore, né passione.
    Solo consolazione, reciproca e rabbiosa.
    Due sconfitti dalla vita, accomunati dal dolore; che adesso dividevano anche un grande, inconfessabile segreto.
    E le lacrime ripresero a solcare il viso di Annie, mentre con la passione furiosa e intensa di Terry dentro di sé, profanava il letto del povero Archie.
    Un sacrilegio, di cui si resero entrambi colpevoli.
    Che divenne ancor più grave, quando Annie si rese conto che la passionalità di Terry offuscava quella del povero Archie.
    Consumarono il loro delitto senza parole, tra grida sempre meno soffocate, simili a ruggiti.
    E quando si separarono, in mano avevano solo i frantumi di loro stessi.
    “Che cosa abbiamo fatto, Terry?”, Annie guardava il soffitto, ancora distesa, mentre lui, girato di spalle, si riallacciava i pantaloni,
    “Una sciocchezza, Annie. Una grossissima sciocchezza”, le rispose, senza avere il coraggio di guardarla in viso,
    “Io non ti amo..”,
    “Nemmeno io”,
    “E allora perché?”,
    “Perché siamo uguali, Annie. Due disperati. Due falliti”.
    “Se penso che da ragazza avevo paura di te..” sussurrò lei,
    “E io ti consideravo una stupida ochetta viziatella”.
    Silenzio.
    “Cosa faremo adesso, Terence?”,
    “Non lo so”.
    Uscì dalla stanza; Annie si alzò, iniziando a rinfilarsi gli abiti, pensando che, lui non l’aveva più guardata in viso, dopo.
    “Non doveva accadere. E non dovrà più accadere” mormorò a sé stessa osservando la pioggia che cadeva fuori.

    **********

    Ma la promessa non venne mantenuta.
    E i sensi di colpa crebbero.
    Per Terry verso Candy. Per Annie verso la memoria di Archie.
    Continuavano ad incontrarsi in segreto, per cercare quell’impossibile conforto, ognuno tra le braccia di un altro simile a sé, ma senza amore.
    Un’impossibile consolazione nascosta in angoli bui, sotto l’invisibile sguardo di condanna del mondo.
    Ma forse il segreto non era poi così segreto.. gli sguardi sfuggenti del marito iniziavano ad insinuare in Candy il tarlo del dubbio.



    (1) Bonnie Tyler, Total eclipse of the heart:

    Di tanto in tanto
    mi sento un po’ malinconica
    e tu non ci sei mai
    Di tanto in tanto
    mi sento un po’ stanca di ascoltare
    il suono delle mie lacrime
    Di tanto in tanto
    mi sento un po’ nervosa
    perché gli anni migliori
    se ne sono andati

    Una volta mi stavo innamorando
    ora sto solo cadendo a pezzi
    niente che possa fare
    un’eclissi totale di cuore

    Di tanto in tanto
    cado a pezzi.
    ...
    ... e poi, vedo lo sguardo nei tuoi occhi
    ...
    Sto giacendo come un bambino
    nelle tue braccia
    di tanto in tanto
    mi sento un po’ arrabbiato
    e so che dovrei
    sfogarmi e piangere

    Di tanto in tanto,
    mi sento terrorizzata
    ma poi vedo
    lo sguardo nei tuoi occhi

    Ed ho bisogno di te ora stanotte
    ed ho bisogno di te più che mai
    e se tu soltanto mi tieni stretta
    noi resisteremo per sempre
    e noi ce la faremo


    (2) Tipica acconciatura degli Anni Trenta/Quaranta.
    (3) E purtroppo li ottenne, nel Marzo di quell’anno!
    (4) La traduzione del titolo di questo splendido pezzo è “Tempo tempestoso”, appunto!
     
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    CAPITOLO 23
    MAI PER AMORE


    Nota: il titolo del capitolo è ripreso da quello dell’omonima canzone di Gianna Nannini.

    Settembre 1935.
    Non si può mentire a lungo; non con gli occhi, almeno.
    Forse lo si può fare con le parole, ma con gli occhi no: essi non mentono.
    Candy lo aveva capito bene; e da un po’ di tempo se ne era resa conto sulla propria pelle.
    Quegli sguardi furtivi ed angosciati che la sua migliore amica ed il marito si scambiavano, quando credevano che lei non li vedesse, parlavano più di mille parole; così come gli sguardi sfuggenti di Annie, che sfuggivano i suoi, appunto.
    Aveva capito ogni cosa, Candy.
    E se ne sentiva colpevole.
    Perché era stata lei a non comprendere Terry, a non essere andata oltre ai suoi scatti di rabbia, per scrutare nel profondo della sua anima sofferta, che gridava il suo dolore dietro l’apparenza rude, da una vita.
    In questo, Terry non era cambiato: reagiva con rabbia alle ferite dell’anima.
    E lei avrebbe dovuto capirlo: proprio lei che lo conosceva da sempre, lo aveva lasciato chiuso nel suo bossolo di dolore, invece.
    Il fatto che lui fosse sterile e non potesse farle avere dei figli era una cosa che la feriva profondamente, è vero. Ma lui che colpa ne aveva? Non ne soffriva, esattamente come lei?
    Il tuo silenzio uccide il cuore
    andato in cenere!(1)
    E lei non aveva saputo capirlo; così, adesso oltre al sogno di costruire una famiglia con lui, rischiava anche di perdere l’amore di una vita. E tutto per la sua dannata chiusura!
    Quasi mai
    mi hai guardato più forte negli occhi..(1)
    Poteva stupirsi se adesso lui aveva cercato il conforto tra le braccia di un’altra? E che quest’altra fosse la sua migliore amica? Anche lei ferita dalla vita, in cerca di un conforto..
    Non aveva diritto di intromettersi fra loro, poiché loro condividevano qualcosa di potente, la sofferenza.
    Vieni..
    ..a ridarmi la vita(1)
    Per questo, decise di tacere.
    Ma il suo cuore, quello non poteva tacere, no.
    Quegli sguardi furtivi, ai quali seguivano sicuramente gli incontri, la ferivano come vedeva che ferivano loro.
    Ma non poteva impedirsi di pensare..
    Io ti cerco nelle notti
    e chiedo ai sogni dove sei..(1)
    Sentiva che lui le stava sfuggendo dalle mani, insieme al loro amore; anche senza che tra di loro ci fossero state parole.
    Quasi mai
    in questa storia andata a male
    io ti ho detto addio!(1)
    Ma non poteva dire nulla, costretta nel ruolo della moglie all’insaputa di tutto.
    Perché sapeva di essere colpevole, nei suoi confronti, sapeva di averlo gravato di una responsabilità che lui non aveva: la loro mancata famiglia.
    E questo era il suo modo di vendicarsi.
    Come mai
    la vendetta che stringi tra i pugni
    è la tua malattia(1)
    Ma stavolta, non gli sarebbe morta dietro, no; le cose stavano molto diversamente da vent’anni prima!
    Mai per amore
    mi lascerò
    per te morire(1)
    In lei, c’era un desiderio rabbioso di vivere, e di amare; rosso, come il colore che aveva dato ai suoi capelli, che ora indossavano una banana e dei boccoli che sfioravano la base del collo, in linea con la nuova moda del decennio.
    La prova vivente del suo desiderio di rinascere, di abbandonare quella vita da sconfitta, che da anni divideva con lui.
    Tutti, a partire da Albert e Flanny, furono stupiti di vederla con quel nuovo look.
    “Ma Candy.. non ti piacevi più bionda?” le chiese Flanny,
    “Avevo voglia di cambiare” rispose evasiva lei; poi rivolse gli occhi sul viso di Annie: uno sguardo dolce, rivolto all’amica più cara.
    E adesso, anche colei che stava salvando il marito dall’ennesimo baratro.
    “Annie cara, perché non andiamo a far compere assieme, uno di questi giorni, dopo il lavoro?”,
    “Veramente.. non credo di potermi allontanare dalla fabbrica..”, Annie abbassò gli occhi, fuggendo i suoi, come faceva sempre, ormai.
    E Candy comprese: lei e lui, si vedevano dopo il lavoro.

    **********

    Corpi nel buio. Nient’altro.
    Non potevano dirsi innamorati, perché non si amavano; e nemmeno amanti, dato che dietro quella parola si celava sempre un trasporto.
    Ma tra loro, non c’era nulla di ciò.
    Desiderio, e nient’altro.
    Un desiderio che faceva male, al corpo ed all’anima.
    L’amore non fa mai male.
    Tu lo sai che
    quasi mai
    il vero amore lascia i lividi(1)
    Prediligevano sempre le stanze buie, per non vedersi in viso: perché troppo forti erano i sensi di colpa di entrambi: lui verso Candy e Annie verso la memoria di Archie.
    Non erano più entrati nella stanza di lei, a Palazzo Andrew: almeno questo, apparente, rispetto al marito trapassato.
    I salotti meno usati del palazzo quando questo era vuoto, le stanze di motel equivoci, persino i magazzini della fabbrica, ma sempre nel buio.
    Si facevano male a vicenda, ma non potevano farne a meno.
    Quasi mai
    ho goduto tra le braccia dell’inferno
    che mi dài(1)
    Perché questo era il loro confortarsi a vicenda, il loro vendicarsi del mondo.
    Come mai
    la vendetta che stringi tra i pugni
    è la tua malattia(1)
    Conforto e dolore; conforto nel dolore.
    Niente di più.
    Terence entrava in lei furiosamente, spingendo poi con rabbia; e lei godeva di quella rabbia, che era la sua stessa rabbia.
    Ma non riusciva più a guardare in viso l’amica di una vita. Non riusciva più a tollerare il suo affetto, la sua rassegnata gentilezza.. quanto avrebbe preferito che la odiasse!
    Invece, quei suoi gesti gentili e pacati non facevano che accrescere i suoi sensi di colpa, e l’odio che sentiva verso sé stessa.
    Perché aveva capito che Candy sapeva!

    **********

    Aprile 1936.
    Flanny aprì la lettera con movimenti febbrili.
    Da qualche tempo, aveva scritto a quello che risultava essere uno dei maggiori antifascisti Italiani, Carlo Rosselli(2), ed aveva intrapreso con lui una corrispondenza epistolare, che aveva tenuta segreta al marito, su quell’argomento che tanto la ossessionava.
    Ciò che riceveva erano notizie terribili, sugli orrori che quel regime disumano imponeva alla popolazione: intere famiglie costrette a lasciare le città, per trasferirsi in zone paludose da poco bonificate, per dedicarsi forzatamente alle colture del grano, in n delirante desiderio di tornare ad un’economia pre-industriale; gli equilibri di quelle terre che venivano turbati dalla popolazione in aumento; donne costrette ad abbandonare le loro professioni, e chiudersi fra le mura domestiche; violenze di ogni genere contro gli oppositori politici.
    E adesso, discriminazioni crescenti verso gli Ebrei.
    Aprì la lettera e la lesse.
    C’era scritto così:

    Gentile Signora Andrew,
    le sono riconoscente di tutto cuore per le Sue parole di affetto e stima nei nostri riguardi; purtroppo, la situazione qui va degenerando ogni giorno di più, e pertanto anche i generosi aiuti da Lei inviatici hanno sortito poco.
    La guerra coloniale in Africa sta mandando alla rovina il Paese, e si parla dappertutto di una prossima guerra a fianco della Germania.
    La nostra Resistenza, sebbene determinata e forte, è ancora giovane e poco organizzata; per questa ragione, non so se posso accettare la Sua richiesta di unirsi a noi, che la esporrebbe a dei pericoli mortali, a cui Lei è estranea.
    So che le chiedessi di lasciar perdere non verrei ascoltato; così, le lascio un anno e mezzo di tempo per decidere se è veramente determinata nella Sua scelta.

    Con rispetto e devozione,
    Carlo Rosselli.

    Flanny ripose la lettera, e si sedette alla scrivania del marito, prendendosi la testa fra le mani: cosa avrebbe dovuto fare? Qual’era la decisione giusta da prendere?
    Non aveva fatto parola ad Albert del suo desiderio di raggiungere l’Italia per unirsi alla Resistenza, ma i suoi pensieri andavano sempre più in quella direzione: da tempo ormai si sentiva colpevole per la sua facile e comoda esistenza a Chicago, soprattutto quando pensava all’inganno che aveva perpetrato alla sua famiglia d’origine, seppur giustamente. Sentiva la necessità di un atto grande ed eroico che potesse riscattarla da quella scelta imposta di tanti anni prima; e da quando era venuta a conoscenza di quanto stava avvenendo al di là dell’oceano, correre in soccorso di quelle persone sconosciute le era sembrata quasi una necessità.

    Quella notte, non riuscì a chiudere occhio, sebbene il marito la tenesse tra le sue braccia: la voce che gridava dentro di sé si era fatta assordante.
    “Cosa c’è, non ti senti bene?” Albert le accarezzò o capelli.
    Lei si sollevò sulle braccia per guardarlo in viso “Fa l’amore con me!”,
    “Che cos..?”,
    “Ti prego!”,
    “Come vuoi”.
    Si calmò un poco solo quando si sentì presa nell’abbraccio potente di lui: aveva bisogno del calore del suo corpo dentro al proprio per non soccombere.

    (1)Gianna Nannini, Mai per amore.
    (2)Uno dei maggiori esponenti dell’antifascismo Italiano negli Anni Trenta.


    .........................................................................................



    CAPITOLO 24
    VOGLIO ANDARE VIA


    Nota: il titolo del capitolo è ripreso dall’omonima canzone dei Pooh, facente parte del musical “Pinocchio”.

    Ottobre 1938.
    Albert era senza parole: non riusciva a crederci.
    Persino la voce di Al Bowlly, che suonava in sottofondo da un grammofono cantando Guilty(1), gli sembrava stridula e grottesca.
    “Ma perché me lo dici soltanto adesso?”.
    Flanny si schermì e abbassò lo sguardo “Perché non sapevo come dirtelo. Perdonami, Albert!”,
    “Ma come.. come cavolo hai maturato una decisione del genere? E’ una terra così lontana.. quasi un altro mondo.. perché, Flanny?”,
    “Proprio tu me lo chiedi? Tu che hai sempre appoggiato le cause giuste?”,
    “Ma non ho mai inteso andare dall’altra parte dell’oceano per sostenerle!”,
    “Questo non dirlo: hai dimenticato l’Africa?”,
    “Era diverso: ero da solo a quell’epoca, e poi ero ancora poco di più di un ragazzo. Ma ora, da uomo quale sono, so di avere dei doveri verso la mia famiglia, e non vi verrei mai meno!”,
    “Cosa vorresti insinuare? Che io vi sto venendo meno?”,
    “No.. sì.. insomma, una decisione simile non si prende da soli.. io te ne avrei parlato.. tu invece mi stai mettendo di fronte al fatto compiuto.. vuoi partire, per andare ad unirti alla Resistenza in Italia.. è una nobile causa, non che io non l’approvi, ma.. rischiare la vita per un Paese che neanche conosci..”,
    “Me ne hai parlato tante volte.. di quando hai avuto l’incidente e ti trovavi laggiù.. la sento un po’ “nostra” quella terra, e non posso sopportare che stia soffrendo così, adesso!”,
    “E noi? Non ti importa niente di noi, Flanny?” la prese per le spalle “andare laggiù significa combattere, e forse morire!”. La ragazza voltò la testa da un lato, gli occhi tristi, senza espressione.
    “Non puoi capire.. eppure speravo lo facessi.. tu sei sempre stato così comprensivo verso chi soffre..”.
    Era vero, ma c’era dell’altro.
    Anche se aveva costruito un’altra vita, per tutto quel tempo Flanny non era mai riuscita a perdonarsi realmente il “tradimento” perpetrato alla sua famiglia di origine; aveva saputo della morte della madre e del fratello più giovane, e da poco anche dell’uccisione di un altro dei suoi fratelli, in uno scontro fra bande; e per quanto loro avessero sbagliato nei suoi confronti, rimanevano sempre la sua famiglia.
    Che soffriva, mentre lei era felice,o cercava di esserlo.
    Ora, la vita le stava presentando quel conto che tanto aveva temuto.
    Il rimorso.
    Voglio andare via da questa vita vuota..(2)
    Come espiarlo? Andare a combattere a fianco di una causa nobile, per di più da lei molto sentita, le sembrava il modo migliore.
    Io cambierò
    ci riuscirò
    a ritrovare la strada
    a reinventarmi la vita, sì..(2)
    Ma c’era di più.
    Qualcosa di inconfessabile, che non avrebbe mai confessato. Nemmeno a sé stessa.
    Albert era cambiato, dal giorno del matrimonio della sua ex-pupilla: era divenuto più cupo, meno allegro e vitale.. quello spirito vivace che sempre lo aveva contraddistinto era come se si stesse man mano spegnendo.
    E lei sapeva perché.
    Candy era sempre stata nel suo cuore, anche se la sua volontà si sforzava di considerarla sempre e solo come una cara amica; ma la realtà era ben diversa, ed Albert aveva voluto nasconderla persino a sé stesso.
    Per questo l’aveva sposata: per insinuare nel proprio cuore un amore reale e da poter vivere, celando in un angolo sotto vetro quello ideale ed irraggiungibile.
    La travagliata storia familiare che lei portava con sé aveva facilitato le cose in questo senso, stimolando lo spirito umanitario dell’uomo.
    Ma la verità adesso emergeva prepotente; lui poteva nasconderla a tutti, persino a è stesso.
    Ma non avrebbe mai potuto nasconderla a lei.
    Una verità pesante e difficile da sopportare, che lei desiderava fuggire.
    Era più facile affrontare le pallottole dei fascisti, che le stilettate sorde del suo cuore.


    **********

    “Ed è per me?” chiese Flanny reggendo in mano la scatola di velluto.
    Albert fece un cenno affermativo con la testa.
    Flanny abbassò lo sguardo sulla collana che il marito le aveva appena regalata, una cascata di diamanti piccolissimi in parure con un paio di orecchini; si rattristò, pensando che quel regalo aveva un fine: Albert voleva convincerla a restare.
    “non posso accettarli, mi dispiace”, disse chiudendo il cofanetto e posandolo su un mobile vicino,
    “Amore, cosa dici? E’ tua, devi accettarla!”,
    “Non posso, mi spiace!”,
    “Se ti preoccupi del prezzo, non temere: le cose vanno meglio, i nostri prodotti sono richiesti nei grandi magazzini”,
    “Non è per questo, Albert!”.
    L’uomo si girò, scoraggiato; silenzio nella stanza, a parte le note di Moonglow(3); poi, tornò a voltarsi verso la moglie, sorridente.
    “Questo però lo accetterai!”, le pose in mano un foglietto a pergamena,
    “Cos’è?”, lei lo osservò,
    “Aprilo!”.
    Lei lo fece; era la conferma della prenotazione di un noto hotel di Los Angeles, per un soggiorno di cinque giorni per due persone.
    “Albert..”,
    “Non dire niente. Ci faremo questa seconda luna di miele, noi due soli! D’accordo?”,
    “D’accordo” annuì la donna, capendo bene che non poteva opporgli un secondo rifiuto.

    **********

    Los Angeles, Novembre 1938.
    La città in quel periodo dell’anno era abbastanza tranquilla; Albert e Flanny stavano trascorrendo dei giorni molto intimi.
    Il sole Californiano era uno spettacolo anche in quella stagione fredda, e a molti ricevimenti a cui presero parte erano presenti anche alcuni divi del cinema.
    Ma i pensieri di Flanny erano lontani mille miglia da lì: si trovavano oltre l’oceano, in quel Paese martoriato che sembrava chiamarla a una nuova vita, fatta di impegno e coraggio.
    Voglio andare via da questa vita vuota..(2)
    La loro seconda luna di miele.. era così triste non potere condividere con lui la sua gioia, e i loro momenti d’amore!
    Quanto avrebbe voluto non pensare a nient’altro che a loro!
    Ma le cose non stavano così.
    Decise di parlargli a quattr’occhi.

    “Albert..?”,
    “Mmm..”,
    “Ti posso parlare?”,
    “Certamente” l’uomo si mise seduto sul letto; Flanny gli si sedette accanto,
    “Albert.. è importante..”,
    “Di che parli?”,
    “Parlo.. della mia partenza per l’Italia!”.
    Lui chinò il capo, gli occhi fissi nel vuoto “Ancora questa storia..”,
    “No!” Flanny si girò verso di lui “Stavolta mi starai a sentire! Per me non è un gioco!”
    Albert si predispose ad ascoltarla.
    “Noi abbiamo rubato qualcosa, Albert; io ho rubato qualcosa!”,
    “Cosa avresti rubato?”,
    “La vita che vivo ogni giorno! Se ho potuto averla, è stato solamente mentendo alla mia famiglia; sono stata disonesta verso di loro, li ho cacciati via quando avevano bisogno di aiuto.. non merito tutto quello che ho avuto!”,
    “Ma che vai dicendo? Erano loro che non meritavano te! Ti hanno riempito la testa di sensi di colpa assurdi, non ricordi com’eri quando ci siamo incontrati? Loro non meritavano niente da te, non hai fatto nulla di male!”,
    la donna scosse il capo, sconfitta “No, Albert, erano pur sempre la mia famiglia; è vero, mi hanno ferita; ma anche se ero nel giusto a lasciarli per rifarmi un’esistenza, non avrei mai dovuto fargli credere di essere morta, abbandonandoli al loro destino! Questa è stata un’azione crudele, Albert!”,
    “Stai esagerando. Abbiamo fornito loro dei mezzi per non vivere in miseria, io stesso ho provveduto a effettuare dei versamenti in loro favore”,
    “Non è a questo che mi riferisco; il fatto di non essermi mai più fatta vedere, di non avere dato più nemmeno una parola di conforto, ecco in cosa ho mancato; e proprio tu mi dovresti capire!”,
    “Poso comprendere, ma non condivido il tuo pensiero. E comunque cosa c’entra la lotta al fascismo con tutto questo?”,
    “Una sorta di.. contrappasso! Chiamala.. espiazione se vuoi. Quella gente sta soffrendo le pene del’inferno, a causa di un regime disumano; le azioni di questo regime sono aberranti, sebbene mascherate dal trionfalismo; so che anche tu sei d’accordo con me su questo punto. Ed andare laggiù, cercando di aiutarli, di combattere al loro fianco, è come se mi permettesse di fare ciò che con la mia famiglia non ho fatto, e per una causa giusta!”,
    “So cosa succede laggiù; ma non vedo come tu possa..”,
    “Non sai tutto; il Signor Rosselli nella sua ultima missiva mi ha fornito dettagli a dir poco raccapriccianti”.
    Così dicendo, gli porse una lettera, nella quale venivano raccontati particolari riferiti alla repressione del dissenso. Albert li lesse, mentre il suo viso inorridiva sempre più.
    “E’.. orribile! Come si può fare questo a un popolo già sconfitto da una guerra? Sono criminali!!”,
    Flanny fece un sorriso di soddisfazione “Vedo che concordiamo. Ed è proprio per questo che non possiamo permettere che continuino”,
    “Ma tu non c’entri! Non sei nemmeno Italiana!”,
    “Albert.. il mio rimorso grava su di me come un fantasma vendicatore; se non vado laggiù per dare un po’ d’aiuto a quei disgraziati ed acquietare la mia coscienza, esso sarà sempre tra noi.. finendo per dividerci, un giorno!”,
    Io cambierò
    ci riuscirò
    a ritrovare la strada
    a reinventarmi la vita, sì..
    Oh, sì, sì che si può
    cambiare quello che è stato
    e cancellare il passato
    lo so, si può
    ritornare indietro!(2)
    “Questo non dirlo!”,
    “Debbo dirlo. E’ la pura verità. E ad ogni modo, la mia decisione è già presa, i documenti falsi mi sono stati spediti dal Signor Rosselli. Parto agli inizi del prossimo anno, Albert. Non puoi fare più nulla per fermarmi”.
    L’uomo rimase senza parole: per la seconda volta nella sua esistenza, una persona amata volava lontano da lui, senza che lui potesse fare niente; e il ricordo di un giorno di sole di vent’anni prima si affacciò dolorosamente alla sua memoria.
    “Se dovesse succederti qualcosa.. quelli sono dei criminali senza scrupoli..”,
    “Non mi succederà nulla. Nei documenti falsi fornitimi, risulterò essere un’intellettuale Inglese che risiederà qualche tempo a Roma per ragioni culturali. Adesso, devi sapere che Mussolini, oltre ad essere un pazzo guerriero fanatici, è anche un affabulatore sopraffino: ha una sorta di timore-deferenza verso i Paesi Anglosassoni(4), e preferisce tenerseli amici; ecco perché gli intellettuali di quelle parti sono sempre ben accetti. A me spetterà il compito di mettere in comunicazione alcuni gruppi di Resistenza, facendo passare notizie da una parte all’altra; come vedi, si tratta di un compito abbastanza tranquillo, che non mi esporrà mai a combattimenti veri e propri”,
    “Quanto.. pensi di star via?”,
    “Circa un anno, se tutto va bene. Ma vi scriverò periodicamente, grazie all’aiuto dei partigiani che riesce a valicare la censura governativa”.
    Cosa doveva dire? Le ragioni erano sacrosante, ma vederla partire, allontanarsi così tanto da lui..
    Ma era cosa già fatta! Anche volendo, non avrebbe potuto opporvisi!!
    Quindi la prese tra le braccia, e soffiandole un bacio sulle labbra, le sussurrò semplicemente “Ti amo”.

    **********

    Il magazzino principale era sempre deserto, a quell’ora del pomeriggio.
    Solo la luce vi penetrava, illuminandolo.
    Due figure in piedi, l’una di fronte all’altra, immobili e silenziose.
    Ma che avevano optato per la luce, stavolta.
    La luce. La sincerità. Il coraggio di guardare in faccia l’altro.
    Non più la menzogna.
    Perché stavolta era diverso.
    Era l’ultima volta.
    Se ne rimanevano a distanza, completamente vestiti; solo i loro sguardi erano nudi, l’uno per l’altra.
    E dicevano addio.
    Non era più possibile andare avanti in quella farsa.
    Proseguire oltre con quel teatrino di marionette.
    Feriva entrambi; nessuno ne era veramente felice.
    Perché il loro non era amore, lo sapevano.
    Solo l’incontro disperato di due mondi, che cercavano in quel modo di rincollare insieme i propri frantumi.
    Due mondi fatti di sensi di colpa e frustrazione, di delusioni e bisogno disperato di un conforto estraneo. Ma niente altro.
    Sicuramente, non amore.
    Perché dunque logorarsi ancora? Perché continuare a mentire, a nascondersi, a fingere col mondo?
    Non aveva senso.
    Era stato tutto uno sbaglio per entrambi, fin dall’inizio.
    Voglio andare via da questa vita vuota
    ho bisogno anch’io di tenerezza
    e un posto caldo
    tra due cuori innamorati davvero..
    Voglio andare via da questa vita vuota
    ritrovare..
    .. quella donna che da sempre
    avrei voluto con me..(2)
    Ora, era il momento di chiudere i conti. Con tutto.
    E provare a ricominciare daccapo, ma su strade diverse.
    Io cambierò
    ci riuscirò
    a ritrovare la strada
    a reinventarmi la vita, sì..
    Oh, sì, sì che si può
    cambiare quello che è stato
    e cancellare il passato
    lo so, si può
    ritornare indietro!(2)
    “Vorrei poterti dire che è stato bello, Terry”, disse lei “ma gli errori non lo sono mai”,
    “E’ lo stesso per me, Annie”.

    **********

    24 Dicembre 1938.
    Il grammofono nell’angolo cantava Amapola.
    Albert stringeva a sé la moglie, entrambi sorridenti, ma tesi.
    “Questa è la decisione di mia moglie, che io approvo pienamente!” concluse il patriarca,
    “Prometto che vi scriverò ogni quindici giorni al massimo”,
    “Perché così tanto tempo?”,
    “Perché la censura potrebbe insospettirsi”,
    “Ti faccio i miei migliori auguri, Flanny: sei sempre stata una combattente, e ancora una volta ce lo hai dimostrato!”, Candy le strinse le mani con occhi tristi.
    Sotto la cascata di riccioli ormai rossi, il suo sguardo non era più quello di un tempo. Era piegato dalla vita, più composto, più “adulto”: quell’ingenua spensieratezza degli anni della giovinezza se ne era andata per sempre.
    La forza invece, no.
    Quella non se ne sarebbe mai andata: era la sua caratteristica.
    Anche Annie e Terence condividevano la sua stessa tristezza, perché la colpa è un peso difficile da sopportare.
    Seduti ai due angoli della tavola, vestigio di altri tempi, non si guardavano nemmeno di striscio, lui seduto accanto alla moglie, lei alla figlia.
    Quello sarebbe stato un Natale che avrebbero ricordato, a lungo.
    Ma il Natale resta sempre Natale: la festa della gioia.
    Soprattutto per chi si affaccia alla vita.
    Estella aveva approfittato della cena della Vigilia a Palazzo Andrew per presentare alla famiglia il fidanzato Frank, studente di storia, e Stear mostrava con piacere ed orgoglio i suoi risultati nella pittura, di cui aveva iniziato ad interessarsi nell’estate precedente.
    Loro non meritavano tutto quanto era successo.


    (1)Stupendo brano degli Anni Trenta!
    (2)Pooh, Voglio andare via.
    (3)Bellissimo pezzo di Benny Goodman.
    (4)E’ una notizia storica reale: il dittatore folle era anche amico di Winston Churchill, al quale però non avrebbe esitato a dichiarare guerra!
     
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    CAPITOLO 25
    MEMORIE


    Nota: il titolo di questo capitolo è ripreso da quello di un brano dei Pooh.

    Gennaio 1939.
    Alzò lo sguardo verso il cielo coperto di grosse nubi; quello era un giorno d’inverno a tutti gli effetti..
    Nell’aria come nel suo cuore.
    Non aveva potuto opporsi alla sua partenza, ma non poteva non soffrirne.
    Una volta di più, Albert guardò la moglie, stretta in un cappotto grigio con cappello a larghe falde, mentre abbracciava Candy e Annie.
    Poco più in là stava Terence, le mani affondate nelle tasche e il viso abbassato sul bavero del cappotto, solo i suoi capelli castani, ancora lunghi, spuntavano tra il bavero del cappotto e la tesa del cappello; certamente, non gli faceva piacere rivedere la città dove aveva vissuto gli anni più dolorosi della sua vita, ma avevano voluto tutti accompagnare Flanny a New York, all’imbarco; perfino Patty, ora alta e snella e con una banana tra i capelli che toccavano le spalle, non si era negata.
    Stear ed Estella tiravano motti alla loro “zia preferita”, come piaceva loro dire, e l’ex-infermiera di ghiaccio stava al gioco.
    Ma lui non aveva voglia di giocare.
    Da questa casa
    una rondine
    se ne va
    e ora so
    che c’è lei
    ansia di vivere
    ansia di credere(1)
    Avvertiva uno strano presentimento, Albert. Come se quel posto che la moglie stava lasciando vuoto non dovesse più tornare a riempirsi.
    Una parte di lui avrebbe voluto fermarla.
    Ma l’altra, quella razionale che aveva alla fine prevalso, rispondeva che non poteva farlo. Non poteva soffocare la sua vita.
    Non poteva imporle di rimanere a fare la bambola da salotto, a lei che era un’idealista: già per troppo tempo aveva dovuto farlo.
    Io senza comprendere
    le ho fatto vivere
    vent’anni inutili
    di giorni stupidi(1)
    No, Flanny non era mai stata davvero una bambola da salotto: aveva gestito un istituto, aveva lavorato nell’industria di famiglia.. ma l’essere obbligata a frequentare tutti i ricevimenti della buona società di Chicago, l’aveva soffocata, in parte, imponendole qualcosa che non era nella sua natura.. lei, nata in un povero quartiere da cui era fuggita per troppo dolore; eppure, aveva accettato di sottoporsi a quel continuo esame della sua vita, a quell’esistenza da rotocalco, per amore di lui.
    Non un lamento, mai.
    E adesso che aveva trovato qualcosa che le aveva fatto battere il cuore, doveva spiccare il volo.
    Anche senza di lui.
    Per questo, impose a quel presentimento di tacere.
    Si fece avanti, fino a ritrovarsi faccia a faccia con lei. Flanny lo guardò con occhi che brillavano, quasi a ringraziarlo.
    “Ti amo!” sussurrò, abbracciandolo;
    Albert la strinse di più, ma lei sciolse l’abbraccio.
    “Tra un anno tornerò” disse sorridendogli.
    Poi si voltò verso gli altri “Vi affido mio marito: abbiatene cura!”,
    “Non temere, Flanny; parti pure tranquilla, ed occupati piuttosto dei tuoi partigiani!” disse Annie.
    N imponente rombo annunciò che era giunta l’ultima ora per l’imbarco. L’ora dei commiati.
    Flanny prese la sua valigia e si diresse alla scaletta, dove c’era già una fila di passeggeri.
    Si voltò per un ultimo, improvviso bacio al marito; poi riprese il suo bagaglio e si avviò.
    A metà della scaletta, si voltò una volta di più per un saluto con la mano; ma i suoi cari erano ormai niente più che macchie colorate in una moltitudine in movimento.
    Rimasero sul molo, fino a che un altro rombo non annunciò la partenza; poi, quando la sagoma della nave fu scomparsa sulla linea dell’orizzonte, fecero ritorno in albergo.
    Albert teneva la testa bassa ed aveva uno sguardo cupo, che Candy non gli aveva mai visto prima.

    **********

    “E’ bello rivederci”, l’anziano appoggiò la tazza sul piattino,
    “Lo è anche per me” rispose Terry accendendosi una sigaretta “Come te la passi, Robert?”,
    “Io? Molto bene, grazie; mia moglie ed io abitiamo in una villetta fuori dal centro; evitare il caos, sai..”.
    L’atmosfera di quel caffè era satura di fumo e di voci; da qualche parte giungevano le note di Love letters in the sand(2).
    “Qui a New York non manca di certo!”,
    “E tu come te la passi, a Chicago?”,
    “Abbastanza bene: sono un apprezzato regista teatrale”,
    “Ah, il teatro.. quanti ricordi.. io ho chiuso, oramai!”,
    “Perché? Perché hai abbandonato così il tuo sogno, Robert?”,
    l’altro fece una smorfia “Perché siamo relitti, ormai, Terry: il teatro non è più quello di un tempo; il cinema lo sta divorando! A chi credi interessi più venire a vedere un Amleto, quando in qualunque piccola sala cinematografica di paese si può ammirare Clark Gable?”,
    “Questo non è vero, Robert! Il teatro avrà sempre un fascino immortale, che nessuna pellicola potrà mai eguagliare! Non si può lasciare il campo a questi dilettanti!”,
    “Ah, Terry Terry.. il mondo sta cambiando in fretta, non puoi dirmi di non essertene accorto.. e nel nuovo mondo che sta nascendo ci sarà poco spazio per i sentimentalismi”.
    Ci fu silenzio, poi Hathaway riprese “E poi si parla da più parti di una guerra in Europa pronta a scoppiare; pochi hanno voglia di divertirsi, di questi tempi!”,
    “Come se non fosse bastata l’altra..” mormorò rivolto all’aria Terence,
    “E con tua moglie come va? Non mi sembri particolarmente felice. Non dirmi che siete in crisi!”,
    l’uomo sospirò “Definirla tale sarebbe troppo semplicistico”;
    Robert si fece serio “Terry ascolta.. sono vecchio, ma non abbastanza da non sapere come si maneggia il cuore: mia moglie ed io siamo insieme da quasi quarant’anni. Se ho rinunciato al mio attore migliore è stato solo per vedere felice il mio migliore amico; ragion per cui non riesco a credere che tu abbia sprecato questa seconda opportunità del destino per futili motivi!”;
    Terry se ne era rimasto per tutto il tempo con lo sguardo nel tè; l’idea di approfittare del suo soggiorno a New York per rivedere l’amico di un tempo non era stata poi così brillante, si disse: doveva ricordare l’abilità di Robert nello scandagliare l’animo della gente!
    “Ho sbagliato tutto, Robert; tutto quanto!”
    Dentro me l’ansia di vivere
    l’ansia di credere
    c’è solo cenere(1)
    “Cosa? Cosa avresti sbagliato, Terry?”,
    “L’ho delusa. Ho scoperto di non poterle fare avere dei figli, lei li desiderava così tanto! E..”,
    “E..?”,
    “L’ho tradita!”.
    Hathaway stette in silenzio per qualche minuto, puntando i propri occhi in quelli dell’amico. Poi si risolse a parlare. In un modo secco e diretto, come nel suo stile.
    “Acqua passata! Dalla tua espressione capisco che si tratta di qualcosa di finito. Il passato non deve distruggere l’avvenire, Terry, non permetterlo; e per il problema che mi hai detto prima.. io credo che se lei ti ama per davvero non te ne vorrà, in fondo non è stata colpa tua”.
    Terry sorrise all’amico. Sapeva che non era così semplice, ma era confortante sentirselo dire.

    **********

    Luglio 1939.
    Stear aveva gli occhi che brillavano; Candy rifletté che era la prima volta che lo vedeva così determinato.
    “Sei proprio sicuro di quel che dici? A me sembra una decisione alquanto affrettata!”,
    “Affatto, mamma: io voglio frequentare l’Accademia di Belle Arti!”,
    “Sei ancora così giovane.. potresti cambiare idea”,
    “Non cambierò idea! Terry, non è vero che se si ha un sogno bisogna fare di tutto per realizzarlo?”.
    Per tutto il tempo del battibecco tra Candy ed il figlio, lui se ne era rimasto lì in disparte, non sentendosi in diritto di prendere parte attiva alla conversazione; dopo tutto, lui era un estraneo per Stear.. che diritto aveva di intromettersi sul suo futuro?
    Ma adesso era stato chiamato direttamente in causa, ed anche la moglie si era girata verso di lui, in attesa di una sua risposta.
    Cosa avrebbe dovuto dire? Lui sapeva bene cosa significava inseguire un sogno, lui per primo lo aveva fatto tanti anni prima, sopportando tanti sacrifici, e per seguire quel sogno aveva perduto Candy.. sapeva perfettamente quanto fosse dura la strada, ma Stear al contrario di lui, non era solo: c’era sua madre, e la famiglia Andrew.. e c’era anche lui, che in fatto di arte avrebbe potuto consigliarlo, anche se si trattava di un’arte diversa dal teatro.
    “Segui il tuo cuore. Sempre”,
    “Grazie, Terry: tu sì che mi capisci!”.
    Il giovane era raggiante: il fatto di avere un alleato nel marito di sua madre era una grossa conquista; ma quando Terry si soffermò sul viso della moglie, vide una dolorosa e palese delusione.
    “Tuo padre non avrebbe approvato, Stear.. il suo studio, che lui ed io abbiamo costruito insieme attraverso tanti sacrifici.. a chi andrà?”,
    “Potresti passarlo a qualcuno dei tuoi praticanti, mamma; Mark ad esempio è molto bravo: perché non a lui?”,
    “Perché io volevo che restasse in famiglia, dannazione! E lo avrebbe voluto anche tuo padre!”.
    Di nuovo. Tuo padre. Una stilettata acuminata al petto di Terry.
    Quel passato da cui lui era stato escluso era sempre lì, pronto a colpirlo a tradimento.
    Dentro me..
    .. c’è solo cenere..
    ..Le mie memorie che
    non riesco a scrivere..(1)
    “Non puoi governare la mia vita in funzione di quel che avrebbe voluto papà!”,
    “Non voglio governare la tua vita, né quella di nessun altro; ma mi fa male il pensiero di passare lo studio a un estraneo!”,
    “Stear ha ragione, Candy”.
    La donna e il ragazzo si voltarono nella direzione di Terry.
    “E’ lui che deve decidere del proprio futuro, non tu”,
    “Terence, stanne fuori, ti prego!”.
    Un altro colpo: stanne fuori. L’ennesima prova di quel pezzo di vita passata, in cui lui non esisteva, e che Candy desiderava in qualche modo tenere in vita, sempre.
    Sostenere Stear, a questo punto, diveniva una necessità: per il ragazzo, ma anche per sé stesso.
    “Non posso tacere: non ricordi quanto abbiamo lottato noi, per realizzare i nostri sogni? Perché vuoi impedire a tuo figlio di fare lo stesso per un tuo capriccio?”.
    Senza guardarla in viso, dato che non ne aveva la forza, si avvicinò al ragazzo, e gli posò le mani sulle spalle “Hai il mio pieno appoggio, Stear;il giorno dell’iscrizione ti accompagnerò personalmente!”,
    “Grazie, Terry!”, un sorriso larghissimo.
    Si girarono entrambi a guardare Candy, con aria interrogativa.
    “Fate come vi pare”, sibilò in risposta.

    **********

    Giugno 1940.
    Albert continuava a rigirarsi la lettera tra le mani.
    Erano già sei mesi che trepidava, e soffriva: sei mesi da quando aveva atteso ogni giorno che sua moglie gli annunciasse il proprio ritorno in una lettera; invece, mese dopo mese, Flanny aveva parlato di proroghe necessarie, data la situazione politica difficile del Paese in cui si trovava, in alleanza con uno Stato belligerante.
    Aveva trascorso notti intere, sveglio, desiderando riaverla accanto, in quel letto divenuto improvvisamente troppo grande e troppo vuoto per lui da solo.
    Qui nella stanza
    è già buio, ormai
    sento che
    sono stanchi gli occhi miei
    lascio cadere la penna sul libro
    e poi..(1)
    Gli tornavano alla memoria gli anni da lui trascorsi in giro per il mondo, lontano dalla famiglia..
    Sì, proprio ieri ho scoperto che
    come un dì
    per il mondo me ne andai(1)
    .. ma lui era da solo, a quei tempi!
    Flanny invece aveva lui ad attenderla, a casa.
    Ma ripensò al suo entusiasmo, così simile al proprio di allora.
    Và verso il mondo che aspetta te..(1)
    Ed ora, anche l’Italia era entrata in guerra, in quel gioco assurdo e crudele ed inutile(3).
    E quella terribile lettera gli annunciava che, se in quei sei mesi trascorsi, i partigiani avevano necessitato del suo aiuto, al punto da dover rimandare il ritorno di settimana in settimana, adesso, con la guerra in atto, partire diventava assai più complicato.
    Per il momento, un suo ritorno era fuori questione; e chissà per quanto altro tempo..
    “La sto perdendo..” mormorò.
    Di nuovo, l’immagine degli occhi di lei, animati da un fuoco; di nuovo, il ricordo di quello stesso fuoco in sé.
    Doveva rispettare le sue scelte, se l’amava.
    Và, tanta buona fortuna a te
    dove sei
    non voltarti indietro mai!(1)






    (1)Pooh, Memorie.
    (2)Anche se la versione più conosciuta di questo brano è quella del 1958, interpretata da Pat Boone, l’originale è un brano strumentale datato 1931.
    (3)Nel Giugno 1940, appunto.


    ..................................................................................................................



    CAPITOLO 26
    CHE VUOI CHE SIA


    Nota: il titolo di questo capitolo è ripreso da quello di una bellissima canzone dei Pooh.
    Aprile 1941.
    Candy osservava il marito, aggrappato al suo braccio: guardava ora il suo volto teso, ora il suo respiro forzato, ora il contrarsi della sua mano.
    Lo sguardo era fisso sulla bara che veniva calata lentamente nella fossa: la bara di Eleonor Baker.
    Il sacerdote aveva fatto una predica commovente, mettendo l’accento sul grande talento della donna, e sulla sua immensa solitudine e sofferenza privata; tutti i presenti si erano lasciati andare alle lacrime, anche i più duri.
    Robert sorreggeva l’altro braccio di Terry, cereo in volto e che non aveva spiccicato una parola da quando lui e Candy avevano messo piede sul treno per raggiungere New York; negli occhi del vecchio ex-regista si poteva leggere con chiarezza un affetto più simile a quello paterno che all’amicizia.
    Ma non avrebbe mai potuto colmare il vuoto del cuore di Terry.
    ..E a parte le parole
    mi manchi da morire!(1)
    Robert rivolse a Candy un’occhiata interrogativa, prima di tornare a guardare Terry. Candy si ravviò i capelli rossi, che adesso superavano le spalle, e la banana, posizionata alla sommità della fronte; poi, gettò uno sguardo agli altri presenti, tra i quali riconobbe la Marlowe, nascosta sotto un enorme cappello.
    Spostò di nuovo lo sguardo su Terry: la sua tristezza, sicuramente, non era dovuta solo alla circostanza del lutto: aveva radici più profonde, più antiche.
    E lei sapeva quali erano.
    Perché si erano allontanati tanto? Perché lui dimostrava un’ostilità latente ma persistente per tutto ciò che apparteneva al passato di lei in cui lui non c’era stato?
    E perché lei a volte lo sentiva distante, quasi non lo avesse conosciuto da quasi trent’anni?
    Tutto sotto quella coltre di falsa normalità.
    .. E non basta fare finta di star bene
    o ripetersi che è tutto regolare
    che il mondo continua a girare!(1)
    E non riusciva a riempire quel vuoto che entrambi si sentivano attorno.
    E mi manca la tua pelle
    e mi manca il tuo calore
    e mi manchi.. e mi manchi..(1)
    Sentiva che in parte era colpa sua: l’avergli imposto il proprio passato, circondandolo dei ricordi della sua vita accanto a Michael, non era stato facile, per lui. E si sentiva in colpa per averlo fatto, mentre adesso, un sordo dolore simile al rimorso le gelava il cuore.
    Chiese silenziosamente perdono ad Eleonor, per non aver saputo mantenere la promessa fattale tanti anni prima: di rendere felice il suo unico figlio.
    Non era riuscita a rendere felice neppure sé stessa.
    Che vuoi che sia
    questo terribile disordine che ho dentro(1)
    Adesso era troppo tardi per tutto; forse, l’unico a cui sarebbe stata concessa una seconda possibilità era Stear.
    Per questo, decise che non l’avrebbe più ostacolato nelle sue scelte.

    **********

    E la prima occasione per dimostrarlo non tardò.
    A Novembre, Estella e Frank annunciarono il loro matrimonio per il successivo Agosto: una festa, mentre in Europa infuriava la guerra.
    La voce di Ella Fitzgerald cantava I’m making believe, da un grammofono nell’angolo.
    Tutti dimostrarono grande gioia alla coppia, con l’eccezione di Albert, con il pensiero rivolto oltre l’oceano.
    Stear frequentava da ormai un anno l’Accademia di Belle Arti, con il sostegno di Terence e la silente approvazione della madre. Quella sera aveva presentato alla famiglia Mary Noyne, sua compagna di corso, con cui intendeva fidanzarsi.
    “Benvenuta, cara!”, l’aveva abbracciata Candy con affetto; la giovane si era immediatamente sentita accolta in una vera famiglia, dato che i suoi erano tutti deceduti; e a ciò si aggiungeva l’emozione di conoscere di persona il famoso Terence Grandchester, ex-divo del teatro ed ora regista, ancora bellissimo.
    No, non l’avrebbe più ostacolato: voleva che fosse felice, sebbene questo avrebbe demolito tutti i progetti che lei aveva costruito sulla vita di suo figlio; non aveva diritto alcuno di essere lei a decidere, si disse, e poi temeva che Stear, impulsivo come il padre, avrebbe potuto arruolarsi, solo per farle un dispetto.. dopotutto, era nipote di Stear Cornwell: non aveva forse fatto la stessa cosa lo zio, ventisei anni prima? Buon sangue non mente, e in quel tragico anno gli Stati Uniti si avvicinavano sempre più all’entrata in guerra(2).
    “Sono davvero felice per voi, ragazzi” aveva detto la donna “e quello che vi unirà di più sarà anche il lavorare assieme.. come due valenti artisti!”.
    Per Stear quella fu la ratifica ufficiale dell’accettazione da parte della madre dei suoi progetti di vita: l’abbracciò con calore, dicendole un sommesso “grazie”, con un intenso brillìo negli occhi verdi.
    Candy lo osservò: assomigliava ogni giorno di più a suo padre, eccetto che per gli occhi, verdi come i propri; per il resto, era la fotocopia di Michael: capelli rossicci, corporatura robusta, sorriso schietto ed aperto.. istintivamente, si voltò verso il marito Terry, che fumava una sigaretta discutendo con un mesto Albert.
    Per lui non doveva essere facile avere sotto gli occhi tutti i giorni quell’immagine vivente della sua vita passata senza lui.. non doveva essere stato facile per tutti quegli anni.. eppure lo aveva amato e cresciuto come fosse stato suo figlio, e lo aveva addirittura appoggiato nelle sue decisioni contro di lei.. ma a pensarci bene, non era andato sempre tutto liscio.
    Annie e quella relazione clandestina, mai palesata ma che a lei non era sfuggita sin da subito.. ora poteva capirne meglio le ragioni.. ma non riusciva a dimenticare, sebbene li avesse perdonati entrambi; essa rimaneva come una ferita malamente richiusa nel suo cuore già provato dalla vita e dalle troppe delusioni che questa le aveva inflitto; il ricordo della ragazzina ottimista e solare che era stata la faceva sorridere, quando si è giovani e si ha la vita davanti è facile sperare in un futuro diverso e migliore; ma adesso che aveva un bel pezzo di vita sulle spalle, ne avvertiva appieno il peso, un peso che si tramutava in doloroso e rassegnato realismo.
    Eppure, qualche sprazzo di luce inaspettato ci sarebbe stato ancora..
    Come quello.
    “Zia Candy.. posso parlarti?”, Estella le si era avvicinata,
    “Certo cara; cosa c’è?”.
    Il grammofono suonava adesso Moonlight Serenade(3).
    “Ecco, io pensavo.. insomma.. vorrei iscrivermi in Medicina!”,
    “Questo ti fa onore, ragazza mia”,
    “E vorrei anche.. se tu sei d’accordo.. venire a lavorare da te, dopo la Laurea!”.
    Una luce si accese all’improvviso nell’animo di Candy.
    “Oh, ma sicuro! Che gioia che mi dài, Estella! Sarò felice di averti nel mio studio!”,
    “Grazie zia!”.
    Le due donne si abbracciarono, sotto lo sguardo bonario di Frank.
    Candy era commossa: la fatica sua e di Michael sarebbe rimasta in famiglia: Estella sarebbe stata la sua erede!
    La tromba di Glenn Miller intonò l’assolo finale del pezzo.

    **********

    Febbraio 1943. L’America era in guerra da poco più di un anno.
    Dall’altra parte del mare giungevano racconti terrificanti di bombardamenti, di città rase al suolo, di centinaia di migliaia di vittime innocenti; migliaia di giovani vite partivano arruolate, dirette verso quel continente devastato.
    Candy aveva tremato, ma sia Stear che Frank erano riusciti a sfuggire a quel destino, grazie ad Albert, che aveva messo una buona parola per loro col Ministero.
    Patty piangeva amaramente, e prendeva parte attiva ai comizi dei detrattori, che erano stati contrari sin dall’inizio all’ingresso in guerra degli Stati Uniti.
    Lei, vedova di guerra, poteva capire alla perfezione come dovevano sentirsi le persone che avevano uno o più cari in mezzo ai combattimenti.
    Soprattutto perché aveva in casa una di queste persone.
    Albert aveva smesso di ricevere notizie della moglie da prima dell’entrata in guerra; va bene la censura, ma non sapere nemmeno dove si trovasse era la peggiore delle torture!
    Fino a quel giorno.
    ..E magari sì buttarmi nel lavoro(1)
    Si stava sforzando di rivedere alcuni conti dell’azienda che, al contrario, con la guerra aveva avuto un fatturato straordinariamente positivo, dovuto ai rifornimenti di cibo in scatola alle forze armate; ma il peso che da troppo tempo tormentava il suo cuore non lo lasciava un attimo, e nulla gli era di aiuto.
    Nemmeno le note di A string of pearls(4) a tutto volume nella stanza.
    Una busta diversa dalle altre gli capitò in mano; “Sarà arrivata con la posta del mattino” pensò.
    Ma prendendo quella busta in mano, avvertì una strana sensazione di pericolo.
    La osservò, la mano paralizzata con il tagliacarte stretto: era una busta marrone chiaro sgualcita, senza il mittente.
    Allora l’aprì, tirando fuori la lettera.
    Pochi istanti, durante i quali gli occhi correvano frenetici da un rigo all’altro.
    E il mondo gli crollò addosso.
    Che vuoi che sia
    si tratta solo di cambiare la mia vita..(1)
    Quelle poche righe, vergate in un Inglese incerto da un giovane partigiano Italiano, compagno d’armi di Flanny, gli annunciavano la scomparsa della moglie.
    Cadde pesantemente piegato sul ripiano della scrivania, un lato del viso sullo scrittoio, gli occhi sbarrati, il braccio destro ancora alzato a reggere il fermacarte; per qualche istante, rimase in quello stato catatonico, senza poter reagire in nessun modo.
    .. E mi manchi..
    .. E mi manchi..
    .. E mi manchi..(1)
    Poi, cercò di rimettersi seduto, con movimenti da automa.
    Riprese in mano la lettera.
    Ad ogni parola, un nuovo dolore, sempre più grande.
    Sei andata via, soltanto via
    e solo adesso me ne sto rendendo conto(1)
    Da circa un anno, Flanny era entrata a far parte di una cellula partigiana attivamente, prendendo parte a molte azioni rischiose e imbracciando le armi; ma nell’ultima qualcuno li aveva evidentemente traditi, facendoli cadere nelle mani dei nazisti; così, Flanny ed altri partigiani erano stati fucilati come sovversivi, ed i corpi gettati poi in una fossa comune.
    Albert sentì un conato di vomito salirgli fino alla gola.. una fossa comune! Sua moglie era stata gettata in una fossa comune, come un animale abbattuto, senza il saluto dei familiari e delle persone a lei care, lontana dalla Patria in un Paese straniero.. che orrore, a pensarci!
    Provò a rileggere la lettera, che non era molto lunga, ma non trovò indicazione alcuna di dove si trovasse la fossa.
    Anche il corpo della sua Flanny era perduto per sempre!
    Ripensò allora alla strana sensazione d’angoscia che aveva avuto nel vederla partire.
    Che vuoi che sia
    vederti andare è stato solo un colpo al cuore!(1)
    “Flanny..” mormorò.
    E non gli aveva detto nulla. Ecco spiegato il silenzio della corrispondenza.
    Niente di che,
    niente di niente(1)
    Cosa avrebbe fatto d’ora in avanti? Come avrebbe vissuto?
    Fino a ieri un’abitudine importante
    oggi invece mi ferisce e mi sorprende(1)
    Doveva tornare in Africa? Partire senza una méta? Andare a raggiungerla?
    .. O imbarcarmi in un viaggio inconcludente..(1)
    O non fare assolutamente niente.
    O solamente stare
    semplicemente male..(1)
    Non poteva abbandonare la sua famiglia: era tutto quello che gli restava; né poteva lasciare la sua industria.
    La sua industria..
    E sorrise amaramente. Agli occhi di tutti, sarebbe rimasto sempre un fortunato e ricco industriale, che si era rialzato con successo dalla Grande Depressione.
    Mi basterà far finta d’essere vincente(1)
    Ma dentro di sé, sarebbe stato sempre e solo uno sconfitto.

    **********

    Un grigio mattino d’inverno vide il commiato simbolico degli Andrew a Flanny.
    Anche se la barbarie nazista aveva negato ad un marito persino di riavere indietro il corpo di sua moglie per dargli degna sepoltura, Albert volle lo stesso che fosse officiato un funerale simbolico, con un’altrettanto simbolica tomba vuota, nella parte del cimitero dove riposavano gli Andrew; a coprirla, una lapide con poche, asciutte parole:
    Flanny Edge Andrew
    1895-1943
    Veglia su di noi

    Una piccola foto completava la sobria lastra, una foto che la ritraeva giovane e sorridente, sul transatlantico che la riportava in America, dopo il matrimonio: una guerra da cui aveva fatto ritorno.
    Avvolto nel cappotto nero, l’affranto Albert si appoggiava ad un bastone; a sostenerlo, Candy e Patty, soprattutto Patty, che più di chiunque altro poteva comprendere il suo infinito dolore.
    .. E non so ancora, o non so bene
    se tutto questo è parte dello stesso amore(1)
    Adesso era solo veramente.
    A parte le parole, mi manchi da morire!(1)
    Aveva vissuto giorni sforzandosi di mostrarsi forte, a sé stesso ed agli altri
    Ho provato a non pensarti, a non pensare..
    .. ma il mondo continua a girare!

    E non serve fare finta di star bene
    o ripetersi che è tutto regolare
    che il mondo continua a girare!(1)
    Ma la notte, quando era solo nel loro grande letto, il dolore lo assaliva senza possibilità di difendersi, con tutta la sua devastante potenza.
    .. E mi manca la tua pelle
    .. E mi manca il tuo sapore
    .. E mi manchi..
    .. E mi manchi..(1)
    Un altro vedovo si aggiungeva all’infelice famiglia Andrew, un vedovo di guerra.

    Da lontano, una piccola figura intirizzita osservava la scena, singhiozzando in solitudine: il più piccolo fratello sopravvissuto di Flanny.


    (1)Pooh, Che vuoi che sia.
    (2) Entrata in guerra che sarebbe stata pochi giorni dopo, il 6 Dicembre 1941, in seguito all’attacco Giapponese a Pearl Harbour.
    (3)Il più bello dei pezzi di Glenn Miller, emblematico di quegli anni!
    (4)Altro pezzo di Glenn Miller.
     
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    CAPITOLO 27
    SOLO NEL MONDO


    Nota: il titolo del capitolo è ripreso da quello di una canzone dei Pooh.

    Gennaio 1944.
    Spento.
    Triste.
    Solo.
    Solo nel mondo(1)
    Albert tirò l’ennesimo sospiro, quasi a volersi liberare di quel peso che, da mesi ormai, gli opprimeva il petto.
    Ma sapeva bene che era inutile: non se ne sarebbe liberato mai.
    Da più di un’ora si stava sforzando di concentrarsi sulle cifre che aveva davanti, con scarso successo; l’azienda si era consolidata ed aveva aperto filiali in tutto lo Stato, la sua abilità come imprenditore era innegabile.
    Come uomo, gli era andata diversamente.
    Era un vedovo, nell’età in cui di solito due coniugi si stringono di più l’uno all’altra, iniziando a fare i primi bilanci di una vita.
    Come Annie. Come Patty.
    Anche loro erano sole.
    Il gelo che sentiva nel cuore si accompagnava sempre di più al ricordo straziante della forza di sua moglie, colei che era stata la sua forza interiore per più di vent’anni.
    Continuando a tenere la penna in mano, sollevò gli occhi, facendoli girare per quello che era divenuto il suo ufficio: una stanza ampia e luminosa in un piccolo edificio nel centro di Chicago, distante dagli stabilimenti; nello stesso palazzo si trovava una delle sedi della General Motors, di cui aveva conosciuto i dirigenti; ma anche nei loro occhi non aveva potuto fare a meno di leggere quella pietà compassionevole, che si riserva ad un uomo bello come un divo e solo come un eremita.
    Il suo nuovo ufficio.. mobili semplici e dal taglio moderno, ispirati al più puro Razionalismo(2).. nemmeno l’ombra di tutti i raffinati fronzoli del secolo precedente che erano stati il vanto della zia Elroy, un ventennio prima. Buona parte dei loro beni di allora, dopo tutto, aveva preso il volo ai tempi della Depressione.
    Una lunga scrivania in noce, con una poltroncina in pelle sempre scura, su cui sedeva; sopra la scrivania, una lampada dalle linee essenziali ed asciutte in ottone, e uno scrittoio in pelle marrone; lungo la parete laterale, una libreria pure in noce, con alcune statue stilizzate in bronzo; in fondo alla stanza, un divanetto dello stesso colore e materiale della poltroncina, affiancato da una svettante lampada ad arco di metallo chiaro.
    Quello era il suo regno.
    Tutta la sua vita; o meglio, ciò che ne restava.
    Lasciò andare la penna, e si passò le mani sul viso, stropicciandosi gli occhi; indossava un completo grigio chiaro, gilet e pantaloni su di una camicia azzurra con le maniche rivoltate sugli avambracci, in tinta con i suoi occhi; la stanchezza era visibile nel nodo della cravatta allentato, e nel lungo ciuffo di capelli ancora biondi spettinato.
    L’immagine di un uomo ancora bello, ma solo.
    Quel dolore implacabile ed implacato era oramai divenuto parte integrante della sua anima; non riusciva più a cercare uno scopo nella sua esistenza, una luce nel suo futuro: il suo futuro se ne era andato con lei.
    Cerco qualcosa che non c’è più..
    Cerco il mio pianto..(1)
    Ma i suoi occhi non riuscivano più nemmeno a dargli il sollievo delle lacrime: il dolore si era come fossilizzato, reso di pietra dalla forza che doveva mostrare alla sua famiglia, di cui era ancora il capo.
    .. Ma gli occhi miei non san pianger più!(1)
    La cosa che più gli appariva mostruosa era che la vita, la sua vita, avesse dovuto andare avanti, senza di lei.
    Ma perché
    il mondo gira attorno a me
    anche se lei non è più qui..(1)
    Ora, tanti interrogativi gli affollavano la mente: si chiedeva se non avesse ingannato sé stesso e lei, sposandola, poiché il suo cuore già allora apparteneva a quell’altra.
    Eppure, Flanny lo aveva amato: teneramente, appassionatamente.
    E anche lui l’aveva amata.
    L’altra era rimasta l’amore ideale, speciale, quasi irraggiungibile; lei era divenuta l’amore reale, quotidiano, sincero; quello pronto a dividere con te ogni attimo, bello o brutto che sia, ad affrontare insieme ogni situazione.
    Si era interessato sin dal primo istante a quella strana personalità, solo in apparenza fredda e distante, ma nel profondo bisognosa di affetto; si era innamorato subito della sua dolorosa storia, del suo difficile passato.. si era sentito unito a lei da un filo invisibile.
    No, forse in fondo non l’aveva ingannata davvero.
    E adesso, gli mancava da morire.
    Udì bussare alla porta dell’ufficio.
    “Avanti!”,
    “Posso?” una testolina con lunghi boccoli rossi si affacciò.
    L’altra.
    “Vieni pure, Candy. Siediti!”,
    “Ciao Albert. Oggi ho chiuso prima lo studio e ho pensato di venire a farti una visita, prima di andare a casa”,
    “Sei gentile”,
    “Come ti senti oggi? Sei riuscito a dormire stanotte?”
    Albert sussultò: aveva avvertito il calore della mano di lei sulla sua.
    Per non dare a vedere il proprio turbamento, decise di non sollevare lo sguardo dalle carte che stava esaminando.
    “Come al solito: sì e no”,
    la sentì che sospirava “Non posso darti altre pasticche: devi cercare di rilassarti di più”,
    “Non posso, Candy”, si prese la testa fra le mani.
    La donna lo osservò con dolcezza; lui riprese a parlare.
    “Ho sbagliato tutto, Candy: non avrei dovuto lasciarla partire! E’ solo colpa mia se se ne è andata!”,
    “Tu non hai alcuna colpa. Sai bene che sarebbe partita ugualmente, con o senza il tuo consenso; al contrario, se glielo avessi impedito, ti avrebbe disprezzato!”,
    “Ma così l’ho perduta!”,
    “No, Albert, non l’hai perduta: è stata una sua scelta, e nessuno di noi aveva il diritto di interferire; Flanny era fatta così: quando eravamo allieve infermiere, si offrì subito per partire come volontaria per la guerra!”.
    Lui annuì, la testa sempre presa tra le mani.
    Qualcuno bussò alla porta.
    Entrò la segretaria, una ragazza molto giovane con un paio di vistosi occhiali
    “Signor Andrew, c’è un signore mandato dal governo che desidererebbe parlarle”,
    “Dal governo?” Albert si stupì “Va bene, lo faccia passare”.
    Con un piccolo cenno della testa, la ragazza si congedò, lasciando entrare un uomo sulla quarantina, non molto alto e robusto, con dei ricci capelli castani.
    “Buongiorno Signor Andrew”,
    “In che posso servirla?” l’industriale gli tese la mano mentre Candy, dopo un cenno di saluto con la testa, aveva spostato la sua poltroncina per consentirgli di sedersi sull’altra di faccia al suo interlocutore.
    “Desideravo innanzitutto porgerle le mie condoglianze” -e Albert mormorò un sommesso “grazie” rabbuiandosi- “vengo per conto del governo federale”,
    “Questo mi era stato detto; ma per quale motivo?”,
    “Ecco, vede.. il governo è molto addolorato della perdita di tante giovani vite per la libertà in Paesi lontani; purtroppo sono perdite irreparabili, che neppure l’eroismo dimostrato riesce ad alleviare; sua moglie era una di queste, e posso solo immaginare che deve averle lasciato un grande vuoto. Dunque, per ricompensare, almeno in parte, l’eroismo di sua moglie, lei, in quanto vedovo di guerra, ha diritto ad una rendita da parte delle Stato”.
    L’uomo strabuzzò gli occhi “Co.. cosa? Il sacrificio di mia moglie mi viene ripagato.. con del denaro???”,
    “Ecco, Signor Andrew.. purtroppo non vi è modo di quantificare esattamente la perdita di ciascuna famiglia, e così la rendita è più che altro simbolica..”.
    Ma il funzionario aveva frainteso del tutto la reazione di Albert.
    “Non mi interessa se è simbolica o meno! Mia moglie era la mia compagna di vita! Come vi permettete di barattarla con del vile denaro? Se ha scelto di sacrificarsi, è perché credeva in ciò che stava facendo, e anch’io ci credevo! La vostra offerta mi offende profondamente, e ciò che è peggio, offende la sua memoria!!”,
    Solo nel mondo
    mi accorgo che
    non mi importa più..
    .. di tutto quello che non c’è più(1)
    “Ma Signor Andrew” balbettò l’altro “sappiamo che la signora era alle sue dipendenze.. lo prenda almeno come risarcimento per la manodopera perduta..”,
    “Ma di cosa parla? Quale risarcimento? Io ho abbastanza di che vivere, non ho bisogno del vostro aiuto! Non voglio sentire mai più parlare di questa storia, e non si permetta mai più di offendere il sacrificio di mia moglie!”,
    “Certo, certo Signor Andrew. Se preferisce così.. però..”,
    “Che altro c’è?”,
    “Ecco.. sua moglie ha meritato una medaglia al valore civile per il suo eroismo; si tratta di una medaglia alla memoria, ovviamente. Se volesse accettare almeno questa, le verrebbe consegnata durante una cerimonia per tutti i caduti a Washington, il prossimo Aprile”.
    Albert si calmò, “Sì, va bene. Mi faccia sapere l’indirizzo, e sarò presente”,
    “Bene, Signor Andrew; mi perdoni se le ho recato offesa, non era mia intenzione. Condoglianze ancora e buona giornata”.
    Detto questo, l’uomo uscì.
    Albert ricadde sulla scrivania, distrutto; prontamente, Candy gli fu vicino.
    “Albert.. non piangere, ti prego..”,
    “Oh, Candy.. sei l’unica che mi capisce davvero..”,
    “Albert, non lasciarti andare.. tu eri il mio eroe, così forte ed invincibile..”,
    “Non sono più il tuo eroe, Candy. Non sono più niente”,
    “Non dire così, ti prego! Noi tutti ti vogliamo bene, non sarai mai solo!”.
    Dentro di sé, l’uomo sorrise sarcasticamente; sapeva che questo non era vero.
    Solo nel mondo
    fino alla fine io resterò..(1)

    **********

    Candy stava finendo di preparare il pranzo, mentre Terry apparecchiava la tavola.
    “Ecco l’insalata”, disse lei portando a tavola una grossa ciotola “possiamo accomodarci”,
    “E Stear?”,
    “Oggi è a pranzo da Mary”,
    “Ah, quand’è così..”.
    I due coniugi si sedettero. Candy vedeva che il marito era molto teso, eppure aveva scelto proprio quel giorno per parlargli e tentare di riavvicinarsi a lui.
    Decise di provare con un argomento “neutro”.
    “Stavo pensando.. perché non mi fai assistere alle prove del tuo ultimo lavoro, domani?”,
    “No” rispose lui, secco,
    “Allora.. dopodomani?”,
    “Nemmeno! Né domani, né dopodomani!”,
    “Allora, dimmi un po’ tu quando..”,
    “Mai! Non puoi, e basta!”,
    “Terry..” cercò di prendergli una mano, ma lui si ritrasse bruscamente “Scusa, ma non ho più fame; vado a riposare un po’ prima di uscire”.
    Uscì dalla stanza dirigendosi in camera da letto, lasciando la moglie ferita e basita.
    Ma quando giunse in camera da letto, Terry tirò un violento pugno al cuscino.
    “Perché, Candy? Perché taci su quello che è successo con Annie? Tu lo sai benissimo, eppure taci! Perché fai finta di niente, perché?”.
    Si buttò sul letto; sentiva un incendio corroderlo dentro: l’incendio della propria colpa.
    Non si era mai perdonato quanto era successo, nonostante fosse finito; non si era perdonato di avere sfogato il proprio dolore con Annie, usando lei e tradendo la moglie; si sentiva meschino, indegno; e avrebbe preferito che lei glielo gridasse in faccia, che lo schiaffeggiasse, che gli facesse una scenata.. e invece, solo quel pietoso silenzio che aveva il sapore della commiserazione. Dunque, non era degno nemmeno di ricevere un giusto castigo per la propria colpa? Era soltanto compassione ciò che meritava da lei?
    Il carattere impetuoso dei suoi anni giovanili tornava ad emergere con forza.
    In sala da pranzo, Candy era rimasta da sola, in singhiozzi: possibile che avesse sbagliato ancora con lui? Lo aveva perdonato, sopportando il tradimento come una conseguenza quasi inevitabile di quello che lui aveva sofferto; in che cosa sbagliava ancora?
    “Non ti capisco più, Terry” mormorava.
    Solo nel mondo
    cerco qualcosa che non c’è più(1)

    **********

    Aprile 1944.
    Il grande edificio era illuminato a giorno per quell’occasione speciale, che di festa aveva solo l’apparenza.
    Guardandosi attorno, Albert vide decine e decine di visi mesti e di vesti a lutto: le famiglie dei soldati e degli altri civili caduti in quella terribile guerra.
    Tutti avevano ricevuto il loro triste premio, come adesso stava facendo lui, stringendo la mano al deputato che gli porgeva nell’altra la medaglia in memoria di Flanny.
    “Grazie per il valore che lei e sua moglie avete dimostrato alla Patria”, gli stava dicendo; lui lo ascoltò appena, prendendo quell’oggetto per lui privo di senso, e tornando poi al suo tavolo, tra gli applausi scroscianti di rito.
    Mentre tornava a sedere incrociò lo sguardo di Candy, seduta accanto al marito e agli altri familiari; si osservarono per un lungo attimo, amaramente.
    Per tutta la sera, quasi nessuno di loro aveva detto parola; la cena era stata quanto mai lugubre.
    Poi, verso la fine, Albert si alzò per andare a prendere un po’ d’aria sul terrazzo.
    Venne raggiunto poco dopo da un’altra persona che udì singhiozzare; si voltò e riconobbe Candy.
    “Candy.. cosa fai tu qui?”,
    “Quello che ci fai tu: prendo aria!”,
    “Si soffoca là dentro, eh?”, provò a scherzare lui,
    “Non sai quanto!” rispose Candy, che era invece reduce dall’ennesimo scontro con il marito,
    “No, Candy, tu non devi piangere: non ne hai motivo!”,
    “Sì che ce l’ho! Anch’io piango una perdita!”,
    “Ma cosa vai dicendo? Terry è di là che ti starà cercando”,
    “Non mi sta cercando affatto, credimi!”,
    “Candy..”,
    “Siamo soli, Albert. Tutti e due!”.
    Solo nel mondo
    fino alla fine io resterò(1)
    Albert fece per rientrare, ma si bloccò; qualcosa attirò gli occhi di lei nei propri.
    Non seppero dire come accadde, ma un minuto dopo, si stavano baciando.
    Forse, il dolore che ciascuno leggeva negli occhi dell’altro.
    E intanto, era iniziato a piovere.
    Cade la pioggia..(1)






    (1)Pooh, Solo nel mondo.
    (2) Corrente artistico/architettonica degli Anni 1920-’30.


    ..................................................................................



    CAPITOLO 28
    THE WAY WE WERE


    Nota: il titolo del capitolo è ripreso da quello della famosa canzone omonima di Barbra Streisand.

    Agosto 1944.
    Candy si rigirò nel letto, inquieta: non era riuscita a rilassarsi nemmeno per un attimo.
    Osservò la tenue luce del crepuscolo che filtrava tra le imposte socchiuse.. e sentì un macigno calarle sul cuore.
    Avvertì un braccio circondarle la vita nuda “Non sei riuscita a dormire nemmeno tu, non è così?”; lei scosse la testa.
    “Ti capisco; io ho fatto lo stesso” Albert la fece girare verso di sé,
    “Non è giusto, Albert: stiamo sbagliando tutto!”,
    “Lo so. Ma cosa altro possiamo fare? Ci siamo caduti!”.
    Quella storia clandestina andava avanti da quattro mesi ormai: all’inizio si era trattato solo di incontri sporadici, per lo più a Palazzo Andrew che era quasi sempre deserto, dato che tutti rientravano dal lavoro verso la sera; non avrebbero saputo dire come e perché fosse iniziata, ma si erano sentiti come calamitati l’uno verso l’altra, e col passare del tempo non avevano più potuto farne a meno.
    Nonostante i sensi di colpa reciproci.
    Candy non faceva che pensare a Terry, che immaginava ignaro di tutto in teatro.
    Albert continuava a ricordare Flanny, chiedendosi se lui avrebbe agito nella stessa maniera qualora lei fosse stata ancora lì: la risposta era no.
    Quella loro follìa, che li attirava inesorabilmente come due calamite l’uno nelle braccia dell’altra, tuttavia li distruggeva. Lui non poteva negare a sé stesso di amarla e di averla amata per una vita, mettendola su quel piedestallo dove si mettono gli ideali perfetti, e sul quale era sicuro sarebbe rimasta per sempre, finché nella sua vita era non entrato l’amore concreto di Flanny; ma evidentemente, se i sogni e gli ideali esistono, è perché una qualche relazione con la realtà ce l’hanno.
    Lei.. rideva, nella sua assurda confusione, ora che aveva più di quarant’anni, e si ritrovava come amante colui con cui trent’anni prima aveva diviso la casa, colui che l’aveva confortata per la perdita del suo grande amore, il quale adesso era suo marito.. colui di cui aveva forse troppo affrettatamente rifiutato una proposta di matrimonio.
    “Sai che c’è?” disse Candy “E’ tutto sbagliato, perché fuori tempo. Se fosse accaduto trent’anni fa, forse.. avrebbe anche potuto essere giusto!”,
    “Sai bene che non sarebbe mai accaduto”,
    “Sì. C’era sempre Terry tra noi”
    Memories
    light the corners of my mind
    misty-water colored memories
    of the way we were(1)
    “E proprio adesso che c’è veramente, invece.. ho il coraggio di fargli.. questo!”;
    Albert sorrise amaramente “Non vorrei. Ma non posso farne a meno. E’ più forte di me”,
    “Per me è lo stesso”.
    Candy rifletté che Albert faceva l’amore in modo molto diverso da Terry: era più dolce, laddove Terry era più passionale ed impetuoso.
    Perché continuavano a soddisfare il corpo per straziare l’animo? Perché non riuscivano a dire no a quella folle attrazione, che sapevano avrebbe distrutto entrambi?
    Forse perché in parte ne traevano sollievo.
    “Anche lui mi ha tradita”,
    “Che?”,
    “Con Annie”,
    “E tu.. lo sapevi?”,
    “Sì, l’ho sempre saputo”,
    “Ma perché non hai..”,
    “Fatto qualcosa? Avrei dovuto dividere due disperazioni che si sostenevano a vicenda?”,
    “Come noi adesso”,
    Candy sospirò e posò la testa sul petto di Albert “Terry non è più quello di un tempo: stare divisi ha distrutto la nostra vita per anni, e minato quella felicità che avremmo potuto avere; non riesce a perdonarmi il mio passato senza di lui; e non riesce a perdonare sé stesso per questa gelosia”,
    “Cerchi in me quel conforto che lui non sa più darti”,
    “Non so cosa cerco”,
    “La mia non era una domanda, era un’asserzione”.
    Candy si tirò su a sedere e cercò i propri abiti sulla poltroncina di fronte al letto.
    “E tu? Ti senti solo senza Flanny?”,
    “Sì: solo ed in colpa. Non avrei dovuto lasciarla partire da sola; dovevo andare con lei”,
    “L’amavi?”,
    “Credo di sì. Ma ho sempre amato anche te. La vita ci fa fare dei giri incredibili a volte, solo per farci ritrovare di nuovo allo stesso punto”.
    Lei si alzò “Forse ho davvero sbagliato tutto. Dovevo accettare la tua proposta. Dovevo dirti di sì allora”,
    “No, non avresti dovuto; e sai il perché? Avresti passato la vita a rimpiangere di non avere avuto lui. Una vita di rimorsi e ripensamenti fa male, Candy”,
    “Perché, adesso cosa c’è di diverso? Io e Terry ci stiamo facendo male a vicenda.. per cercare conforto o per punire l’altro, ma ci stiamo facendo del male”.
    Silenzio.
    Poi lei riprese “Se solo non ci avessero diviso, tanti anni fa.. quella frattura ha spezzato le nostre vite, le ha rese diverse da quelle che avrebbero dovuto essere..”,
    “Che senso ha parlarne ora?”,
    “Hai ragione: nessuno!”.
    Albert si alzò e iniziò a vestirsi a sua volta “Tu lo ami ancora”,
    “Non lo so. Non capisco più chi amo. Forse entrambi. Forse nessuno dei due. Forse solo l’idea di me e lui allora”.
    Scattered pictures
    of the smiles we left behind
    smiles we gave to one another
    for the way we were(1)
    “No, Candy: non devi amarmi per vendicarti!”, la abbracciò,
    “Non mi sto vendicando. Non ho voglia di vendicarmi. Non ho niente per cui vendicarmi”.
    Si staccò dall’abbraccio di lui, e andò verso la porta.
    Lui la osservò uscire, poco dopo salire sulla sua auto parcheggiata davanti all’ingresso, partire e andare via.
    Si risedette sul letto e accese la radio, che dava le ultime notizie sulla guerra, con sottofondo di swing.

    **********

    Ottobre 1944.
    Stear era raggiante: per la prima volta, alcune sue opere venivano esposte in una mostra; vero era che si trattava di una mostra di diversi giovani talenti e non di una mostra personale, ma era pur sempre un inizio.
    Accanto a lui Mary, anche lei in mostra.
    Candy osservò i due ragazzi, col cuore colmo di nostalgia: erano l’immagine stessa della gioia di vivere e della fiducia nel futuro, nonostante la guerra.
    Stavano parlando con Albert.
    “.. E quando pensate di sposarvi?” chiedeva lui,
    “Appena dopo il diploma di entrambi, zio; io e Mary dovremmo iniziare a lavorare con alcune gallerie d’arte”.
    Quasi a rimarcare le sue parole, Mary gli si aggrappò al braccio, sorridendo.
    Candy sorrise a sua volta: vederli così uniti le ricordava lei e Terry in tempi ormai lontani, tempi di cui serbava una struggente nostalgia.
    Si voltò a cercare con gli occhi il marito; ma nella grande sala dalle pareti sui toni del bianco, spezzato solo dai colori vividi dei quadri ed illuminato da faretti sul soffitto, non lo trovò.
    Vide diverse coppie, con uomini in marsina e donne in eleganti abiti longuette e visi ingioiellati e truccati.. famiglie altolocate su cui il tempo era passato inesorabile.. i Dowie, marito e moglie, ormai invecchiati ma sempre allegri.. il deputato Boyle con il figlio in divisa da college..
    In fondo alla sala, l’orchestrina stava suonando American Patrol(2).
    Poi, lo vide: se ne stava in un angolo da solo, a fumare, i lunghi capelli legati in una coda, con alcune ciocche ribelli che sfuggivano, andando ad incorniciare i grandi occhi blu, appena solcati da impercettibili rughe.
    Abbassò gli occhi, incapace di reggere il suo sguardo; Albert le passò accanto, i due si scambiarono un lungo e sofferto sguardo, silenzioso ma carico di parole.
    Can it be that it was all so simple then
    or has the time rewritten every line
    if we had the chance to do it all again
    tell me, would we, could we..(1)
    Ma anche a distanza, Terry non era cieco.
    Lui aveva capito.
    Che ti aspettavi, idiota? Era naturale!!, si diceva.
    Dopo il solco venutosi a creare tra lui e la moglie, poteva ancora sperare che lei gli fosse fedele? Non credeva nelle favole!
    E chi altri, se non l’amico di una vita, colui con cui c’era da sempre un’intesa perfetta, poteva essere il suo rivale?
    Terry non se ne stupiva.
    E non si sentiva in diritto di far nulla.
    In fondo, anche lui non aveva fatto lo stesso? E il suo sbaglio non era forse stato la migliore amica della moglie? Non aveva forse commesso lo stesso identico sbaglio?
    Guardò Annie, al braccio del genero Frank: il suo viso non aveva più abbandonato quell’espressione di rassegnazione, dal giorno della morte di Archie.
    Siamo tutti uguali.. tutti sconfitti!!, pensò spegnendo la sigaretta.

    **********

    Capodanno 1945.
    L’ennesimo applauso corse per la sala; gli Andrew vi si unirono.
    Era un’occasione speciale, quella: una cena per ringraziare gli industriali che, con i loro rifornimenti, sostenevano le forze armate al fronte.
    Una grande sala, illuminata a festa e addobbata con festoni colorati e scritte “1945”, ospitava la festa; tavoli con lunghe tovaglie bianche, candelabri d’argento, vini pregiati; ogni tanto, una risata femminile argentina attraversava l’aria.
    Non poteva mancare la musica, naturalmente: l’orchestra suonava You’re dangerous(2).
    Ma al tavolo degli Andrew, nessuno si stava divertendo.
    L’atmosfera era pesante: tutti mangiavano tenendo gli occhi fissi nel piatto, o volgendoli in giro per la sala; fu Estella a cercare di vivacizzarla, mentre l’orchestra intonava Perfidia(2).
    “Zia Candy, vorrei fare l’annuncio, se a te non dispiace”,
    “Ma certo cara!”,
    “Cosa devi comunicarci, Estella?”, si sforzò di sorridere Albert,
    “Ecco.. volevo dirvi che nell’anno che entra tra poche ore inizierò il mio praticandato, nello studio di zia Candy!”,
    “E’ una notizia magnifica! Complimenti, cara!” commentò Terry,
    “Grazie zio”.
    Dopo cena, si erano aperte le danze.
    L’orchestra era passata a Yours(2).
    Albert illustrava a Frank, il suo successore designato, i particolari della produzione; ma vedendo alcune coppie che volteggiavano sulla pista, si volse alle donne del tavolo, chiedendo “Qualcuna vuole ballare?”; osservava in modo particolare Patty ed Annie.
    Ma Patty invece disse “Candy, perché non balli tu?”; lei rimase interdetta.
    “Ecco.. veramente.. io..”;
    Si scambiò uno sguardo con Albert, il quale era in imbarazzo quanto lei, e si era pentito di essersi alzato in piedi, sentendo le parole di Patty.
    A sorpresa, si intromise Terry “Sì, Candy, vai pure a ballare con Albert!”.
    La donna rimase scioccata nel sentire il tono di lui: aveva un che di sarcastico, di provocatorio..?
    Un opprimente senso di vergogna e di colpa le stringeva il cuore; tenendo gli occhi bassi, prese la mano che Albert le porgeva, incrociando per un istante gli occhi di lui, e leggendovi la stessa propria sofferenza.
    Due anime alla gogna si muovevano in mezzo ad una ridda di lustrini e risa, che avrebbe voluto coprire i bagliori della guerra.
    Seduto al tavolo, Terry li osservava, un sorriso amaro sul viso e l’ennesimo mozzicone di sigaretta tra le dita.
    Magnifico! Ecco come le vite di un’intera famiglia vanno in frantumi!
    Scambiò un sofferto sguardo in tralice con Annie, seduta al capo opposto della tavola: uno sguardo che sapeva di colpa antica e comprensione reciproca.
    What’s too painful to remember
    we simply chose to forget..(1)
    Sulla pista, Candy si appoggiava leggermente al petto di Albert, senza trovare il coraggio di guardarlo in faccia.
    “Non stringermi così, ti prego!”, gli sussurrò.
    Un ballo, un giro di valzer della vita, in mezzo a rovine fatiscenti di esistenze ormai alla deriva.
    La musica finì.
    Candy scivolò come una farfalla, via dalle braccia di Albert, cercando di trattenere le lacrime, e corse verso il parco; tirò un forte respiro, alzò gli occhi verso il cielo trapunto di stelle; due voci allegre attirarono la sua attenzione: una coppia stava rientrando nella sala, dopo una romantica passeggiata notturna.
    Nella sala, Albert era rimasto in mezzo alla pista insieme ad altri, applaudendo l’orchestra.
    Ma entrambi avevano un solo pensiero: Ma che stiamo facendo?











    (1)Barbra Streisand, The way we were:
    Ricordi
    illuminano gli angoli della mia mente
    ricordi con colori sfumati da acquerello
    di come eravamo
    Foto distrutte
    dei sorrisi che ci siamo lasciati dietro
    sorrisi che ci siamo dati l’un l’altra
    per come eravamo
    Può essere che fosse tutto così semplice allora
    o il tempo ha riscritto ogni cosa
    se avessimo l’occasione di rifare tutto ancora una volta
    dimmi vorremmo, potremmo?

    Ciò che era troppo doloroso da ricordare
    Abbiamo semplicemente scelto di dimenticare..

    (2)Bellissimi pezzi di Glenn Miller, emblematici di quegli anni.
     
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    CAPITOLO 29
    DAMMI SOLO UN MINUTO


    Nota: il titolo del capitolo è preso dall’omonima canzone dei Pooh.

    Aprile 1945.
    Le note di Stardust(1) si spandevano nell’aria del piccolo ufficio, assieme al fumo della sigaretta.
    Gli occhi color blu intenso dell’uomo scorrevano lentamente e distrattamente intorno, per la stanzetta che era divenuta ormai da tempo il suo ufficio personale; con un’ironia che sapeva di amarezza, si ritrovò a pensare che l’esser solo era sempre stata una costante fissa nella sua vita.
    Forse era stata proprio questa costante negativa ad assestare il colpo definitivo alla sua storia con Candy.. il suo carattere così chiuso, la sua ingiustificata gelosia verso un passato che aveva cessato di essere da tempo, l’avevano allontanata da lui, forse in modo irrimediabile; socchiuse gli occhi, pensando che, in fondo, il vero problema era che l’aveva con sé stesso.. lui, che aveva permesso che lei lo lasciasse a Susanna senza batter ciglio.. in fondo al suo cuore quel senso di colpa contro sé stesso si era silenziosamente trasformato in una violenta avversione per l’idea che lei stesse avendo un’altra vita, lontana da lui; e di quella vita, seppur finita, non sopportò più di vedere nemmeno i segni, dopo.
    Tutto ciò l’aveva portato ad un perenne masticare amaro, che, unitamente alla sua inabilità a darle dei figli, aveva chiuso il suo carattere, già irritabile e scontroso, dentro ad uno scrigno d’acciaio.. con tutto ciò che ne era seguìto!
    Compresa la relazione con Albert.
    Lui era il suo esatto contrario: aperto laddove lui era chiuso; sorridente laddove lui era corrucciato; pieno di tenerezze laddove lui era invece prigioniero dei propri fantasmi.
    Candy stava volando via, e la colpa era soltanto sua.
    Ben presto gli sarebbe sfuggita, e lui? Cosa avrebbe potuto fare?
    Nulla.
    “Il direttore artistico?” sentì una voce di donna provenire dal corridoio,
    “L’ultima porta a sinistra”, rispose la voce di un ragazzo; alcuni passi si avvicinarono all’ufficio; poco dopo, qualcuno bussò.
    “Avanti!” rispose lui.
    La porta si aprì ed entrò Annie, in completo marrone e stola di volpe con cappello in tinta.
    “Siediti” le disse lui senza nemmeno alzarsi,
    “Non è necessario. Sono venuta solo per parlarti, Terry”,
    “E non puoi farlo sedendoti?” si alzò a quel punto lui.
    Si fronteggiarono, separati soltanto dalla scrivania.
    Lo so
    so tutto, non parlare più..(2)
    “Non permetterlo, Terry” sbottò lei senza tanti preamboli,
    “Che cosa non dovrei permettere, di grazia?”,
    “Lo sai benissimo: che tra te e Candy finisca tutto!”,
    “E da quand’è che ti preoccupi così tanto di lei?”,
    .. ma crederci non voglio!(2)
    “E’ la mia migliore amica, da sempre. L’ho vista soffrire per anni, e poi rinascere quando ti ha ritrovato; ecco perché non voglio che sprechi la sola cosa che ha saputo donarle gioia!”,
    “La cosa di cui parli non c’è più da un pezzo, anzi forse non c’è stata mai; Candy era innamorata dell’idea di noi due assieme, che a quanto sembra non ha resistito al confronto con la realtà; era Albert il suo uomo ideale”,
    “Come puoi parlare così? Tu, che per anni hai sofferto quanto lei, adesso non provi neanche a riprendertela? Lasci andare tutto così, senza lottare?”,
    “Non c’è niente per cui lottare, Annie: lei ha scelto un altro, ed io non posso certamente costringerla con la forza a tornare indietro. Il nostro rapporto è in frantumi da anni.. e se non sbaglio, noi abbiamo dato una grossa mano, perché fosse così!”.
    Annie lo schiaffeggiò.
    “Non ripeterlo mai più!”.
    Terence rimase ad accarezzarsi la guancia offesa; lei, dopo averlo osservato per qualche minuto con sguardo infuocato, si diresse verso la porta, salvo girarsi un’ultima volta, per gridargli “Non ti riconosco più!”; poi uscì, sbattendo la porta.
    Alla radio, il programma musicale era stato interrotto per annunciare il suicidio di Hitler ed Eva Braun a Berlino, che sanciva la fine del conflitto armato in Europa(3).

    **********

    Novembre 1946.
    Candy non riuscì a trattenere un gridolino di piacere: la passione di Albert sembrava incontenibile.
    “Fai.. piano”, gli sussurrò
    “Non.. c’è.. nessuno”, le rispose lui.
    Lei si aggrappò alle spalle dell’amante, chiudendo gli occhi e abbandonandosi alle sensazioni che provava.
    Spinte vigorose, anche troppo.. si sentì in colpa per il piacere che provava.
    In colpa verso Terry.
    La portò all’apice strappandole un ennesimo, acuto grido.
    Esausto, Albert si rigirò sulla schiena; lei gli si accoccolò sul petto.
    “Che ti è preso oggi?”,
    “Scusa, non intendevo farti male”,
    “Non me ne hai fatto; è solo che sei stato.. troppo..”,
    “Scusami, lo so”, lui le accarezzò i capelli, una massa di fuoco rosso sparsi sul suo torace nudo,
    “Non avrei voluto spingermi tanto oltre.. con te”.
    Albert strizzò gli occhi: capiva cosa voleva dire con quelle parole.
    Lo so
    so tutto, non parlare più..
    Lo so che forse è meglio
    .. ma crederci non voglio!
    Non c’ero preparato!(2)
    “Non possiamo sperare che duri in eterno; lo sai, vero?”, Candy si sollevò sulle braccia per guardarlo negli occhi
    Ci vuole fiato
    a dirti
    addio!(2)
    Albert annuì.

    **********

    Luglio 1947.
    “Auguri agli sposi! Viva i Signori Strong!!”.
    Una pioggia di petali di rose bianche e rosa accompagnò l’uscita della coppia dalla chiesa: Stear e Mary, sorridenti e felici, sembravano l’immagine vivente della vita che riparte in barba alle rovine della guerra.
    Appena diplomati, adesso pure appena sposati, avevano davanti una vita da costruire in un mondo da ricostruire.
    Inutile dire che gli applausi di Candy e Albert erano ovattati dalla malinconia.
    Per tutto il tempo della cerimonia, non ebbero nemmeno il coraggio di guardarsi in viso; al ricevimento, organizzato al Plaza, furono però costretti a sedersi allo stesso tavolo, quello dei parenti dello sposo.
    Patty appariva insolitamente felice, e non smetteva un attimo di parlare con Terence, che le sorrideva e le rispondeva con cortesia.
    “Uhh! Stanno suonando In the mood.. fammi ballare, dài! Me lo permetti, Candy?”,
    “Certo, fa’ pure”.
    La coppia improvvisata lasciò il tavolo.
    Annie era andata a discutere con i futuri datori di lavoro di Stear e Mary, due fratelli, che gestivano in società una galleria d’arte, ed avevano preso a benvolere i due ragazzi.
    Frank ed Estella stavano ballando pure loro.
    Albert e Candy erano seduti da soli al tavolo.
    “Non ce la faccio!”, la donna stava per accasciarsi sul tavolo,
    “Un po’di contegno, Candy! Vuoi che ti vedano?”, lui le strinse la mano sotto il tavolo,
    “Ma come fai a comportarti come prima.. come se non ci fosse niente.. io mi sento devastata.. per quello che gli stiamo facendo.. e che stiamo facendo a noi stessi.. è tutto un inganno.. io non so più chi amo veramente..”.
    Albert le strinse più forte la mano, senza parlare.
    “Non può più continuare.. deve finire.. facciamola finita, Albert!”,
    “Non posso! Non so fare a meno di te, Candy!”,
    “Non dire questo.. ti prego, taci!!”.
    E’ il giorno più normale
    ma io sto male.. male..(2)
    “Dobbiamo esser forti, Albert: per il bene di tutti e tre!”,
    “Sì, ma non adesso: non ce la farei!”,
    “Nemmeno io.. altri sei mesi.. solo altri sei mesi, e poi finirà tutto.. porremo un freno a questa follìa!”
    Dammi solo un minuto
    un soffio di fiato
    un attimo ancora!(2)
    “Sì, va bene.. faremo come vuoi.. ma ora dimentichiamo.. sei mesi sono così lunghi.. c’è una vita nel mezzo!”
    Stare insieme è finito
    abbiamo capito
    ma dirselo è dura!(2)
    Sotto quelle luci artefatte, avrebbero voluto che quel tempo non passasse mai.

    **********

    Gennaio 1948.
    L’ultimo incontro.
    Palazzo Andrew deserto; un pomeriggio piovoso.
    “Sii mia, per l’ultima volta!”, furono le parole di lui, mentre la spogliava con urgenza febbrile.
    Candy fece altrettanto.
    Il loro cadere su un letto di spine, che una volta era stato di rose, era sconvolgente come un uragano, che tutto distrugge, lasciando dietro di sé solo distruzione e rovine.
    Frantumi.
    E’ stato un bel tempo il mio tempo
    con te(2)
    Le umide scie della bocca di lui, che bruciavano come ferro incandescente sul collo e sul seno.. il desiderio inarrestabile di suggere il più possibile dell’essenza di lei dai suoi rosei boccioli, per riscaldarsi al ricordo quando nulla sarebbe più stato tra loro..
    Quello scivolare l’uno nell’altra, urgente ed impetuoso.. e sussultare insieme, gridare, chiamandosi..
    Dammi solo un minuto
    un soffio di fiato
    un attimo ancora!(2)
    Albert accettò senza un lamento il doloroso marchio delle unghie di lei sulla propria schiena, mentre la prendeva in profondità.
    Candy si inarcò contro il corpo di lui, donandoglisi tutta per l’ultima volta.
    E il grido finale, liberatorio ed acuto, che somigliava troppo ad un addio.
    Rimasero abbracciati ancora un poco, nella luce grigiastra del crepuscolo.
    “Ti amavo..” fu tutto quello che lui riuscì a dire.
    Noi tranquilli e lontani
    ognuno per sé
    piangeremo domani(2)
    Da quel momento in poi, tutto era finito. Perché doveva esserlo.
    Niente più parole, né gesti, né ricordi; solo un segreto, chiuso per sempre dentro a due cuori feriti.
    Soltanto amici, come un tempo.
    Questi erano i patti.


    (1)Qui nella versione del 1941, di Glenn Miller o di Artie Shaw.
    (2)Pooh, Dammi solo un minuto.
    (3)Il conflitto finì definitivamente il 2 Settembre di quell’anno, con la resa del Giappone.


    .........................................................................................................


    CAPITOLO 30
    PER TE QUALCOSA ANCORA


    Nota: il titolo del capitolo è ripreso da quello di una canzone dei Pooh.

    Giugno 1948.

    Il Piano Marshall(1) era in pieno svolgimento; in seguito a ciò, dappertutto, affaristi Americani presentavano progetti di investimento ora in questo, ora in quel Paese d’Europa.
    Albert non era da meno: da un po’ di tempo, aveva allargato il suo giro d’affari anche ai prodotti tipici della cucina straniera, che importava con grande profitto a Chicago.
    In particolare, si era specializzato nei prodotti provenienti dall’Italia. Non si trattava solo di ragioni economiche, ma soprattutto affettive: cercare di far conoscere nel suo Paese le tradizioni e le abitudini, almeno alimentari, del Paese a cui sua moglie Flanny aveva donato la propria vita, era in un certo senso un modo per renderle omaggio, continuando la sua opera di aiuto verso quella terra che aveva tanto amato, fino all’estremo sacrificio della vita.
    E forse, era anche un modo per acquietare il proprio senso di colpa verso di lei.
    Non riusciva a perdonarsi di essere diventato l’amante di Candy, appena un anno dopo la sua scomparsa.. non si era mai perdonato per quei sentimenti che provava verso Flanny, che ora gli apparivano più simili ad un senso di abnegazione verso una persona in grandi difficoltà che all’amore vero e autentico.. perché quell’amore, ora lo ammetteva, lo aveva provato soltanto per Candy.
    Si sentiva due volte in colpa verso Flanny: per averla sposata senza amarla davvero, e per averla tradita dopo morta.
    Candy.. era stato l’angoscioso pensiero di lei al fronte, trent’anni prima, a spingerlo a partire a sua volta per l’Europa, dove aveva conosciuto Flanny.. ed era stata la volontà di dimenticare Candy che lo aveva spinto a costruirsi nella sua volontà un amore salvifico verso quella sfortunata ma coraggiosa infermiera dall’aspetto fintamente severo.
    E quando era diventato l’amante della donna dei suoi sogni.. sulla sua vita era già passata l’ala scura della morte, che si era portata via la sua sposa, tramutando quella insperata relazione in una sorgente inesauribile di colpa; per non parlare della colpa verso Terry, il suo amico da sempre..
    Anche la sua vita era, a ben vedere, un campo sconfinato di frantumi!
    Ed era da quei frantumi che aveva desiderato fuggire.
    Per quella ragione principalmente, si trovava lì, a Roma.
    In cuor suo sperava di potere, almeno in parte, chiedere il perdono della moglie da Lassù, proseguendo nell’opera iniziata da lei: aiutare quel Paese in difficoltà, adesso economica.
    E poi, allontanarsi per almeno un anno con la scusa del lavoro, lo avrebbe aiutato a dimenticare Candy e la loro storia clandestina, mantenendo così fede ai loro reciproci patti.
    Ma riuscirvi era tutt’altra cosa.
    Il suo pensiero continuava a torturarlo col ricordo di quegli attimi proibiti di loro due insieme, sebbene fossero ormai passati sei mesi dalla loro divisione, ed in tutto quel tempo tra loro due non ci fosse stato più niente di diverso da una formale cortesia, che sfociava a volte in un palese distacco: si erano incontrati solo in occasioni di famiglia, e sempre in presenza di altri; mai erano rimasti da soli a parlare.
    Ti ringrazio del pensiero
    non sapevo se
    fosse giusto rivedersi..(2)
    La cosa peggiore era che lui leggeva negli occhi di lei la stessa sua tristezza: era evidente che il distacco era stato doloroso per entrambi. No, bisognava fare qualcosa! Qualcuno doveva prendere l’iniziativa per chiudere ogni porta agli errori del passato!
    Aveva scelto di farlo lui stesso.
    Per questo adesso si ritrovava seduto ad un tavolo in un’enoteca con un tipo ingiaccato che parlava un pessimo Inglese, e che gli porgeva una bottiglia da visionare.
    “Se le piace, potremmo iniziare una produzione in serie per il mercato Statunitense”, gli stava dicendo;
    Albert annuiva “Ve la pagherei bene, sono una persona onesta, non un rapace che pensa solo al guadagno”,
    “E’ un vero piacere lavorare con Lei, Signor Andrew!”.
    I due uomini si alzarono, e si strinsero la mano; poi Albert disse “C’è ancora qualcosa che vorrei chiederle”,
    “Certo, dica pure!”,
    “Ecco.. saprebbe dirmi se da queste parti si trova..” fece il nome del luogo menzionato nella lettera come sede dell’attentato fatale per Flanny. L’altro impallidì
    “Perché me lo chiede? C’è stato un eccidio laggiù, durante l’occupazione, sa?”,
    “E’ proprio per questo che glielo chiedo: desidererei vedere.. la fossa comune dove sono stati seppelliti i corpi dei partigiani vittime di quell’eccidio”,
    “Conosceva qualcuno di loro per caso?”,
    “Sì” abbassò lo sguardo divenuto all’improvviso triste,
    “Io personalmente non saprei dirle con precisione, cercavo di starne fuori per paura.. però mio fratello ha fatto da staffetta per molte volte, forse ne sa qualcosa di più; se attende qui, posso chiamarlo”.
    Albert si risedette, e l’uomo sparì nel retrobottega, da dove ritornò poco dopo accompagnato da un altro uomo più anziano.
    “Le presento Gianni, mio fratello”,
    “Molto piacere” gli strinse la mano; quello chiese “Cosa desiderava sapere?”;
    Albert tirò fuori una foto di Flanny e gliela porse “Questa donna.. era con voi durante la guerra, vero?”,
    l’altro si illuminò vedendola “Ma certo: Flanny, la dottoressa Americana! Ha salvato una delle nostre combattenti dal tifo! La conosceva?”,
    “Era mia moglie” rispose mestamente Albert,
    “Le faccio le mie condoglianze; era una persona valorosa e coraggiosa come non ce ne sono: qui la ricordiamo tutti!”;
    Albert sentì una stretta al cuore “Io.. desideravo.. vedere il luogo in cui è stata.. seppellita”,
    “Ma sicuro, ce la porto subito! E’ in campagna, fuori città!”.

    Il furgoncino con a bordo Albert e il signor Gianni si fermò presso un piccolo campo di fieno; il più anziano spense il motore.
    “Ecco: si trova laggiù, dietro quelle rocce: c’è un campo fiorito che ha ricoperto.. in questo modo, abbiamo voluto salutarli!”,
    “Capisco”, Albert scese dal furgone e si avviò verso il luogo indicato.
    Lo raggiunse facilmente: era una immensa distesa di fiori di campo multicolore che si perdeva all’orizzonte.
    Con gambe tremanti e un groppo nella gola, Albert avanzò sul campo “Flanny.. è stato qui..”.
    Ma dopo pochi passi, cadde a terra, singhiozzando “Perdonami.. perdonami..”.
    Pianse e pianse, fino a sentirsi venire meno il respiro, fino a svuotare il suo petto da quell’immenso macigno che da quel giorno lo aveva sempre oppresso.
    Poi, si ricompose e si rimise in piedi, ammirando la distesa dei rossi, dei rosa, dei gialli, dei blu.
    “Hai visto, Flanny? In questo Paese che tu amavi tanto la primavera sta già arrivando.. e siamo ancora alla fine di Gennaio”.
    Si inginocchiò, strappando alcuni fili d’erba; se li mise in tasca, come simulacro di quel corpo su cui non aveva potuto piangere; poi lanciò un ultimo sguardo di addio alla valle,e tornò al camioncino, dove il signor Gianni stava tranquillamente fumando un sigaro; inforcò gli occhiali da sole per nascondere gli occhi gonfi e disse “Possiamo andare, se vuole”.
    In qualche modo, le aveva detto addio.

    **********

    Gennaio 1949.
    “Sorridete!”, alle parole del fotografo seguì il lampo del flash.
    Estella e Frank, belli e sorridenti, avevano posato per quella foto ricordo con il loro bambino nato da poco, Steven; anche Terence e Candy erano naturalmente presenti all’occasione.
    “Tesoro! Auguri a tutti e due” la abbracciò la novella nonna Annie.
    Frank discuteva invece con Candy e Terry.
    Ormai, il giovane era diventato il braccio destro di Albert, e da circa un anno, il suo sostituto, dato che lui non era ancora rientrato dall’Italia.
    Estella invece era la più fidata collaboratrice di Candy.
    “Estella, amore” chiamò il novello padre,
    “Sì?”,
    “Quando dovrebbe tornare tuo zio dall’Europa? Terry vorrebbe saperlo”,
    “Tra un paio di mesi, credo; ma tu dovresti saperne più di me a riguardo!”,
    “Questo non me lo aveva specificato quando è partito; ma so che può averlo fatto successivamente, in una delle lettere che manda di tanto in tanto a tua madre”,
    “Infatti, è proprio così”.
    Candy sentì una stretta al cuore: lo stesso cuore che era rimasto in balìa dei dubbi riguardo ai suoi sentimenti; alzò lo sguardo verso il marito, e non poté negare di provare qualcosa per lui; ma poteva chiamarlo amore?
    E analogamente, ciò che l’aveva legata ad Albert poteva definirsi amore?
    Chi dei due amava veramente?
    “Zia” la voce di Estella la riscosse dai suoi dubbi “la prossima settimana rientrerò al lavoro”,
    “Mi fa piacere saperlo” le sorrise lei.

    **********

    Maggio 1951.
    Anche Stear e Mary erano diventati genitori; Candy era nonna.
    La piccola Lynn non stava buona un attimo: ricordava molto la nonna in fasce; e come lei, avrebbe festeggiato il compleanno a Maggio.
    Candy la guardava con tenerezza: il ricordo di Anthony, per un momento, era tornato prepotentemente nella sua mente.
    Il tuo compleanno da oggi in poi sarà a Maggio, nello stesso giorno in cui io ti ho regalato questa rosa, a cui ho dato il tuo nome: Dolce Candy.
    Si asciugò una lacrima che le era sfuggita; pensò a quale avrebbe potuto essere la sua vita adesso, se lui ci fosse stato ancora.. sarebbe stato suo marito, al posto di Terry? Avrebbero avuto dei figli insieme? Sarebbero stati felici?
    Domande a cui non avrebbe avuto una risposta, mai.
    La sua vita presente era accanto a Terry.. che per anni aveva creduto essere il suo unico e grande amore.
    Proprio Terry in quel momento le si era avvicinato e l’aveva cinta per la vita con un braccio.
    “Una nata di Maggio, come te!”,
    “Già”,
    “Forse le piacerà arrampicarsi sugli alberi.. e vestirsi in maschera da Romeo e Giulietta..”.
    A quel dolce ricordo, Candy socchiuse gli occhi e strinse la mano del marito attorno alla sua vita.
    “Sì.. ed evaderà dalla prigione in soffitta dove era stata confinata..”.
    Il ricordo scaldava i cuori di entrambi.
    “Ricordi il prato.. il nostro ballo..” le sussurrò all’orecchio.
    Vedo tutto intorno
    nuova fantasia(2)
    “Sì.. ricordo..”,
    “E la nostra estate in Scozia.. la nostra estate … Quel pomeriggio”,
    “Ricordo.. ricordo..”
    Per un attimo, le immagini vivide di allora apparvero davanti ai loro occhi.
    Te lo ricordi
    com’eri allora

    Fra gli entusiasmi
    della mia mente..(2)
    Ad un tratto, Candy avvertì la presa intorno alla propria vita sciogliersi bruscamente.
    “Scusami..” lo sentì dire.
    Un attimo dopo, potette sentire i passi di lui che si allontanavano.
    Ricacciò indietro il groppo che le stava salendo in gola.
    “Mamma, vuoi prenderla in braccio?” Stear le stava mostrando la bambina; lei sorrise.
    Terry era uscito in fretta dalla stanza.
    Che ti credevi imbecille? Quei tempi sono finiti: tu non sei più quello di allora! Lei ama Albert, adesso!
    Ma la realtà era che nemmeno Candy avrebbe saputo dire chi amava.

    **********

    Marzo 1953.
    Era un pomeriggio uggioso, aveva piovuto fino a poco tempo prima, e la città era ancora avvolta nella brina umida.
    Candy era ancora in studio, a rivedere la lista dei pazienti della giornata; Estella era nella stanza accanto, e discuteva con la segretaria.
    “Andiamo zio, mi porti alle giostre?”, una vocetta infantile allegra ravvivò l’aria: Steven.
    Candy sorrise: probabilmente, Frank era venuto con il figlio a fare un’improvvisata alla moglie.
    Si passò una mano tra i capelli tornati biondi e arricciati nelle punte alla base del collo(3), ma rimase con la mano a mezz’aria, ed il fiato mozzo in gola.
    “Non adesso, Steven: adesso andiamo dalla mamma”.
    Albert.
    Era venuto lui ad accompagnare Steven.
    “Mammaaaa!” il piccolo, nel suo entusiasmo spalancò la porta dello studio dove si trovava lei.
    Ed Albert, che gli fu subito dietro, la vide.
    I loro occhi si incrociarono.
    Poi, Candy cercò di riprendere il controllo.
    “Ciao, Steven. La mamma è nella stanza accanto; un minuto, e viene da te”.
    Il bimbo sorrise.
    Quasi in un tempismo perfetto, Estella uscì dalla sua stanza assieme ala segretaria; vide il figlio e gli corse incontro, prendendolo in braccio; aggiunse “Grazie, zio Albert”, mentre ritornava dentro lo studio assieme al bambino.
    Albert e Candy rimasero da soli.
    Il viaggio di lui in Europa era durato quasi due anni, concludendosi solo nella primavera del 1950; e da allora, si erano incontrati solo sporadicamente, e comunque mai da soli.
    Quello era il loro primo vero incontro dopo tanto tempo. Dopo di allora.
    “Ho.. accompagnato Steven, .. dato che Frank è stato trattenuto in ufficio”, iniziò lui per rompere il ghiaccio,
    “Hai fatto.. bene, Estella ne è stata contenta”,
    “E’.. da un po’.. che.. non ci vediamo, Candy”,
    “Come.. come stai, Albert?”,
    Tu di me mi chiedi
    sono qui, mi vedi?
    Dimmi tu
    mi trovi un po’
    cambiato, non so?(2)
    “Bene.. e tu, Candy? Non ti sei più tinta i capelli..”
    Vedo che i capelli adesso
    non li tingi(4) più..
    Dolce, più serena è la voce tua..(2)
    “Sì.. il rosso non è più di moda.. senza la Hayworth..!”.
    Albert rise; poi disse “E’ bello vederti qui, nel tuo studio, in mezzo al tuo lavoro”
    In questo mondo
    che tu appartiene
    quanto sei più bella..!(2)
    “Sai che è la prima volta che ti vedo così?”. Candy sorrise.
    Ti ringrazio del pensiero
    non credevo che
    fosse giusto rivederci
    l’hai fatto tu per me(2)
    “E’ strano.. rivederci.. così!” abbozzò lei “Dopo tanto tempo.. da buoni amici”,
    “Siamo buoni amici.. no?” aggiunse lui,
    “Sì, certo.. sai, oggi Stear ha portato Terry alla sua nuova mostra.. io non ho potuto muovermi.. avevo un sacco di pazienti! A cena stasera mi racconteranno..!”
    Ora ne parli
    della tua vita
    della nostra intesa(2)
    “Stai.. bene, Candy? C’è qualcosa che posso fare per te?”
    Prima che vada per la mia strada..
    .. fammi pensare che potrei darti
    qualche cosa ancora..(2)
    “No, grazie, Albert: va tutto bene. Mi basta.. esserti amica.. come una volta!”.
    Lui annuì.
    Non c’era niente altro da aggiungere.


    (1)Il Piano Marshall fu un piano di aiuti economici che gli Stati Uniti stilarono a favore dei Paesi Europei usciti dalla guerra, dopo la fine della stessa, per aiutarli a ricostituire le economie devastate dal conflitto.
    (2)Pooh, Per te qualcosa ancora.
    (3)Classica acconciatura degli Anni ’50 (orrenda!)
    (4)Il testo recita “non li tagli più”, ma ho dovuto modificarlo per adattarlo alla storia.
     
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    CAPITOLO 31
    RICOSTRUIRE UN AMORE


    Nota: il titolo di questo capitolo è ripreso da quello dell’omonima canzone dei Pooh.

    Dicembre 1954.
    Tutta la famiglia Andrew sedeva ad un festoso tavolo rotondo, pronta a festeggiare l’arrivo del nuovo anno, il 1955.
    Stear e Mary avevano tanto insistito affinché tutta la loro famiglia fosse presente al veglione organizzato dai loro amici e colleghi artisti, che alla fine avevano dovuto accettare; ed ora si ritrovavano agghindati di tutto punto, bambini compresi, in una grande e chiassosa sala, arredata con tavoli di forma rotonda e tendaggi colorati, piena di schiamazzi, ai quali soltanto loro sembravano estranei.
    Inoltre, nel programma della serata era prevista una sorta di gara canora fra gli artisti della galleria, a cui anche Estella e Frank avevano chiesto di partecipare; così, mentre uno dei partecipanti cantava Only you(1) sul palco in fondo al salone, i commensali mandavano giù svogliatamente la seconda portata.
    Nessuno mostrava l’espressione allegra delle grandi occasioni: gli unici visi allegri al tavolo degli Andrew erano quelli dei giovani di casa: Stear, Mary, Estella e Frank, con i rispettivi figli.
    Per tutti gli altri, quel giorno non era diverso dal solito.
    Non lo era per Terry, il cui chiuso corruccio per la lontananza morale della moglie era divenuto un peso insopportabile, ma che purtroppo sapeva perenne.
    Non lo era per Annie, che si sentiva in parte responsabile del fallimento della vita matrimoniale dei due migliori amici.
    Non lo era per Albert, che combatteva ogni giorno con le insidie di un sentimento proibito e di un rimorso cocente.
    Non lo era per Candy, col cuore diviso tra due amori, di cui nessuno dei due riusciva ad avere la meglio sull’altro, e per questo dilaniata dall’impotenza e dal senso di colpa.
    Non lo era nemmeno per Patty, la vedova di più lunga data, alla quale il ricordo dell’unico amore vissuto, Stear, tornava prepotente in occasione delle grandi festività.
    Nessuno di loro era felice, malgrado le posizioni sociali privilegiate agli occhi del mondo, e l’agiatezza economica.
    Eppure, ognuno di loro sentiva di volere quella felicità inseguita per anni.
    Basta sapere cosa vuoi
    senza nascondersi o scappare
    la vita è buche e sassi
    ma noi giovani elefanti
    nella testa abbiamo un sogno:
    ritornare alle sorgenti!(2)
    L’improvvisato cantante finì la sua esibizione, ritornando al suo tavolo tra gli applausi e le ovazioni; a quel punto, Estella porse Steven in braccio al marito, dicendo “Vado io adesso! Lo tieni tu il bambino, Frank?”,
    “Ma certo, cara. Vai pure!”.
    La ragazza si alzò con espressione sorridente e spensierata: le donne più anziane di casa Andrew la osservarono con malinconia struggente: quanto ricordava loro stesse ai tempi felici, con quel suo passo leggero e gli occhi che brillavano di felicità!
    Estella attaccò a cantare Maybe(3), delle Chantels.
    Albert osservò Candy, che fingeva di interessarsi all’esibizione della nipote, leggendo nel sul viso la stessa propria irresolutezza e travaglio interiore; abbassò allora gli occhi sulle proprie ginocchia, coperte da pantaloni gessati, in completo con la giacca, socchiuse gli occhi e sorrise amaramente a sé stesso: ci sarebbe mai stata via d’uscita da tutta quella trappola, per loro? Lui e Candy avevano rotto, è vero.. ma era poi davvero finita, nei loro cuori?
    E più di tutto, era pienamente consapevole di quanto tutto quello fosse stato, continuasse ad essere, profondamente sbagliato.
    Alzò lo sguardo sui suoi commensali, trovandoli accigliati e mogi come lui stesso; pensò che ognuno di loro aveva un bel pezzo di vita sulle spalle, adesso, e qualcuno a cui aveva dovuto dire addio, con più o meno dolore.. ma in ogni caso per andare incontro ad un futuro che si era poi rivelato estremamente tormentato.
    Estella era ancora sul palco, intenta nella propria esibizione.
    Frank aveva seguìto Stear e Mary ad un tavolo vicino di amici comuni, per commentare la prova canora della moglie insieme a loro.
    “Ma che bel tavolo di vedovi!” venne da dire ad Albert.
    Mentre lentamente la musica finiva, ed Estella tornava al tavolo accompagnata da scrosci di applausi, anche lui e gli altri al tavolo si unirono agli applausi, ma senza interesse.

    **********

    Maggio 1956.
    “Ma è davvero così importante?” chiedeva Terence reggendo un sigaro tra le dita,
    “Assolutamente! Riuscire a portare la compagnia all’estero sarebbe un colpo da novanta, ora come ora!”.
    Terry rimarcò fra sé che il loro impresario era davvero testardo, quando voleva; mentre le voci dei Platters riempivano l’aria con The great pretender, osservava l’uomo che gli stava seduto di fronte: aveva un viso sorridente e gioviale, sebbene avesse più di dieci anni in più di lui sembrava un ragazzino con la testa sempre piena di progetti e un’energia inesauribile per realizzarli!
    E adesso, questa idea della tournée all’estero..!
    “Le domando scusa, Signor Lovett” spense il sigaro “ma essendo il direttore artistico, dovrei stare via circa un anno.. non è un po’ troppo per mia moglie?”.
    Una morsa gli strinse il petto nel pronunciare queste parole: come se a Candy importasse più qualcosa di lui! Eppure, gli era venuto spontaneo dirle, gli erano uscite fuori da sé: l’idea di lasciare Candy per tutto quel tempo era sempre un qualcosa che gli pareva assurdo, insopportabile.. forse retaggio degli anni di separazione forzata fra loro in gioventù!
    “Andiamo, su.. non è poi così tanto.. e poi, se proprio ci tiene, può portare la sua signora con lei! Sarò ben lieto di pagarle tutti gli alberghi!”.
    Terry rifletté: non era sicuro che Candy avrebbe accettato di lasciare lo studio per tutto quel tempo.. anche se era vero che si fidava di Estella, dimostratasi una valida sostituta.. ma dopo una vita passata a lavorare, sperò che avrebbe acconsentito a prendersi un periodo di vacanza, per quanto lungo fosse.
    “Dove avrebbe pensato di mandarci, Signor Lovett?”,
    “In Italia, che domande! Quello è il Paese del Neorealismo(4), non può non apprezzare una commedia moderna come la sua!”,
    “Ne parlerò a mia moglie, allora”.

    Contrariamente a quello che si era aspettato, Candy accettò di buon grado “A 58 anni posso anche prendermi un po’ di pausa, non trovi?”, gli aveva sorriso.
    Ma quanto le era costato quel sorriso?
    La sua era stata una mossa obbligata, per allontanarsi da Albert e dalla sua vicinanza, che la metteva in confusione; voleva ritrovare un po’ di armonia accanto a suo marito.. e soprattutto capire a chi apparteneva davvero il suo cuore!
    Quanto le mancavano i tempi passati del loro amore.. che nostalgia per quei giorni trascorsi alla St. Paul School.. se non fossero stati divisi allora, le cose sarebbero state diverse!
    Sì che si può
    ricostruire un amore(2)
    Che nostalgia per quello che era stato solo nei loro desideri!
    Sì che si può ricostruire un amore
    e certe foto un po’ sfocate
    si potrebbero rifare(2)
    Quella felicità strappata via, quella divisione imposta prima e necessaria poi, era stata quella divisione a frantumare il loro futuro, anche quando si erano ritrovati dopo tanto tempo e tanta vita!
    Tanto siamo quel che siamo
    ieri oggi e poi domani
    e se il cielo sta cadendo
    puoi fermarlo con le mani!(2)
    Era questo che pensò per tutto il viaggio Candy, a Roma come a Firenze, fino alle assolate spiagge della Costiera Sorrentina.
    Finché giunsero a Ravello.
    Si trattava di uno stupendo borgo arroccato su delle rocce, un poco sopra Amalfi, da cui si godeva una splendida vista sul golfo e sui borghi marinari sotto.
    L’albergo era quanto di più romantico ci si potesse aspettare: abbarbicato sulle rocce, digradava dolcemente verso il basso a terrazzamenti, tra un tripudio di piante e fiori multicolori, tra i quali si trovava anche la piscina.
    Alla sera, le terrazze si illuminavano di mille luci, come pure la costa dabbasso.
    Fortunatamente, Terry non aveva molte rappresentazioni in programma da quelle parti, così lui e Candy poterono godere di un po’ di riposo e della bellezza del posto.
    Era la fine di Agosto: la mattina andavano in spiaggia, poi cercavano un qualche piccolo ristorantino defilato dalla calca, quindi passeggiavano per i vicoli del borgo visitato fino all’ora di rientrare in albergo per cena.
    Fu in quei giorni che Candy poté percepire una maggiore vicinanza col marito: all’improvviso erano di nuovo spensierati e felici di ridere e stare insieme come avevano fatto da ragazzi; Chicago con i suoi dubbi irrisolti era lontana.
    No, nessuno se ne va
    noi non siamo un gioco da buttare via..!(2)
    Come quella sera.
    L’orchestrina ai bordi piscina suonava My prayer; Terry e Candy sorseggiavano un cocktail guardando il crepuscolo sul mare.
    Tutti gli ospiti del cocktail erano in abito da sera, e una moltitudine di gonne a ruota colorate e smoking animavano i bordi piscina.
    Tutte le luci sulla terrazza erano accese, e si poteva sentire chiaramente il profumo dei fiori ed il canto dei grilli.
    In molti fra gli ospiti si chiedevano come potessero quei due Americani, di età abbastanza matura, dimostrare quasi vent’anni di meno.
    Candy si passò una mano guantata sul viso a scostare una ciocca di capelli mossa dal vento; Terry, i capelli ancora lunghi che iniziavano a mostrare qualche ciocca grigia, le chiese “Balliamo?”,
    “Certo, volentieri” gli rispose la moglie mettendo da lato il bicchiere.
    Si diressero al centro della pista.
    “Com’è che anche qui conoscono i Platters?” chiese Candy con aria furba,
    “Perché sono i cantanti più famosi del momento.. e perché in questo Paese adorano gli Americani, da quando li abbiamo liberati dal nazismo!”.
    Lei sorrise; le veniva così naturale sorridere assieme a lui, di nuovo.. si domandò perché non potessero tornare ad essere felici.
    Ma soprattutto, si domandò perché non riuscisse a convincersi di amare solo lui, come un tempo!
    Abbracciata a Terry, sentiva il suo profumo, quel profumo che sapeva di casa e di ricordi di una vita assieme..
    Si sentì vicina a lui.
    Legata a lui.
    Terry era la sua casa.
    E forse, era lui che amava, nonostante tutto.
    La canzone finì, e tutti i danzatori sulla pista si ritrovarono ad applaudire; immediatamente attaccò I’m sorry(5).
    Terry la prese per mano e la portò fiori dalla pista; poi le prese un altro bicchiere e glielo porse.
    “Mi dispiace, Candy” disse ad un tratto,
    “Di cosa?” finse lei,
    “Di tutto. Di essermi chiuso in me stesso, di averti tenuta lontana quando tu avevi bisogno di me, di essere fuggito via quando desideravi parlarmi di ciò che mi feriva per aiutarmi.. e di aver..”; lei gli pose un dito sulle labbra
    “Non dirlo! Non lo voglio sentire”,
    lui le prese la mano per baciargliela “Ma tu.. sapevi?”;
    Candy annuì.
    “Ed anche tu..” aggiunse lei; Terry annuì a sua volta.
    “Era solo colpa mia. E non me lo sono mai perdonato”,
    “Abbiamo passato la vita a farci del male, Terry”, lo guardò lei con malinconica tenerezza.
    L’orchestra attaccò Heaven on earth.
    “Eravamo troppo orgogliosi. Tutti e due. Soprattutto io: non mi sono mai perdonato la mia sterilità, so che tu avresti voluto un figlio da me; ma soprattutto, non mi sono mai perdonato di non potere accettare che tu avessi già avuto una vita con un altro, lontano da me: era come se tutto questo ti avesse allontanato da me anche se eravamo vicini.. come se avesse messo una distanza infinita tra noi”;
    Candy lo guardò in silenzio.
    Terry riprese “Non dovevano dividerci. E’ iniziato tutto allora: quella lontananza ci ha cambiati, ed ha finito per erodere le nostre vite anche quando avremmo potuto essere felici!”,
    “Ho pensato molto a questo” intervenne lei “e sono arrivata ad odiare sia Iriza che Sarah, le artefici della nostra separazione, pur sapendo che erano morte entrambe da tanto tempo”,
    “Anche Sarah?”, chiese lui,
    “Sì. E’ morta in una casa di cura per malati di mente, dopo che era stata rinchiusa in seguito all’esecuzione della figlia. Me lo ha detto Albert”.
    A sentire il suo nome, Terry si rabbuiò.
    Certo che noi non siamo un facile incontro
    siamo due frecce in aria che
    non han trovato ancora il centro..
    Costa molto somigliarsi tra due cuori intelligenti
    ma i miracoli d’amore
    van difesi anche coi denti!(2)
    “Scusami” fece Candy.
    Tacquero; nel silenzio, lui rifletté che quella donna arida e superba, che con la sua presunzione aveva cresciuto due mostri e distrutto così molte vite, tra cui la sua e quella della moglie, aveva subìto una ben dura punizione, ritrovandosi sola e abbandonata da tutti nel momento della fine, chiusa in un dolore senza fine: alla fine, la sua sconfinata superbia ed invidia verso coloro che erano in una posizione sociale privilegiata l’aveva condotta a questo.
    “Adesso sta solo a noi cercare di ricostruire le nostre vite, Terry”, lo riscosse lei dai suoi pensieri “non distruggiamo ciò che ci è rimasto!”
    .. E comunque sia, dobbiamo crederci!(2)
    “Sei tu la mia casa, Terry. Io ti ho voluto bene, e te ne voglio ancora. Ritroviamo noi stessi, te ne prego!”
    C’è un futuro a pezzi da ricostruire
    ma possiamo farlo solo tu e io!(2)
    “Sì, Candy: torniamo a casa! Torniamo insieme!”.
    Quella notte fecero l’amore appassionatamente.
    .. Con la voglia che ho di te
    che mancava già da tanto(2)

    **********

    1957.
    Annie e Albert non riuscivano a credere che la figlia dell’una e il braccio destro dell’altro fossero diventati la coppia dell’anno, fotografati sulle copertine di tutti i giornali.
    Seduti nello studio di lui, Albert alla sua scrivania e Annie su un divanetto, li osservavano sui rotocalchi sorridendo.
    “Se potesse vederli Archie!” diceva lei,
    “Ho scelto come socio un attore, ma tu guarda!” rispondeva Albert.

    Anche quella sera, la nuova coppia di copertina sul Time era ad un ricevimento: un cocktail-party sulla cima di un grattacielo, dove sotto le stelle si ballava Ebb tide.
    I due sposi erano felici: belli, innamorati, realizzati e ammirati da tutti, avevano un figlio che dava loro grandi soddisfazioni e nel loro lavoro erano tenuti in alta stima. Cosa avrebbero potuto volere di più?
    Erano loro la speranza per gli Andrew.



    (1)Celeberrimo pezzo dei Platters.
    (2)Pooh, Ricostruire un amore.
    (3)Mi scuso per l’errore temporale, il pezzo è del 1958.
    (4)Riferito al cinema Italiano di quegli anni.
    (5)Altro pezzo dei Platters, adattissimo qui, dato che significa Mi dispiace.



    ...............................................................................................................



    CAPITOLO 32
    PER SEMPRE GIOVANE


    Nota: il titolo del capitolo è ripreso da quello dell’omonima canzone di Antonello Venditti.

    1959.
    Tornare a Chicago era stato un po’ tornare sulla terra, per Candy.
    Con suo grande sollievo, si era resa conto che la sua riappacificazione con Terry non era stato solo un sogno, ma la realtà.
    Da quella sera, i coniugi Grandchester vivevano di nuovo in armonia, scambiandosi tenerezze reciproche: le tempeste degli anni precedenti sembravano davvero definitivamente superate.
    Soprattutto adesso che erano di nuovo da soli in casa, godevano appieno di quei preziosi momenti di vita quotidiana che ad un occhio non molto attento sarebbero sembrati banali, come il cucinare insieme o il discutere di sciocchezze in macchina, rientrando dai rispettivi lavori dopo una giornata intensa.
    Questo è solo un anno da vivere insieme, amore..(2)
    Questa la situazione esteriore.
    Ma per Candy non era ogni cosa a posto del tutto; non ancora, almeno.
    Il suo cuore non era riuscito a decidere a chi appartenesse del tutto: a Terence o ad Albert?
    Sul fatto che suo marito fosse il suo compagno di vita, non aveva dubbi: sentiva per lui un affetto profondo, e quando era accanto a lui si sentiva protetta e sicura, si sentiva “a casa”. Non avrebbe voluto perderlo per niente al mondo.
    Ma se qualcuno le avesse chiesto se ciò che provava verso di lui fosse amore, ci avrebbe pensato su un po’, prima di rispondere.
    Anche se l’amore bruciante degli anni della gioventù era ormai un ricordo lontano, non poteva negare di essere ancora profondamente innamorata della sua passionalità e del suo magnetismo.
    Ma era anche innamorata della dolcezza e confidenzialità di Albert.
    E nessuno dei due riusciva a prevalere sull’altro.

    **********

    1962.
    Lynn aveva adesso undici anni; era una ragazzina sveglia e molto graziosa, con capelli rossicci e gli occhi verdi della nonna; a scuola dava grandi soddisfazioni a tutta la famiglia, ma la sua vera passione era il teatro.
    Leggeva tutti i testi di Skakespeare che le capitavano a tiro, si infilava con le amichette alle rappresentazioni degli artisti di strada, si offriva sempre volontariamente per la prima parte assegnata alle recite scolastiche; e naturalmente, non perdeva una rappresentazione diretta da “nonno Terence”.
    Per volontà espressa di Candy, sin da piccola le era stato lasciato credere che Terry fosse il suo vero nonno, cosa che aveva fatto un grande piacere all’uomo, il quale sentiva così di fare parte appieno della famiglia: non avvertiva più il peso di quello strappo che la vita vissuta da Candy aveva operato in lui; al contrario, si sentiva a tutti gli effetti un Andrew, e come tale amato da tutti loro come fosse stato il vero padre di Stear e, di conseguenza, il vero nonno di Lynn.
    Questa, ovviamente, non perdeva occasione per farsi spiegare da lui i segreti del mestiere.
    Come quel pomeriggio.
    Il giradischi suonava Stand by me, mentre tutta la famiglia era riunita a casa di Candy per un caffè.
    Albert, Annie, Patty, che stava diventando un’attivista del nascente movimento femminista, e Stear sedevano intorno al basso tavolino di legno chiaro, sul quale un’indaffarata Candy serviva caffè e tè; invece, Mary, Estella e Frank sedevano al tavolo giocando una partita a carte.
    In un tipico ambiente dell’epoca, Terry e Lynn campeggiavano al centro della stanza, con Steven leggermente defilato, che rideva sotto i baffi.
    “Non ci siamo: devi impostarla meglio, la tua voce!” diceva Terry rivolto alla bambina “Giulietta non parlerebbe mai del suo amore appassionato in modo così flebile!”,
    “Ma è colpa di Steven: non sa fare Romeo, gli viene sempre da ridere!”,
    “E’ che siamo così buffi!” disse il ragazzo scoppiando a ridere,
    “No, Steven: il teatro è una cosa seria!” lo redarguì Terry,
    “Se lo dici tu, zio..”,
    “Molto bene: allora riprendiamo da dove ci eravamo interrotti!”.
    I due ragazzi si rimisero in posizione e ripresero a recitare le loro battute.
    Dall’angolo salotto, gli adulti li guardavano benevoli.
    “Certo che ha proprio la stessa testardaggine di Terry!” commentò Annie,
    “E che ti aspettavi? Passa con lui quasi tutto il tempo fuori dalla scuola!”rimarcò Patty.
    Risero.
    “La situazione in Vietnam sta degenerando(1)” riprese Patty tornando seria “adesso pare vogliano coscrivere i nostri ragazzi per mandarli in quell’inferno!”.
    Ad Albert tremò la tazza tra le mani.
    “Non è giusto!” sibilò fra i denti,
    “Hai ragione, ma se è per la pace in quelle terre..”, rispose Candy,
    “Andiamo, Candy! Non ti riconosco più! Una volta ti sarebbe venuta la bile verde solo a sentire parlare di guerra! Noi ne abbiamo viste abbastanza di guerre, per potere dire con sicurezza che anche questa sarà una pazzia!”, sbottò lui,
    “Hai ragione, Albert; ma cosa si può fare?”,
    “Non lo so, ma qualcosa si farà: non sono l’unico che qui in Patria sta esprimendo un forte dissenso!”,
    “Vacci piano, Albert: non sei più un ragazzino!” gli disse Annie
    Per sempre giovane resterò
    con l’anima aperta e sincera io vivrò(2)
    “Non ha importanza, Annie: ho settantadue anni, è questo che vuoi dire? E’ vero, ma ciò non significa doversi rinchiudere in un bozzolo, e non vedere più la realtà; bisogna lottare fino all’ultimo giorno contro le ingiustizie di questa terra, c’è sempre qualcosa da fare!”
    All’amore qualcosa da dare
    alla gente qualcosa da dire..(2)
    Si passò una mano tra i lunghi capelli ormai divenuti bianchi, in un gesto pensieroso e assorto.
    Candy lo guardò con nostalgia: rimpiangeva il vigore di lui degli anni giovanili, che lo aveva spinto fino in Africa per aiutare chi aveva bisogno, e che lo aveva fatto lottare contro le ingiustizie nel suo Paese; in fondo, era anche questo che amava di lui.
    Come amava la passionalità infervorata di Terry.
    Con la tazza in mano, si voltò ad osservare il marito e la nipote che concludevano la recita improvvisata.
    “Sono così orgogliosa di te, nonno” stava dicendo Lynn “le mie compagne a scuola mi dicono sempre che sono fortunata ad avere un nonno bello e famoso, lo vorrebbero anche loro!”.
    Terry sorrise, benevolo.

    **********

    Novembre 1963: altro pranzo di famiglia per gli Andrew, questa volta a Palazzo.
    Un sobrio arredamento Anni ’60 aveva ormai rimpiazzato ciò che restava degli eleganti e sontuosi mobili di inizio secolo; una radio, gioiello della tecnica contemporanea, aveva rimpiazzato il vecchio grammofono; adesso le voci dei Beatles riempivano l’aria, intonando I want to hold your hand.
    Tutti ballavano, allegramente: Candy con Terry, Patty con Albert, Steven con nonna Annie, Estella con Frank e Stear con la moglie Mary.
    Era uno di quei giorni di allegria che da qualche anno avevano ripreso a colorare la vita della famiglia Andrew.
    Ma la spensieratezza durò poco.
    “Interrompiamo il programma musicale per un grave annuncio” disse una voce alla radio “il Presidente Kennedy è stato assassinato mentre si trovava in visita a Dallas, in Texas”.
    Tutti smisero di ballare, e si raggelarono.
    Quell’avvenimento avrebbe portato conseguenze gravi sul loro Paese, ne erano consapevoli.

    **********

    1967.
    Albert aveva preso la sua decisione: si era unito alle proteste, ormai dilaganti, che si levavano dappertutto contro la guerra in Vietnam.
    Ritrovarsi una volta di più, dopo tanto tempo, in mezzo a tanti giovani pieni di sogni ed ideali lo riportava indietro di tanti anni.. e lo faceva riflettere che ogni generazione ha avuto la sua battaglia da combattere.
    Anche quella di Flanny, pensava con amarezza.
    I giovani rimostranti si stupivano nel vedere quel settantasettenne parlare con la grinta di un venticinquenne, e soprattutto condividere i loro ideali, quando, ricco com’era, avrebbe potuto adagiarsi sulle decisioni del governo!
    Questo è solo un anno da vivere insieme..
    con il cuore più caldo che hai(2)
    Grandi assembramenti in piazza, con ragazze che intonavano I will follow him(3), uomini e donne vestiti da figli dei fiori, e slogan di tutti i tipi contro la guerra.. tutto ciò gli riscaldava il sangue, quanti ricordi!
    Per sempre giovane resterò
    con l’anima aperta e sincera io vivrò(2)
    “Dobbiamo fermare questo sfacelo che distrugge tante giovani vite, che porterà alla rovina l’America!”, gridava Albert dall’alto di un palco, ricevendo ovazioni.
    “Bravo il matusa!” diceva qualche ragazzo,
    “Ma che vecchio: quello è uno di noi! Se qualcuno è vecchio se ne sta a casa a scialacquare, fregandosene degli altri!” diceva qualche altro.
    Albert era felice davvero, in quei momenti: si sentiva ritornare giovane, ai tempi del sostegno alle suffragette; e non si limitava solo a tenere discorsi e organizzare le manifestazioni, ma dalla sua posizione economica privilegiata aveva anche elargito generosi contributi in denaro.
    Tutto ciò ovviamente piaceva poco alle alte sfere dell’industria delle armi che avevano sede a Chicago.
    Ma rimaneva sempre un pezzo grosso dell’industria locale, e questo gli aveva evitato molte magagne: ad esempio, nelle numerose volte in cui la polizia aveva caricato i manifestanti, arrestandone molti, lui era stato solamente ammonito, ed esortato “a tornare a casa, poiché queste non erano faccende per la sua età”. Al sentire quelle parole, il sangue gli ribolliva.
    Questo è solo un anno da dimenticare..(2)
    Ma non si era limitato alla guerra in Vietnam: sosteneva anche la causa dei diritti dei neri.
    A tal proposito, incontrò persino il nuovo eroe di questa difficile lotta: Martin Luther King, durante una visita di quest’ultimo a Chicago.
    Parlarono a lungo della lotta non violenta, dei diritti per cui battersi: la gente aveva il diritto di non essere discriminata in base al colore della pelle!
    Fu quel pomeriggio che venne ad ascoltarlo Candy.
    Al termine del discorso di entrambi, lei vide che Albert stava discorrendo con King; si avvicinò.
    “Albert..”,
    “Candy!” lui si voltò di scatto,
    “Ho.. ascoltato i vostri discorsi, oggi.. e siete stati eccezionali, davvero! Sono.. certa che presto questo Paese smetterà di fare distinzioni tra bianchi e neri!”,
    “Ti ringrazio, Candy”.
    .. Con la rabbia che mi conosci tu
    per sempre giovane!(2)
    Lei si avvicinò, e porse la mano a King “Lei è un eroe dei nostri giorni, Signor King! Sono orgogliosa di essere compatriota di una persona come lei!”,
    “Mi lusinga, Signora..”,
    “.. Grandchester! Sono.. una lontana parente di Albert”,
    “Quella Grandchester? Non mi dica che è parente anche del celebre direttore artistico del Globe!”,
    “Sono sua moglie”,
    “Sono davvero onorato, signora! E’ un piacere fare la sua conoscenza”,
    “Grazie. Ora debbo andare, non posso lasciare Estella sola allo studio.. oggi abbiamo un sacco di gente! Arrivederci Signor King. Ci si vede, Albert”,
    “Ciao..” mormorò lui.
    “Tu l’ami. Non è vero?” gli chiese King a bruciapelo; Albert finse di non aver capito, e tentò di riprendere il discorso interrotto prima, su Flanny.
    “La amo e mi manca, te l’ho detto, Luther: era una donna straordinaria, e mi manca ancora tanto, anche se sono trascorsi più di vent’anni da quando mi ha lasciato”,
    “Era una combattente anche lei?”, King volle assecondarlo un poco,
    “Sì, è morta in guerra: la guerra in Europa, cioè; era una partigiana”,
    “Però io mi stavo riferendo alla signora che è venuta a salutarci poc’anzi.. la ami, non è così?”.
    All’acuto sostenitore dei diritti civili della gente di colore non erano sfuggiti gli sguardi sofferenti e un po’ confusi che i due si erano scambiati.
    “Non è esattamente così. Amo un ricordo; ma quello che c’è stato non avrebbe mai dovuto esserci”.

    Candy stava allontanandosi a grandi passi per le strade affollate; nel cuore, un senso di cupo smarrimento; che sembrò dissiparsi quando rivolse la sua mente a Terence, l’altra faccia dell’amore.
    Ma chi amo davvero?




    (1)La Guerra del Vietnam (1960-1975) fu un vero sfacelo per gli Stati Uniti, e uno degli episodi più drammatici della Guerra Fredda.
    (2)Antonello Venditti, Per sempre giovane.
    (3)Canzone di Little Peggy March, una delle hit di quegli anni.

    La storia si avvia alla sua conclusione; volevo dire che con il mio scritto non intendo assolutamente recare offesa a Martin Luther King, che considero un eroe contemporaneo e ammiro tantissimo; anzi, credo che una persona acuta e piena di sentimento come lui non potesse non riconoscere i turbamenti del cuore negli altri!
     
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    CAPITOLO 33
    HERE I AM


    Nota: il capitolo riprende il titolo da quello dell’omonima canzone di Bryan Adams.
    1968: una rivoluzione era in pieno svolgimento.
    Anche in casa Andrew.
    “Ma posso sapere almeno il perché?” gridava Steven contro il padre, i pugni stretti,
    “Perché è no, e basta!”, rispondeva Frank.
    “Non è giusto!” il ragazzo chinò il capo, sconfitto e tremante “Lynn sta per partire..”,
    “E’ diverso!” Frank sbatté una mano sulla scrivania “lei non è una Andrew per linea di sangue a tutti gli effetti, come te! Se lei vuole mescolarsi con quella marmaglia, è liberissima di farlo, non arrecherà nessun danno alla famiglia; ma per te è un’altra cosa!”,
    “Il popolo di Berkeley non è una marmaglia: sono ragazzi come noi, che vogliono un mondo migliore, e manifestano in maniera pacifica per averlo!”,
    “Ad ogni modo, non ci vai lo stesso. La discussione finisce qui, debbo lavorare, grazie!”.
    Frank liquidò il figlio mettendosi a rovistare tra le carte sulla scrivania; Steven prese la porta ed uscì, sbattendosela dietro.
    “Com’è andata?” Lynn lo aspettava in corridoio,
    “Come puoi immaginare: è di un’ottusità indicibile!”.
    Da quando a Berkeley era scoppiata la contestazione contro lo stato sbagliato della società contemporanea, l’entusiasmo si era diffuso rapidamente tra la nuova generazione: tutti volevano partire verso quella terra promessa, dove si stava cercando di cambiare quel mondo sbagliato.
    E i ragazzi di casa Andrew non facevano eccezione.
    Ma mentre Stear e Mary erano rimasti entusiasti della richiesta di Lynn, assieme a Candy e Terence, per Steven non era stata la stessa cosa.
    Difatti Estella, e soprattutto Frank, non avevano nessuna intenzione di lasciarlo andare “in mezzo a quella marmaglia”, come loro stessi avevano detto, la prima adducendo scuse di timori di scontri violenti, il secondo dicendogli la verità nuda e cruda in modo brutale: temeva per il buon nome della famiglia Andrew, di cui lui rappresentava adesso uno dei maggiori azionisti della relativa industria.
    Frank si era dimostrato, alla prova dei fatti, molto gretto ed interessato solo al proprio tornaconto personale; nemmeno l’intercessione di Albert era riuscita a fargli cambiare idea.
    “Non è giusto! Non è affatto giusto!” il ragazzo sbatté un pugno contro la parete “Tu stai per partire, perché io non posso venire con te, perché?”,
    Here I am
    this is me(2)
    “Tua nonna cosa dice a riguardo?”,
    “Nulla; mio padre l’ha plagiata!”,
    “Eppure ci dovrà pur essere qualcosa che si possa fare..” meditava Lynn, ravviandosi il caschetto biondo.
    Steven crollò il capo, piangendo di rabbia.
    There is no one else on earth
    I’d rather be(2)

    **********

    1968: Richard Nixon si candidava alle elezioni presidenziali.
    Per l’occasione, a Chicago veniva indetta una grande Convenzione dei Democratici.
    Albert vi stava prendendo parte, anche se le sue intenzioni erano quanto di più lontano potesse esserci dall’idea di un seggio in Parlamento: era lì solo per perorare la causa della pace in Vietnam e delle richieste delle giovani generazioni.
    Peccato che quello fosse l’anno sbagliato per un avvenimento del genere: dopo gli assassinii di King e di Robert Kennedy, il clima socio-politico era quanto mai arroventato.. proteste che si riunivano spontaneamente nelle piazze di molte città d’America, seguendo l’esempio di Berkeley, e che prendevano voce al suono di Help o di Hey Jude(1) .
    Un nuovo mondo lottava per iniziare.
    It’s a new world,
    it’s a new start
    it’s alive with the beating of young hearts(2)
    Ma le lotte non sono mai indolori.
    E Chicago se ne accorse sulla propria pelle.
    Era iniziata come una pacifica manifestazione hippy, in concorrenza alla ingessata Convenzione; ma il tutto degenerò presto in scontro violento; la polizia, neanche a dirlo, caricò la folla, rispondendo alla violenza con altra violenza. I feriti sul campo furono numerosi.
    Tra questi c’era anche Albert.

    Fortunatamente, non aveva nulla di rotto, né di grave; ma dovette restare una notte in ospedale per via delle medicazioni.
    Terry rimase accanto a lui, da buon amico.
    “Certo che hai la pellaccia dura, amico” rideva l’ex-attore “come ai tempi di quella rissa notturna a Londra.. te la ricordi?”,
    “Come no! E’ stato la notte in cui ci siamo conosciuti!”,
    “Però la voglia di fare a botte vedo non ti è passata nemmeno adesso!”.
    Albert sorrise, socchiudendo gli occhi “E’ la battaglia per la libertà e la giustizia, Terry: anche noi lo abbiamo fatto, ai nostri tempi!”,
    “Ma dovresti lasciarla a loro”,
    “No, non ce la faccio; me ne sento ancora coinvolto, come se avessi ancora vent’anni.. la loro battaglia è un po’ anche la mia!”.
    It’s a new day
    it’s a new plan..(2)
    Albert non poteva esimersi dal provare un brivido corrergli nelle vene, al pensiero di quel nuovo mondo nascente.
    E Terry invidiava un po’ questo suo furore.
    “Bé, quanto meno in questo modo ti mantieni giovane.. però attento, le tue giunture non sembrano pensarla alla stessa maniera!”.
    Rimasero a scherzare per tutta la sera; chi non aveva voglia di scherzare invece era Candy, che venuta a sapere la notizia, si era precipitata in ospedale assieme ad Annie, ma una volta appurato che Albert era fuori pericolo, aveva preferito andarsene e lasciare il proprio posto a Terry, ritenendo che fosse più adatta una scanzonata compagnia maschile che non la sua, al convalescente.
    E soprattutto perché i suoi dubbi continuavano a torturarla.
    Chi era davvero colui che amava? Perché non riusciva a risolversi a favore dell’uno o dell’altro?
    La sola cosa certa era che voleva bene a suo marito, e non voleva assolutamente che il rapporto tra loro si incrinasse di nuovo; così aveva trattenuto il suo trasporto verso la dolcezza dell’amico di sempre, e ora camminava per le strade della città, in mezzo ai furgoni della polizia che portavano via gli ultimi dimostranti e ripulivano ciò che restava del campo di battaglia di quel drammatico giorno, mentre si lisciava nervosamente i capelli, che da qualche anno avevano assunto la forma di un vaporoso casco liscio, che da biondo sfumava nel bianco.

    **********

    1969.
    Here I am
    just me and you
    tonight we make our dreams come true(2)
    Due cuori giovani sorridevano alla vita; e all’infinita strada che avevano davanti.
    Steven e Lynn, fratelli più che cugini, erano sfuggiti al diniego di Frank, e ora si guardavano divertiti, autostoppisti su un camioncino di fortuna che li stava portando a Berkeley.
    Lynn aveva contribuito non poco alla fuga da casa di Steven: non avrebbe mai voluto partire da sola, lasciandolo a casa!
    I’ve been waiting for you..(2)
    Certamente, era una mossa azzardata.. ma non aveva potuto fare altrimenti, soprattutto quando lui aveva capito di rischiare la coscrizione forzata per la guerra.
    Era fuggito via, preferendo la pace! E nonna Annie, che si era ravveduta, li aveva aiutati, promettendo di mettere una buona parola con suo genero.
    “Sai che mia nonna ha fatto la stessa cosa?” gli disse Lynn,
    “E quando?”,
    “Quando frequentava la St. Paul School, me lo ha raccontato nonno Terry!”,
    “E’ un vizio di famiglia, allora!”, rise.

    Una volta arrivati a Berkeley, entrarono a far parte di una comune; ed entrarono a fare parte di un nuovo mondo.
    Here we are, we’ve just begun
    and after all this time
    our time has come(2)
    Un mondo fatto di sere attorno ad un fuoco, mentre I ragazzi suonavano l’armonica od intonavano alla chitarra Hotel California, e le ragazze si mettevano fiori nei capelli; non mancarono di scrivere a casa, Steven a zio Albert e Lynn a nonno Terry,
    il primo risvegliando nel cuore dell’ormai anziano capofamiglia la malinconia delle sue imprese di gioventù, la seconda raccontando all’anziano ex-attore di avere trovato un compagno per la vita in Willie, uno studente di recitazione.
    E anche Steven trovò l’amore.
    Dolores, una ragazza Messicana.

    **********

    1971.
    Festa nel campo della comune: festa di matrimonio!
    Steven si sposava con Dolores, Lynn con Willie. Naturalmente, alla maniera hippy, scambiandosi piccole perle colorate.
    Ritornarono a Chicago poco dopo.
    A Frank era sbollita, grazie anche ai discorsi di tutti gli altri membri della famiglia, che gli avevano fatto capire che il mondo era cambiato, ormai.
    Ma quando vide il figlio, che tornava a casa dopo due anni, sposato con una Messicana e senza la firma ufficiale al Comune, non poté esimersi dal protestare.
    “Steven, va bene tutto, ma non puoi portarmi a casa una donna che non sia tua moglie a tutti gli effetti!”,
    “Ma Dolores è mia moglie a tutti gli effetti, papà!”; l’uomo capì il significato delle parole del figlio, e si portò una mano alla fronte
    “Non voglio neanche pensare a ciò che è successo fra voi.. signorina, mi auguro vivamente lei non sia in un guaio!”,
    “Nessun guaio, signore, non si preoccupi per me”,
    “Bene; ma ad ogni modo, non lascerò che ci sia un’unione irregolare in famiglia: dovrete sposarvi, Steven!”,
    “E sia!” il ragazzo sospirò.
    Here we are still going strong
    right here, in the place
    where we belong(2)
    E fu così che nella primavera di quell’anno, fu celebrato il matrimonio di Steven con Dolores, sebbene Frank avesse più di una perplessità ad avere per nuora una Messicana; a poca distanza, fu seguìto da quello di Willie e Lynn; ma furono due semplici cerimonie, senza fronzoli.

    **********

    1972.
    Al Globe c’era una vera e propria ovazione, l’Amleto era stato un successone.
    Il direttore artistico, Terry Grandchester, era stato richiamato sul palco, e ora veniva osannato dalla folla.
    Quell’applauso stava risvegliando in lui le emozioni di una vita: le sue prime rappresentazioni, quella di Re Lear e quella di Romeo e Giulietta.. la sera in cui aveva sfiorato Candy, senza poterla incontrare.. la terribile sera di New York, e tutto ciò che ne era seguìto.. il suo rincontro con Candy, il matrimonio, gli anni difficili passati distanti nel cuore l’uno dall’altra.. la riappacificazione, su quella terrazza italiana quella sera di quasi venti anni prima.. gli attimi d’amore che avevano condiviso da allora in poi..
    Un’ondata di emozioni forse troppo forte per il vecchio cuore di Terry, che aveva ormai più di settant’anni.
    Rientrò dietro le quinte, dove lo aspettava una sorridente Candy, pallido come un lenzuolo.
    “Non riesco a respirare.. non respiro..” si portò una mano al petto; il sorriso di Candy si spense di colpo, sostituito da una sensazione di angoscia incombente.
    “Terry! Cos’hai, Terry?”, gridava sollevandolo tra le braccia, mentre lui era caduto a terra.






    (1)Due tra i più grandi successi dei Beatles.
    (2)Bryan Adams, Here I am:
    Eccomi,
    questo sono io
    non c’è nessun altro sulla terra
    che vorrei essere

    E’ un nuovo mondo,
    è un nuovo inizio
    è vivo con il battito di cuori giovani

    E’ un nuovo giorno,
    è un nuovo piano,

    Sono qui
    solo io e te
    questa notte avveriamo i nostri sogni

    ti ho aspettato

    Siamo qui, abbiamo appena iniziato
    e dopo tutto questo tempo
    è venuto il nostro momento
    Qui stiamo ancora andando forte
    proprio qui, nel luogo
    a cui apparteniamo

    Sì, lo so, non mi linciate, per favore! So bene che questo momento è doloroso, ma doveva venire, dopo tutto sono belli vecchiotti, ormai.. e lo stesso Terry ha quasi ottant’anni, non è più “quel” Terry che ci ha fatto tutte sospirare! Ma vi garantisco che Candy non si “consolerà” con nessun altro, avete la mia parola! E poi tra poco, tocca anche a qualcun altro..


    ................................................................................................................



    CAPITOLO 34
    DIMENTICARTI MAI PIU’


    Nota: il titolo del capitolo è ripreso da quello dell’omonima canzone di Amedeo Minghi.

    1972.
    Era una grigia giornata d’inverno quella che diede l’estremo saluto a Terence Grandchester.
    Il cimitero era pieno oltre ogni immaginazione, come poco prima la cattedrale, di gente che voleva porgere l’ultimo addio ad uno degli artisti più dotati e degli uomini più belli del ventesimo secolo: fan, amici, ex-colleghi e anche semplici curiosi gremivano lo spiazzo di erba verde davanti alla tomba di famiglia degli Andrew.
    Ma anche in mezzo a quella folla, lei si sentiva naufragare nel nulla.
    Perché adesso, lui se ne era andato definitivamente.
    Adesso, Candy era vedova per davvero.
    Perché te ne sei andato?
    Mi hai lasciata in un mondo che non è più il mio, che mi è estraneo..
    Perché, Terry?

    Noi per la vita siamo
    niente di sfuggita..
    .. Bene che anche il Cielo non può
    dimenticarti mai più(1)
    Annie e Lynn le tenevano un braccio per una; dietro a lei, Patty, Albert e Stear con la moglie.
    Gli altri Andrew stavano un po’ più indietro.
    Il sacerdote concluse la benedizione, e il triste corteo si mosse in silenzio.
    “Nonna” Lynn le tirò leggermente il braccio; Candy si girò.
    “Chi era quel signore?”.
    Candy aprì la bocca in un’espressione a metà tra lo stupore ed il senso di colpa: la nipote le stava indicando la tomba di Michael.
    “Era un parente di nonno Terry? Avevano lo stesso cognome”.
    Attimi e correnti veloci
    ci incontriamo
    io mi meraviglio che tu
    ti meravigli di me(1)
    Candy sorrise: per fare credere alla nipote fino in fondo che Terence fosse suo nonno, le era stato detto ogni sorta di fantasie, perfino che Grandchester fosse solo il suo nome d’arte! Ad un famoso attore e direttore artistico doveva apparire troppo banale il chiamarsi Terence Strong! Naturale quindi che la vista del “loro” cognome su una lapide di cui ignorava l’esistenza nella tomba di famiglia avesse risvegliato la sua curiosità.
    “Sì, tesoro. Era un.. lontano parente del nonno, a cui lui era assai legato, al punto da volerlo qui con noi”, parole svincolatesi da un groppo di lacrime che si andava facendo sempre più grosso in gola.
    Perdonami, Michael! Ma non toglierò a Terry la sua famiglia, soprattutto adesso che è morto!
    Strinse la mano della nipote, abbassando gli occhi, e seguitando a camminare.

    **********

    1974.
    La festa per il Battesimo era agli sgoccioli; tuttavia, la voce degli Aphrodite’s Child riempiva ancora l’aria con le note di It’s five o’clock.
    Due Battesimi in un giorno solo.. certo che i ragazzi di casa Andrew non avevano mai perduto il vecchio spirito dei tempi andati.. erano e restavano degli adepti di una comune!
    Avevano avuto due figlie quasi in contemporanea, e Dolores aveva atteso che anche Lynn partorisse per poter fare battezzare insieme le due bimbe.
    La figlia di Steven e Dolores era stata chiamata Allison, quella di Lynn e Willie, Scarlett.
    Già, non ci si poteva attendere niente di differente da due attori televisivi, entrambi fanatici di Via col Vento!(2)
    La bisnonna Candy sorrideva, ricordando il giorno della nascita di Lynn, vent’anni prima.. ma subito il sorriso si spense, quando le venne vicino l’immagine di Terry a quei tempi.
    Mi ami come il fuoco di una stella breve
    che felicemente, ma consumarsi deve(1)
    Si passò una mano tra i capelli, che aveva fatto di nuovo crescere, allisciandoli secondo la nuova moda, perché a Terry piacevano lunghi; sorrise amaramente, al pensiero che lui ora non avrebbe potuto vederla, e che ormai il bianco aveva sostituito del tutto il biondo.
    Ed in me
    non c’è più un’ombra accanto a te
    mi tocchi
    come può toccarmi il sole(1)

    Dall’altro lato della stanza, qualche sorriso era un po’ più forzato. Frank.
    L’uomo non aveva mai accettato del tutto quella Messicana in famiglia, e quella nipote mezzosangue gli feriva il suo orgoglio distorto.. ma Estella aveva preso in braccio la piccina con un sorriso così radioso che non poté far altro che arricciarsi nervosamente i lunghi baffi neri.

    **********

    1976.
    Un applauso seguì il taglio del nastro da parte del funzionario del Comune di Chicago; poi, seguirono i complimenti.
    “Auguri, Signora O’Brien! Il suo è un gesto di grande generosità e coraggio! Tutta la città le è grata, per questo”.
    La donna sorrideva commossa mentre il funzionario le stringeva la mano: il suo sogno si era realizzato.
    Da anni, la femminista dichiarata Patty aveva in mente di fare anche qualcosa di concreto per le donne più deboli le quali, nonostante il raggiungimento pieno della parità di diritti e doveri formalmente, continuavano a subìre violenze da parte di mariti o fidanzati, o semplicemente a trovarsi in situazioni di gravi difficoltà economiche o sociali.
    Ora che il tempo delle battaglie per i diritti civili era finito, la lotta si spostava su un altro piano; un piano più concreto ma più defilato, che doveva occuparsi di chi in quella lotta era rimasto indietro.
    Ed ecco l’idea di una casa di accoglienza, per donne in difficoltà, eventualmente con figli piccoli.
    Molte di queste, erano vedove del Vietnam.
    Ci aveva lavorato sopra per più di tre anni, e adesso ne vedeva i frutti: un grande edificio di gusto attuale, fatto in cemento dipinto di bianco con grandi vetrate, seguendo lo stile forzatamente geometrico e a volte un po’ estremo del tempo.
    Il dormitorio era una stanza luminosa ed amena, che dava su un parco; le stanze di riunione avevano dei piccoli salotti e delle librerie; in tutto c’era molto colore; poi, c’era il refettorio, una sala fin troppo elegante per essere quella di un istituto di beneficenza.
    La Casa O’Brien era l’orgoglio dell’anziana amica di Candy, la quale non era potuta mancare all’inaugurazione; e adesso girava intorno al buffet riempiendosi il piatto, e ascoltando le note di Alone again naturally(3).
    E la sorpresa
    amore mio
    è compresa
    conclusa e chiusa in noi

    E tutto il mondo è fermo
    mentre noi svaniamo(1)
    La presenza di tutte quelle persone, molte delle quali in coppia, le faceva avvertire oltremodo il peso della propria solitudine vedovile; seduti in uno dei divani in fondo alla sala scorse Albert ed Annie che parlavano, il primo sotto l’evidente peso dei suoi ormai ottantasei anni, la seconda commossa non sapeva bene da cosa.
    Si salutarono con un sorriso da lontano, poi Candy andò in cerca di Patty.
    La trovò mentre congedava il funzionario comunale, richiamato altrove da altri impegni; quando se ne fu andato, le si avvicinò
    “Hai fatto una cosa grande” le disse prendendole un braccio; Patty abbassò gli occhi
    “Ho fatto solo ciò che ritenevo giusto”,
    “No, hai fatto di più! Stear sarebbe fiero di te!” le aggiunse all’orecchio.
    Gli occhi di Patty si riempirono di lacrime
    “Quanto vorrei che fosse qui, accanto a me, in questo momento.. sono passati sessant’anni, ma è sempre come se fosse successo ieri.. non mi sono mai più sposata, mai più.. è stato l’unico uomo della mia vita..!”.
    Candy la abbracciò “Lo so, amica mia! So come ti senti!”.
    Mi ami come il fuoco di una stella breve
    che felicemente, ma consumarsi deve..
    .. Bene che anche il Cielo non può
    dimenticarti mai più

    ed in me
    non c’è più un’ombra accanto a te
    mi tocchi
    come può toccarmi il sole(1)

    Le due donne piangevano stringendosi, immaginando di non essere viste, in quell’angolo defilato vicino la porta. Ma Albert ed Annie avevano visto bene la scena.

    **********

    1978.
    Due uomini stavano discutendo in modo piuttosto acceso in un ufficio della Sears Tower: Albert e Frank.
    “La prego di non immischiarsi nelle faccende della mia famiglia, zio!”,
    “Invece mi immischio, eccome, dato che si tratta anche della mia famiglia! E lei non ha alcun diritto di comportarsi così!”,
    “Non capisco perché continui a difendere quella specie di meticcia.. è una perfetta estranea, non merita nulla!”,
    “Quella persona che lei definisce meticcia è la moglie di suo figlio! Lui è felice accanto a lei, perché non vuole capirlo?”,
    “Mio figlio è soltanto uno sciocco: non capisce che quella ha mirato sempre soltanto al suo denaro! Ma adesso la pacchia è finita! La metterò alla porta, con quella bastardina!”,
    “Dovrà vedersela con me, prima!”.
    Il gretto padre di Steven era deciso a togliere a Dolores il suo cognome a cacciarla di casa, solo perché aveva scoperto che la ragazza faceva la cantante in un locale da qualche tempo.
    Albert, ovviamente, era venuto in suo aiuto, ma la discussione era degenerata precipitosamente.
    “Lei è un uomo senza cuore, che giudica gli altri solo dalle apparenze! Non le permetterò mai di distruggere.. ahh!!”,
    “Zio Albert! Che le succede?”.
    L’anziano patriarca si era accasciato a terra, tenendosi una mano al petto, mentre Frank, persa in un secondo tutta la sua baldanza, cercava di sollevarlo per un braccio. Invano.
    Frank fece chiamare un’ambulanza per trasportare Albert all’ospedale, ma fu tutto inutile.
    Ottantotto anni, un cuore stanco di lottare, dopo una vita di battaglie.
    Arrivò all’ospedale in stato semicomatoso.
    E mentre si allontanava, immagini remote gli si facevano incontro: il viso di una giovane Candy, in un piccolo appartamento alla periferia di Chicago, mentre teneva in mano un biglietto per una rappresentazione teatrale, Romeo e Giulietta.
    Ed in me
    non c’è più un’ombra accanto a te

    E tutto il mondo è fermo
    mentre noi svaniamo

    Amore mio
    lontano lontano nel cuore
    le impronte rosa del viso tuo
    che dimenticare
    non potrò mai più(1)
    Il suo ultimo pensiero vivente andò a Terry.
    Amico.. potrai mai perdonarmi?



    (1)Amedeo Minghi, Dimenticarti mai più.
    (2)Scarlett è la traduzione in Inglese di Rossella.
    (3)Famoso brano di Gilbert O’Sullivan di quegli anni.


    Attenzione: il prossimo aggiornamento sarà davvero l'ultimo!!! :onigiri_blitz.gif:
     
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    Ed ecco i 2 capitoli conclusivi della fanfiction! :onigiri_blitz.gif:
    Ringrazio ancora Tetide per avermi permesso di pubblicarla qui ed auguro a tutti buon proseguimento! :onigiri_fascinated.gif:


    CAPITOLO 35
    SENZA MUSICA E SENZA PAROLE



    Nota: il titolo di questo capitolo (il penultimo) è ripreso da quello dell’omonima canzone dei Pooh.

    Aprile 1990.
    Scarlett, la mia pronipote, sta ascoltando di nuovo “Oh, Pretty woman!”, la canzone che fa da accompagnamento all’omonimo film.. che lei adora, a causa dell’interprete maschile! Quel Richard Gere è diventato l’icona sexy per molte ragazze.. ma a me viene da sorridere, se lo paragono al mio Terry nei tempi migliori: il paragone non esiste! Questo affascinante attore dei nostri giorni non può, mi spiace per Scarlett, eguagliare la bellezza ed il fascino dell’uomo che mi è stato accanto per più di sessant’anni!
    Terence.. lui ed Albert sono rimasti il dilemma della mia vita: hanno regnato entrambi sul mio cuore, a volte alternandosi, a volte assieme contemporaneamente.. ma nessuno dei due è riuscito a conquistarlo del tutto.
    Chi ho amato veramente? Chi ho amato di più? Probabilmente non lo saprò mai.
    Ora che sono quasi alla fine della mia corsa, riesco a vedere tutto il passato con più chiarezza.. ma non questo.
    Questo è un dubbio che porterò con me nella tomba.
    Questo è il rammarico della mia vita.
    Forse, li ho amati entrambi.
    E di entrambi sento la mancanza.
    Terry è stato la passione, il mio compagno di vita, l’amore dei miei anni giovanili, il grande rimpianto di essi; lo strappo che è derivato dalla sua perdita ha devastato la mia vita, e ne ha cambiato il corso, per entrambi.
    E mi ricordo che stavamo bene
    e bene riempivamo i nostri giorni
    ma i giorni messi in fila fanno tempo
    e il tempo fa cambiare(1)
    Albert è stato il conforto, la dolcezza, il sostegno perennemente presente: senza di lui probabilmente non me la sarei cavata in tante occasioni; e certe volte ho creduto di avere trovato in lui la casa del mio cuore.
    Cambiare che neppure lo sappiamo
    e non sappiamo come va a finire
    e va a finire che poi ci perdiamo
    che ci perdiamo tutto
    proprio tutto(1)

    Adesso ho novantadue anni.. e un bel po’ di cose da raccontare.
    Siamo una storia che si può cantare
    senza la musica e senza parole
    una canzone che dice piano
    che siamo come siamo(1)
    Anche in questi anni più recenti, la famiglia Andrew ha subìto perdite e dolori: Estella e Frank sono morti entrambi in un incidente automobilistico nel 1981; Steven ha rimpiazzato il padre alla guida dell’azienda, nel posto che era di Albert un tempo.
    Nel 1984 anche Annie ci ha lasciato: il suo cuore troppo stanco e provato è sopravvissuto poco alla figlia.
    Ma abbiamo avuto anche dei momenti piacevoli.
    E tutto ci fa voglia di cercare
    cercare tra la gente e in mille strade
    le strade che ci portano lontano
    lontano ma da soli..(1)
    Come in occasione del quattordicesimo compleanno delle ragazze, nel 1988.
    Scarlett ed Allison hanno voluto una festa in vero stile Anni ’20, e naturalmente hanno preteso la presenza mia e di Patty, la bisnonna e la “Big Aunt”, che di quell’epoca sono state testimoni.
    Le loro amiche ci hanno letteralmente assediato, per ascoltare i nostri racconti su quei tempi.
    Di atmosfera Anni ’20 però aveva soltanto l’abbigliamento.. dato che la colonna sonora attingeva a piene mani dal repertorio contemporaneo, con pezzi come “Slave to love”, Take my breath away”, ed “Every breath you take”! Nemmeno le pettinature avevano le foggie di allora, seguendo invece quelle Anni ’80, a cui le mie nipoti hanno convertito pure me! Un pomeriggio poco prima della festa, siamo andate dal parrucchiere assieme, e mi hanno convinto a gonfiare i miei capelli lisci in tanti piccoli boccoli cotonati.. ma non sono riuscite a convincermi a coprire quel bianco che ormai li caratterizza!
    E soli non fa bene e non è giusto
    e non è giusto smettere di amare
    amare che ci complica la vita
    ma è vita da inseguire(1)
    Adesso, in questi miei desolati anni di solitudine, mi rendo conto completamente del vuoto che mi circonda nella mia casa.. è come un vento freddo che penetra nelle ossa e le trafigge silenzioso.
    E mi manca il calore del petto di Terry, e la dolcezza dello sguardo di Albert.. mi manca la figura da guardare seduta davanti a me quando consumo una cena che ha solo e sempre il sapore dei ricordi.
    Tutti coloro che hanno visto lo stesso mio tempo se ne sono andati, lasciandomi qui sola.. i miei nipoti e pronipoti, perfino mio figlio, non possono dividere il mio vuoto, loro appartengono ad un mondo diverso, che non ha conosciuto il mio.
    Sono il relitto di un tempo che è stato.
    E certe notti, guardo le stelle e chiedo a tutti loro di chiamarmi vicino a sé.

    **********

    1993.
    Anche Patty se ne andava.
    Candy era più triste che mai: salutare l’amica di una vita significava per lei salutare l’ultima testimone del loro tempo, oltreché compagna di viaggio.
    .. I giorni di fatica e di fortuna
    fortuna da sperare
    sperare di imparare a stare al mondo
    nel mondo meridione delle stelle(1)
    I ricordi dei loro momenti assieme la assalirono come un’ondata: i giorni alla Saint Paul School, la Festa di Maggio, quell’estate in Scozia.. e poi, i ricordi della vita adulta, in cui Patty c’era sempre stata, discreta e silenziosa, eppure attiva e volenterosa, sebbene avvolta nel suo dolore e nel suo lutto mai sopito.
    Sorrise al pensiero che adesso lei e Stear erano assieme, in Cielo.
    E lei, lei chi avrebbe raggiunto, Lassù? Terry o Albert?
    .. Le stelle che ci insegnano la strada
    la strada per tornare(1)
    Per tutta la vita, si era chiesta chi avesse amato davvero.. e la risposta adesso era probabilmente entrambi.
    Mentre, a casa, Scarlett ascoltava con le amiche Don’t cry dei Guns’n’Roses, ridendo della leggerezza dei suoi diciannove anni, lei si ritrovava a fare un bilancio della propria esistenza: molte tribolazioni, poche e preziosissime gioie; due amori; molte domande senza risposta; qualche errore di troppo.
    Terry.. era stato il suo amore inseguito e bramato dolorosamente prima, il suo compagno di vita incompreso poi.. era certa che se quella dannata notte la cattiveria di Iriza non li avesse divisi, le loro vite sarebbero state completamente diverse.. niente esistenze separate, e di conseguenza niente rimorsi segreti ed incomprensioni.. avrebbero avuto una vita splendida e felice, Michael non sarebbe morto.. e nemmeno Susanna!
    Ma che senso aveva pensarlo, adesso?
    Terry non c’era più, Albert nemmeno, e presto li avrebbe raggiunti anche lei.
    Si voltò ad osservare la pronipote con le compagne, provando per loro un senso di bonaria invidia più simile alla nostalgia, pensando che loro avevano avuto la fortuna di nascere in un’epoca più libera e felice, in cui non c’erano invidie di casta ad avvelenare le esistenze; le augurò in silenzio di essere felici, loro che avrebbero potuto.
    Lei poteva solo raccogliere i frantumi della sua vita.




    (1)Pooh, Senza musica e senza parole.


    ..........................................................................................................


    CAPITOLO 36
    ANNI SENZA FIATO
    (EPILOGO)



    Nota: il titolo del capitolo è ripreso dall’omonima canzone dei Pooh.

    11 Settembre 2001.
    Candy aveva centotré anni, e viveva adesso a New York: Scarlett, la pronipote, aveva preferito tenerla presso di sé, dopo la morte del figlio Stear e della nuora Mary, ed il trasferimento a Los Angeles della nipote Lynn col marito Willie; “Dato che vado a lavorare al World Trade Center, perché non vieni con me, nonna? Non c’è ragione di rimanere qui da sola!”, le aveva detto. Candy alla fine si era lasciata convincere.
    Ma anche se ospite, non aveva voluto restarsene con le mani in mano: rassettava la casa, preparava la cena e sbrigava le piccole faccende che la nipote non poteva sbrigare per forza di cose.
    Anche quella mattina era la stessa cosa: le aveva preparato un veloce pranzo, e ora glielo stava portando in ufficio.
    La ragazza lavorava nella Torre Nord; entrò al pianterreno, dove i segretari ormai la conoscevano come “la nonna della dottoressa Scarlett”, e le fecero un gran sorriso di saluto.
    “Mia nipote è in ufficio?” chiese,
    “No, è uscita poco fa, purtroppo. Può lasciare a noi, e le consegneremo tutto, riferendole il suo messaggio, se vuole”,
    “No, preferirei aspettarla in ufficio, per a voi non disturba”,
    “Affatto! Prego, conosce la strada”.
    Candy si avviò all’ascensore, vi entrò e premette il tasto di un alto piano, dove tante volte era andata in visita da sua nipote.
    Arrivò nell’ufficio, che le avevano detto era vuoto; posò il cestino del pranzo su un tavolinetto e si sedette su un’ampia poltrona scura dal taglio moderno ad attendere.
    E riflettere.
    Sapeva di essere vicina alla fine del suo percorso, ormai; e d’altronde, quel mondo sentiva ormai non appartenerle più.
    Anche se
    vorrei sbarcare un po’..(1)
    E viveva ogni giorno, consapevole che avrebbe potuto essere l’ultimo; e nel frattempo, sopportava ciò che non sentiva più suo.
    .. sono anni senza fiato
    e non si può!(1)
    Se si voltava indietro, riusciva ad essere soddisfatta delle gioie sparse qua e là tra tanto dolore: amicizie vere e solide, amori intensi e spesso sofferti.
    Non lo so
    se mi assomiglio ormai
    questi anni senza fiato sono i miei!(1)
    E rivolse una preghiera a Terry col pensiero, all’uomo che l’aveva accompagnata per un buon tratto di strada, ma troppo presto l’aveva lasciata.
    Tu lo sai
    com’è la vita mia
    sono anni senza fiato e vanno via(1)
    All’improvviso, qualcosa la scosse: un boato; sembrava provenuto da molto vicino. Istintivamente, si alzò e guardò fuori della finestra.
    La Torre Sud era in fiamme!
    Nel corridoio, voci concitate parlavano di quello che a prima vista sembrava un incidente.
    “Hai visto? L’ha presa in pieno!”,
    “Ma chi accidenti era quel pilotastro della Domenica?”,
    “Sta andando tutto a fuoco! Chissà quanti morti!”,
    “Debbono sbrigarsi a fare uscire i nostri colleghi da lì”,
    “Il problema sarà evacuare i piani alti, sopra l’esplosione”.
    Mentre le voci divenivano sempre più incalzanti ed allarmate, Candy guardò di nuovo fuori, l’incendio che divampava di fronte: si stava estendendo rapidamente, si potevano vedere persone che si affacciavano gridando dai piani alti; qualcuno addirittura si buttava giù.
    Ma che stava succedendo?
    “Un attentato! E’ stato un attentato!”,
    “Alla radio parlano di un altro aereo che è caduto sul Pentagono!”,
    “Pare ce ne siano diversi in giro, in mano ai terroristi islamici talebani”,
    “Quei porci sessisti! Da gente così c’è da aspettarsi di tutto!”,
    “Guardate, il fumo sta salendo verso di noi! Aiutateci, qualcuno ci aiuti!”.
    Grida di panico, accompagnate da un odore di bruciato insopportabile si allargavano sempre più.
    Candy sentì una fitta al petto all’altezza del cuore.
    Ci siamo.. ci siamo..
    Si accasciò sule ginocchia.
    Scarlett.. sta per finire tutto, ed io non posso nemmeno salutarti! Albert.. Terry, Terry..!
    Sono felice che tu sia via, fuori da questo inferno: tu devi vivere, Scarlett!
    Le sirene di allarme suonavano una dopo l’altra: era il panico totale.
    “Gli ascensori sono bloccati!”. Altre grida di panico incontrollate.
    Sei al capolinea, Candy. Di che ti lamenti? Non dicevi sempre di volere raggiungere i tuoi cari, di lasciare questo mondo a cui non appartenevi più? E’ giusto..
    Davanti ai suoi occhi iniziarono a scorrere le immagini di una vita, ad iniziare dalla Casa di Pony, coi volti sorridenti e dolci di Miss Pony e Suor Maria.
    Qui, tra queste luci io
    ripenso a casa mia
    di tanto tempo fa..(1)
    Poi, vide Anthony seduto tra le sue rose, Stear che sistemava delle viti su un aereo di fortuna, Archie che fumava un sigaro, Flanny con una siringa in mano, Annie che le tendeva la mano per arrampicarsi su Papà Albero, Albert con barba ed occhiali e Puppy in braccio, Patty con indosso il vestito della Festa di Maggio, Tom con il padre, Robert Hathaway.. e tutti le sorridevano.
    Arrivo.. vengo..
    Davanti ai suoi occhi apparve una grande luce bianca, che sembrava uscita dal nulla.. aveva un qualcosa di soave ed indecifrabile.. e dentro di essa Candy vide tutti coloro che in vita aveva amato, anche se per poco tempo: indossavano vesti bianche e sembravano fatti d’aria.. sui loro visi tornati giovani, era sparita qualunque traccia di sofferenza.
    Davanti a tutti, Terry ed Albert, che le tendevano le mani.
    “Candy, è ora di andare: non hai più nulla da fare qui, devi venire via”, le dicevano.
    Come se ottant’anni le fossero improvvisamente caduti giù dalle spalle, la vecchia Candy si sentì rinvigorita; si alzò rapidamente, raggiungendo e afferrando quelle mani tese.
    E quando entrò in quell’aura luminosa, non si stupì di vedere di nuovo sul proprio viso i tratti della gioventù, riflessi nella luce.
    La abbracciarono tutti, di un abbraccio caldo ma impalpabile “Benvenuta, Candy!”; lei si voltò per l’ultima volta ad osservare il suo vecchio corpo, che ora giaceva privo di vita sul pavimento, gli occhi e la bocca atteggiati nell’ultimo sorriso: lo salutò alzando una mano, poi la grande luce disparve, portandola via assieme agli altri.
    Un attimo dopo, un secondo aereo si abbatteva anche sulla Torre Nord, un poco più in basso del piano dell’ufficio di Scarlett.

    **********

    Maggio 2002.
    Il cimitero monumentale di Chicago era pieno di visitatori; molti erano venuti a salutare un parente od amico perito nelle Torri.
    Anche Scarlett e il fidanzato Thomas erano lì, approfittando di un viaggio a Chicago dove avevano fatto tumulare quelli che credevano i resti mortali di Candy, ritrovati quell’orribile giorno a New York.
    Osservavano la tomba di famiglia, in cui generazioni di Andrew avevano trovato l’estremo riposo; le più recenti erano Flanny accanto ad Albert, Archie con Annie e Patty insieme a Stear.
    E poi, ovviamente, Candy e Terry.
    Scarlett osservava la lapide con il cuore colmo d’emozione “Addio, nonna! Mi hai insegnato che bisogna seguire sempre il proprio cuore, ed io seguirò il tuo insegnamento. Non voglio sprecare nemmeno un attimo della mia esistenza: la vita, per me, comincia da ora!”.
    E tanti auguri a voi
    di non risparmiare mai
    di non barare mai..(1)
    Thomas la strinse per le spalle, e lei sorrise; “Andiamo?” le chiese,
    “Sì” rispose Scarlett.
    I due si allontanarono dirigendosi verso l’uscita del cimitero.
    Per le strade, centinaia di persone camminavano, più o meno allegre, cercando di fronteggiar al meglio l’ennesima guerra, quella al terrorismo integralista; perché vivere era la cosa più importante, e bisognava andare avanti, qualunque fosse il presente, sperando e facendo in modo che il futuro fosse migliore.
    Sotto a noi
    il mondo cambia e va
    ed è diverso già
    da due minuti fa
    basterà capire il ritmo e poi
    sono anni senza fiato finché vuoi!(1)
    Era questo in fondo, l’insegnamento di Candy.
    E mentre i due ragazzi camminavano lungo la strada affollata discutendo del loro prossimo matrimonio, il cielo sopra Chicago sembrava guardarli in un largo sorriso.


    (1)Pooh, Anni senza fiato.



    La storia è finita! Lo so, è stata molto OOC, ma chi mi conosce da autore, sa bene che ci sono avvezza; ringrazio chi mi ha seguito, grazie per la pazienza!
    Dedico questo capitolo alle vittime dell’insensata follìa dell’attentato al World Trade Center, perché il loro sacrificio non sia stato vano, nella costruzione di un mondo più giusto e senza fanatismi.
    Un bacione, Tetide.
     
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  13. Madama Butterfly 83
     
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    Buongiorno, ieri ho finito di leggere questa fan fiction. Era tardissimo. Quindi oggi pubblico questa recensione.
    Voglio complimentarmi con l' autrice. E' molto ben scritta ed ha fatto un lavoro pazzesco sia per la lunghezza ( io ho impiegato 3 giorni per leggerla tutta) sia per tutti i riferimenti storici del tempo (che vanno dalle acconciature, all'arredamento, hai fatti storici realmente accaduti). Mi e' sembrato di leggere un romanzo. Bella anche l'idea delle canzoni. Mi ha fatto sognare. Mi e' piaciuto anche il modo in cui scavi nella psicologia dei personaggi. Il suicidio era in evitabile per il personaggio di Archie ed è stato molto ben descritto. Ora invece vi dico quello che non mi ha convinto. Non mi ha convinto quel senso di colpa che aleggiava sempre e comunque su tutti i personaggi. Primo fra tutti Terence( perché avrebbe dovuto sentirsi in colpa per la morte di Susanna? Dopotutto si è preso cura di lei fino all'ultimo. Lei e' morta di morte naturale. Ha adempiuto alla promessa fatta) mi e' sembrata una forzatura nel racconto. Non mi ha convinto nemmeno l' entrata nel traffico di alcolici del marito di Candy, o meglio, avrei capito se lo avesse fatto solo per il gusto di arricchirsi velocemente (ma non condivido il fatto che lo si giustifichi con la scusa che lo faceva per Candy). Candy ha badato sempre ai sentimenti. Si è innamorata di Terence quando entrambi erano dei ragazzini senza arte ne parte. Quindi non sta in piedi questa giustifacione. Essere piú ricco non gli avrebbe garantito più amore. Non mi ha convinto nemmeno la relazione tra Terence e la migliore amica di Candy e' stata una vigliaccata( o meglio non mi ha convinto che lei si sia sentita in colpa verso il marito morto e non verso la sua migliore amica)per non parlare del fatto che Candy capisce ma fa finta di niente e si comporta come se nulla fosse. Non ho trovato nemmeno realistico che Terence a conoscenza dei ripetuti tradimenti della moglie con Albert faccia finta di niente ( lui che con il suo carattere fumantino ha avuto brutti scatti d' ira per molto meno). E non ho trovato nemmeno realistico il senso di colpa della moglie di Albert arrivato a scoppio ritardato dopo moltissimi anni.Ho trovato molto realistica anche la gelosia latente di Terry per il passato che Candy aveva vissuto. Molto realistico il perdersi di Terence tra alcool e donne dopo il matrimonio con Susanna e la ricerca di un surrogato di Candy . Come mai sono state descritte scene abbastanza esplicite di sesso tra tutti i personaggi e nessuna che riguardasse Michael e Candy? Dopotutto hanno avuto un figlio. E come mai hai descritto la prima volta di Albert con Flanny con dovizia di particolari mentre la prima volta di Candy e Terry e' più scarna? Infondo sono loro i protagonisti, mi sarei aspettata il contrario.
    Un'altra cosa per la scena dell' aereo sulle torre con Candy dentro, ti sei ispirata al film remember me?
    Scusatemi per questo papiro infinito ma avevo tante cose da dire :vergogn: Ancora complimenti per quest'opera che mi ha appassionato davvero tanto :4q5xx4w.gif: :4q5xx4w.gif:
     
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    Che bella recensione corposa, non l'avevo notata prima! :4q5xx4w.gif:
    Anch'io ho storto un po' il naso per la relazione di Annie e Terence, che non hanno avuto mai nulla in comune, ma credo che la si possa spiegare col fatto che i due si sentissero a torto o a ragione frustrati dai loro rispettivi matrimoni. Presumo che Terence si sentisse in colpa verso Susanna perché non è mai riuscito, sebbene si sia sforzato, ad amarla veramente.
    Purtroppo ho letto la ff molto tempo fa e non ricordo molti dettagli. Ho comunque apprezzato che sia tornato il personaggio di Michael, che a mio avviso avrebbe meritato più spazio nell'anime.
     
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  15. Tetide
     
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    Scusate se rispondo solo adesso, ma ho letto solo ora le vostre due recensioni. E immaginavo bene che questa storia vi avrebbe scioccate, perché i personaggi sono molto diversi dagli originali; ma come avevo detto sin dall'inizio, è una storia molto realistica, che rispecchia la vita, e tutti noi sappiamo bene quanto la realtà possa, a volte, superare ogni fantasia; inoltre, dovreste considerare che i nostri personaggi sono ormai adulti, e ben "mazzolati" dalla vita, e questa è una cosa che cambia le persone moltissimo, e le spinge anche ad atti sconsiderati: non sono più i ragazzi dall'animo giovane e puro che conoscevamo, i colpi ricevuti li hanno spinti, per rabbia, disperazione o anche solo noia, a fare scelte che un tempo non avrebbero mai fatte.
    Per il resto, vi ringrazio per i complimenti, per me è stato un lavoro molto lungo, ma entusiasmante, tengo davvero tanto a questa fic. Un bacio!
     
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30 replies since 24/2/2014, 17:57   2376 views
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