Una leggenda di Halloween

racconto originale che ho scritto per il concorso "Scrittore per un giorno"

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    Ciao a tutti... :) Giorni fa navigando nel forum Libri, che passione mi sono imbattuta in un topic che pubblicizzava "Scrittore per un giorno", un concorso al quale qualunque utente avrebbe potuto partecipare ed al quale non ho resistito, dato che adoro scrivere! ;)
    Ovviamente il concorso consisteva nella realizzazione di un racconto (dalle 15 righe in su, perciò mi sono limitata ad una cosa breve), ma non di un racconto qualsiasi. Fra 12 dolls realizzate al pc bisognava sceglierne una e basarsi su quella per la propria opera, facendo riferimento all'abbigliamento ed agli accessori. :shifty:
    Dato che ho partecipato a nome del forum, indipendentemente dal risultato mi pare giusto postare la mia storia anche qui. :onigiri_fascinated.gif:
    Il titolo è provvisorio, per ora non me n'è venuto in mente uno più decente, tanto non era richiesto dal concorso. :P

    Ecco comunque il racconto con la doll che ho scelto:

    Elise O’Brien era una fanciulla irlandese vissuta all’inizio del ‘700… La sua storia è molto triste, infatti la sua vita fu stroncata in maniera tragica, a soli 15 anni, nella notte del 31 ottobre, oggi nota ai più come la notte di Halloween.
    La famiglia di origine di Elise era una famiglia di conti da parecchie generazioni, che aveva visto un passato più che illustre, al che si sarebbe potuto immaginare che fino alla sua naturale estinzione tutti i suoi membri avrebbero avuto una vita da sogno, in mezzo al fior fiore della società. Invece fu così soltanto finché suo nonno, che si trovava con la moglie in visita presso il castello dei suoceri, fu trovato morto in un lago di sangue nel giardino antistante il castello in circostanze tanto misteriose e strane da risultare inspiegabili: in seguito a ciò si diffuse la diceria che le donne di quella famiglia fossero streghe, e che la contessa Isabel avesse ucciso il marito per offrire il suo cuore in pasto a Satana, magari in previsione di un sabba. La contessa si salvò dal rogo esclusivamente grazie alla creatura che portava in grembo, ma la sua famiglia fu completamente messa al bando: gli altri nobili li esclusero da qualsiasi occasione d’incontro e persino la servitù abbandonò il castello, eccetto il maggiordomo (la cui famiglia era da sempre al servizio dei conti) e la moglie, che avevano continuato ad aiutare i loro padroni come se nulla fosse, facendo così in modo che i conti non fossero costretti ad abbandonare la dimora di famiglia a cui erano tanto legati, anche se ormai il nome di quella famiglia fu bollato come marchio d’infamia.
    I genitori di Isabel, pur convinti dell’innocenza della figlia, non ressero a lungo tale stato di cose e lasciarono presto questo mondo, mentre Isabel morì dopo aver dato alla luce la piccola Helen, sopravvivendo soltanto il tempo necessario per affidare la figlia alla moglie del maggiordomo, alla quale raccomandò di crescerla come figlia propria.
    Così la figlia della contessa fu data per morta, ed Helen crebbe come la figlia di quelle due brave persone, che si trasferirono con lei e con il loro figlioletto di 4 anni in una casa ben più modesta.
    Quando Helen compì 16 anni i suoi genitori le rivelarono la verità sulle sue origini, offrendole per il suo compleanno il dono che sua madre aveva riservato per lei, la sua collana di giada, zaffiri e rubini, che era sempre appartenuta alla loro famiglia e che si tramandava sempre da madre a figlia. Fu difficile per Helen accettare la triste realtà, ma l’aiutò molto il vero figlio del maggiordomo, Ernest: con il tempo la loro amicizia si trasformò in qualcosa di più profondo. I due si sposarono e dal loro amore nacque Elise…
    La loro vita scorreva serena, ma ovviamente in maniera molto più modesta di quanto sarebbe spettato alla bambina, che anche se ignara delle sue origini nobili fu subito molto affascinata dalle principesse delle favole che sua madre le raccontava per farla addormentare e lo fu ancora di più quando, a 15 anni, s’imbatté casualmente nella carrozza di una famiglia aristocratica che si trovò di passaggio al loro piccolo villaggio: la grazia e l’eleganza delle fanciulle che vide scendere dalla carrozza le insinuarono nel cuore l’assurdo sogno di poter diventare un giorno come loro!
    Elise si rendeva conto che a parte la sua grande bellezza, i suoi occhi di un colore indefinito fra il blu ed il verde (che aveva ereditato da sua madre) ed i suoi lunghissimi capelli neri dai riflessi ramati, non aveva granché di particolare da offrire a chiunque si sarebbe potuto definire un buon partito e perciò avrebbe dovuto accontentarsi di un bravo giovane della sua stessa classe sociale, come il figlio del fornaio oppure il figlio del fabbro… La cosa non l’avrebbe turbata più di tanto, poiché grazie alla sua innata gentilezza e grazia Elise era riuscita a farsi molto ben volere fra i compaesani ed aveva parecchi amici, ma il caso volle che appena qualche giorno dopo scoprì la collana di giada, zaffiri e rubini in un cassetto in camera di sua madre: ovviamente la fanciulla chiese subito ad Helen come potesse una povera contadina come lei possedere un gioiello così prezioso, e la donna non poté fare a meno di raccontarle tutta la storia, promettendole che sarebbe diventata sua il giorno del suo 16° compleanno, ma che comunque avrebbe dovuto tenerla nascosta, esclusivamente come un caro ricordo di famiglia e che finché non avesse avuto anche lei una figlia a cui tramandarla non avrebbe dovuto mai mostrarla a nessuno, in quanto rappresentava un marchio troppo evidentemente correlato alla famiglia O’Brien ed alla sua presunta natura malefica e ciò avrebbe potuto esporla a gravi rischi.
    Un po’ delusa all’idea di dover aspettare ancora parecchi mesi e soprattutto di non poterla mai sfoggiare, Elise si rassegnò e promise alla madre che avrebbe fatto secondo le sue volontà.
    Finché non si approssimò il 31 ottobre, data in cui era tradizione del villaggio l’organizzazione di una grande festa in maschera che sarebbe durata per tutta la notte e che spesso attirava oltre che tutti i giovani del villaggio, a cui era dedicata, anche alcuni giovani nobili annoiati dalla loro vita così piena di regole, che approfittando della possibilità di mascherarsi e rendersi irriconoscibili non perdevano l’occasione di poter trascorrere una notte di allegria e spensieratezza mescolandosi alla gente comune.
    Ottenuto il permesso della madre di poter cercare fra i suoi vecchi abiti smessi per riadattarne uno e poterne ricavare da sola un costume, Elise trovò un lungo abito bianco con scarpine abbinate dello stesso colore: era semplice ma più raffinato di ciò a cui era abituata, probabilmente era fra le cose che i nonni avevano portato con sé quando avevano abbandonato il castello con sua madre in fasce, forse era appartenuto a sua nonna Isabel, ma era lievemente trasparente sulle gambe, probabilmente i nobili usavano una cosa del genere come camicia da notte e ritenne perciò indispensabile aggiungere qualche elemento di modifica: pensò così che avrebbe potuto renderlo simile ad un abito da sposa, così cercò un tessuto che potesse essere usato come velo. Quando si mostrò alla madre ed ai nonni con l’abito modificato essi si complimentarono con lei, dicendole che era bellissima ed avrebbe avuto molto successo alla festa, ma quel pizzico di vanità che era ormai affiorato nel suo animo impediva ad Elise di condividere la loro soddisfazione e la induceva a pensare che anche dopo questa aggiunta l’abito le sembrava ancora troppo spoglio. Si sentiva troppo cresciuta per adornarsi con troppi pizzi e merletti e fu così che le tornò prepotentemente in mente la collana di sua madre, così bella, raffinata, con quelle pietre di un colore che si abbinava così bene a quello dei suoi occhi…
    In mezzo a tanti ragazzi mascherati, che fra l’altro non s’intendevano di certe cose più di lei, non sarebbe stato facile capire che non era fatta di pietre senza valore e poi forse anche lei avrebbe potuto essere scambiata per una giovane nobile in incognito e far innamorare di sé un giovane di alto lignaggio!
    Per giorni la ragazza fu combattuta, non voleva assolutamente disobbedire a sua madre e si rendeva conto che le sue raccomandazioni miravano esclusivamente al suo bene, ma d’altra parte pensava che si sarebbe trattato solo di un’unica occasione: l’avrebbe sottratta soltanto per poche ore per poi rimetterla di nascosto al suo posto, tutto senza che né la madre né i nonni (che non si erano mai interessati a queste frivolezze, presi com’erano dal lavoro quotidiano e dalla necessità di sfruttare la notte solo per il riposo dalle loro fatiche) se ne accorgessero, nessuno avrebbe mai saputo niente, senza contare che se avesse trovato marito la cosa sarebbe stata del tutto insignificante ed anche i suoi sarebbero stati felici per lei e per la sua fortuna! Quei pensieri l’ossessionarono sempre di più, finché la sera della festa Eloise cedette alla tentazione: presa la collana di sua madre la indossò soltanto quando fu abbastanza lontana da casa affinché i suoi non la vedessero e volò felice alla festa, piena di sogni e di speranze…
    La festa era meravigliosa: Elise si divertì molto, più giovani la invitarono a danzare, ed uno in particolare, che non aveva mai conosciuto prima, la colpì: dai suoi modi raffinati e dall’eleganza del suo linguaggio si poteva sospettare che forse il suo cavaliere fosse davvero un giovane nobile, ed aveva fatto con lei tre balli di fila!
    Avrebbe tanto voluto approfondirne subito la conoscenza, ma purtroppo si rese conto che si stava facendo tardi: la sua casa era un po’ lontana dal centro del paese e davvero se voleva rincasare in tempo per poter nascondere del tutto il segno della sua disobbedienza doveva avviarsi… così molto a malincuore si congedò dal giovane, che per tutta risposta si offrì di accompagnarla: possibile che i suoi sogni si stessero realizzando? Non sapeva che fare: lui era consapevole di aver danzato con una povera contadina, oppure l’aveva scambiata per una sua pari? Ed in questo caso come avrebbe reagito vedendo la sua misera dimora? Presa da un’angoscia improvvisa e non prendendo nemmeno in considerazione l’idea che anche lui avrebbe potuto invece essere un contadino come lei proveniente da un altro villaggio e che avrebbero potuto essere soltanto le sue maniere ad ingannarla, Elise rifiutò gentilmente l’invito; dopodiché si avviò velocemente verso casa: che cosa le era venuto in testa? Era stata una stupida illusa!
    La festa che le era sembrata all’inizio così meravigliosa le aveva causato invece maggiore sofferenza, e la ragazza desiderò arrivare a casa prima possibile; per tale motivo decise di prendere una scorciatoia che attraversava il bosco, voleva solo restituire la collana alla mamma ed infilarsi nel suo letto per dimenticare, tornando alla sua vita di tutti i giorni come se nulla fosse successo.
    Ma Elise non poté restituire la collana a sua madre e tanto meno poté tornare nel suo letto: non appena fu fuori dal centro della festa fu raggiunta da un gruppetto di persone che la fissavano in maniera alquanto strana, minacciosa. Ed in particolare fissavano la sua collana. Finalmente capì: qualcuno l’aveva riconosciuta, o meglio aveva riconosciuto quel gioiello che si tramandava di generazione in generazione nella famiglia O’Brien! Poi non capì quasi più nulla: quelle voci concitate, qualcuno che parlava di maledizioni, assassini… Si sentì definire strega, inutilmente cercò di impedire loro di sollevarla di peso dopo che l’ebbero legata e le ebbero messo una benda per tapparle la bocca ed impedirle di gridare. La portarono sulla riva del fiume, dove le fissarono una pesante palla di ferro ad una caviglia, poi uno dei suoi aguzzini, che aveva una voce più adulta, prese solennemente la parola, annunciando la prova suprema per smascherare la strega: “Se non annega vuol dire che ha invocato il demonio e quindi è colpevole, se invece annega è innocente… morirà ugualmente ma la sua anima sarà salva!”
    Quindi sentì solo il gelo delle acque del fiume, e poi il nulla…
    Da allora ogni anno, la notte di Halloween, il fantasma di Elise riemerge dalle acque del fiume, esattamente nel punto da cui l’avevano gettata. Ha ancora indosso il suo abito bianco riadattato per la prima ed ultima festa a cui partecipò nella sua breve vita, con il velo e la collana; porta con sé una lampada, ottenuta da una zucca svuotata com’è ormai tradizione in vari paesi in questa occasione, come se volesse farsi luce attraverso i boschi della zona, per poi tornare nel lago alle prime luci dell’alba. Ed alla caviglia sinistra porta ancora la palla di ferro impostale dai suoi aguzzini, schiavi dei loro pregiudizi, del loro odio e della loro ignoranza. Fa così ogni anno, ripetendo sempre lo stesso percorso, perché non riuscirà a darsi pace e recarsi in Paradiso finché non avrà compiuto ciò che si è prefissata: il suo corpo, trascinato dalla forza della corrente chissà dove, non era stato più restituito ai suoi affranti genitori e con esso anche la collana era andata perduta; ma lei continuerà per sempre il suo triste vagare, anche fino alla fine dei tempi se necessario, alla disperata ricerca di qualcuno che non fugga vedendo una strana luce o una misteriosa figura pallida e velata, ma che abbia il coraggio e la sensibilità di ascoltare ed accettare il suo appello disperato, di ritrovare la sua collana e riportarla nel luogo da cui non avrebbe mai dovuto essere portata via, il castello abbandonato al quale anche la sua famiglia era stata crudelmente strappata.
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    Una storia davvero triste e drammatica! Non c'è stata via d'uscita per lei, è terribile essere condannati da innocenti.
    Io lo sono fin troppo bene purtroppo, la cosa va avanti da ben vent'anni. Una morte civile, ingiusta e crudele e chi ci ha colpito, sa bene di essere iniquo. E'scritta moolto bene, complimenti.

    Ho reagito scrivendo cose divertenti, ma in questa prefazione, ho spiegato il fatto.

     
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