Favola

il mio racconto per il 4° concorso di scrittura

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    Giappone, periodo Taisho

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    C’era una volta,
    nel mezzo della campagna italiana del 1550, un piccolo paese. Si trattava di un paesino certamente non diverso da moltissimi altri, in un’epoca in cui troppo grande era il divario fra la dura vita dei contadini e degli operai e quella dei nobili signori che dettavano legge, vivevano nel lusso più sfrenato e dei quali i poveri erano costretti a ricordare l’esistenza esclusivamente per essere impiegati in umili lavori pagati troppo miseramente o nel corso delle ancora più sgradite visite degli esattori delle tasse.
    In una delle abitazioni più misere del villaggio viveva Maria, una giovane ragazza, protagonista della nostra storia. Si trattava di un casolare alquanto vecchio e malandato, ma nell’insieme era abbastanza ben tenuto dai suoi abitanti, una famigliola formata da un uomo e dai suoi 8 figli. In realtà Maria non era quella che all’epoca si poteva definire una gran bellezza. Aveva lunghissimi capelli neri corposi e ricci, stupendi occhi verdi ed un’espressione intelligente, ma la sua pelle era troppo abbronzata dal sole a causa del lavoro e non poteva certo preoccuparsi di curarsi e vestirsi all’ultima moda; comunque questo era normale per tutte le sue coetanee nelle stesse condizioni, ed infatti aveva ricevuto già alcune proposte di matrimonio, anche se le aveva sempre respinte, più che decisa a sposarsi soltanto di chi l’avrebbe fatta innamorare perdutamente, alla faccia delle convenzioni sociali. Su questo restava irremovibile, tanto che suo padre Giovanni aveva finito con l’arrendersi. Molti al suo posto avrebbero domato ad ogni costo quella figlia ribelle, dal comportamento così sconveniente per ogni brava fanciulla dell’epoca, ma egli l’amava talmente, anche per i cui occhi che, come le diceva sempre, gli ricordavano tanto quelli della sua defunta madre e per il suo carattere tanto simile al suo, da passarci sopra ed appagare, per quanto gli fosse possibile, anche la sua grande sete di conoscenza, inaccettabile da parte di una donna. Senza contare che Maria si era sempre dimostrata un validissimo aiuto, sia in casa che nei campi, dimostrandosi anche più operosa delle sue coetanee. E così il pover’uomo era costretto a subire le critiche dei suoi compaesani, che gli facevano notare che quando lui non ci sarebbe stato più la vita sarebbe stata molto dura per lei, dato che i fratelli avrebbero dovuto preoccuparsi delle loro rispettive famiglie e lei al massimo avrebbe potuto collaborare in casa della sua sorella maggiore, il cui marito l’avrebbe trattata al pari di una serva, mettendola sempre al di sotto di moglie e figli. Per non parlare di ciò che dicevano alle sue spalle le donne, che pur apprezzando la bontà d’animo di quella ragazza, non potevano non far notare che la sua lingua troppo lunga avrebbe potuto provocare grossi problemi a tutto il villaggio, come stava per succedere quando, in occasione di una visita degli esattori, aveva cercato loro di impedire loro di sequestrare una mucca ed alcuni mobili ad una famiglia che non era riuscita a saldare il proprio debito. Ovviamente, non essendo capace di maneggiare le armi, non avrebbe mai potuto fronteggiare dei soldati come loro, ed infatti ne aveva ricavato una sberla dal loro capo, l’esattore delle tasse Alfonso, un omone alto e robusto particolarmente noto per la sua avidità e la sua arroganza, che non si sarebbe fatto alcuno scrupolo ad arrestarla sul posto a soli 12 anni, desistendo molto malvolentieri dai suoi propositi alle accorate preghiere dei suoi fratelli, che avevano invocato comprensione per la sua età ed assicurandogli che avrebbero provveduto loro a punirla come meritava.
    Nel 1550 Maria aveva ormai compiuto 16 anni. Era quasi estate, e si approssimava una nuova visita degli esattori, che sarebbero giunti puntualmente a riscuotere il tributo annuale nonché i migliori frutti dei raccolti e gli eventuali sequestri. Cedendo alle insistenze dei compaesani, dopo quello spiacevole episodio avvenuto anni prima Giovanni si assicurava sempre di evitare che la figlia fosse presente in quelle occasioni, affinché non potesse creare più problemi, così anche quella volta l’aveva allontanata di casa con un pretesto: le aveva chiesto di recarsi a scambiare alcuni prodotti con il villaggio vicino, e magari, sulla strada del ritorno, raccogliere un po’ di fragole nel bosco. Ed aveva chiesto di accompagnarla a Francesco, suo vicino di casa nonché unico ragazzo del villaggio col quale lei era sempre andata d’accordo, sia per via della sua età sia perché per la sua indole buona era l’unico che non l’aveva mai additata o presa in giro per le sue stramberie. Anzi, quando erano diventati ufficialmente amici, quando lui aveva 8 anni e lei 6, lui le aveva detto di trovarla simpatica proprio per questo, dopo di che i due erano diventati inseparabili. Dieci anni dopo lui era diventato uno splendido giovane, tanto che diverse ragazze in età da marito del villaggio sognavano di ricevere una proposta da lui e non riuscivano a nascondere del tutto una certa gelosia nei confronti di Maria che aveva tanto spesso la possibilità di stare in sua compagnia. Ma lei pareva non badarci troppo, anche perché Francesco rappresentava semplicemente il suo migliore amico, al massimo il fratello maggiore gentile e comprensivo che non aveva avuto e che talvolta le aveva insegnato a difendersi all’insaputa di tutti, ma niente di più. E pareva anche non essersi accorta che in realtà per lui non era esattamente la stessa cosa, e che più passava del tempo insieme a lei più sentiva di considerarla molto più di una semplice amica, anche se comprendendo i suoi sentimenti più di chiunque altro non aveva mai osato dirle niente, temendo di poterla così perdere del tutto.
    Quel giorno, mentre avanzavano con il carro verso il villaggio vicino, Maria era molto irrequieta. Anche se suo padre non le diceva mai il motivo per cui ogni tanto le affidava commissioni particolarmente lunghe ed impegnative, ormai aveva raggiunto l’età per scoprire da sola la verità, così, dopo aver trascorso una mezz’ora buona a sbuffare in silenzio mentre lui guidava, non riuscì più a trattenersi: “Allora, a che ora devono arrivare quelle sanguisughe stavolta?” chiese, afferrando le redini per fermare il carro e guardando Francesco fisso negli occhi, con uno sguardo che dimostrava che non avrebbe accettato niente che non fosse la pura verità “Inutile negarlo, papà oggi era particolarmente ansioso di vederci partire, ed anche tu sei strano, non è tua abitudine startene così in silenzio quando viaggiamo insieme!”
    “Per mezzogiorno…” si arrese lui, dopo una certa esitazione, e tese le mani per riprendere le redini e riavviare il carro, ma lei non gliele cedeva “Ma sai che ci comportiamo in questo modo soltanto per il tuo bene! Da brava, lasciami le redini: sai bene che ormai non te la caveresti con così poco come quattro anni fa. Quelli non hanno scrupoli, non avrebbero potuto farsene granché di una ragazzina di 12 anni, ma adesso… non puoi nemmeno immaginare cosa potrebbero farti, come potrebbero pensare di sfruttarti, e non ci sarebbe supplica efficace per farli desistere e nemmeno ulteriori tributi!”
    “Non sono più una bambina, e posso immaginare, eccome!” gli rispose Maria “Ma non mi pare un valido motivo per essere vigliacchi! Non capirò mai la gente del villaggio, perché sopportano passivamente tutti i soprusi? Eppure se decidessero di fronteggiarli tutti insieme riuscirebbero a mettere in fuga gli esattori, sono molti di più… Degli anziani e di molti altri nostri coetanei non mi meraviglio, ma mi sconvolge un atteggiamento simile da parte tua, non ti facevo vigliacco come loro, sai? Eppure l’anno scorso si sono portati via tua sorella, non vorresti fargliela pagare, e magari ritrovarla, eh?”
    Non sorpreso più di tanto che Maria sapesse il vero motivo per cui sua sorella era improvvisamente scomparsa dal villaggio, Francesco sospirò e saltò giù dal carro, aveva bisogno di sgranchirsi le gambe per calmarsi. Sapeva che quando lei si metteva in testa una cosa era impossibile farle cambiare idea, ma non poteva non tentare ugualmente: “Infatti non ho paura, e vorrei tanto fargliela pagare e scoprire se mia sorella è ancora viva, per quanto possa essere difficile! Però che cosa potrei fare? Proprio per questo è stato proprio mio padre a proporre al tuo che io ti accompagnassi al villaggio vicino oggi, sapeva che anche per me sarebbe stata dura sopportare la vista di quegli individui dopo che l’anno scorso mi hanno portato via la mia dolce Anna che praticamente mi ha cresciuto, dato che mia madre è stata ben presto occupatissima con i gemelli e mi ha lasciato alle sue cure quando avevo poco più di un anno! Non voglio nemmeno pensare a cosa potrebbero averle fatto, probabilmente l’avranno sbattuta a fare la serva nella casa di qualche vecchio senza scrupoli che potesse approfittare di lei nei modi più bassi e meschini, oppure potrebbero addirittura averla venduta ad un bordello, bella com’era... Però so che mio padre ha ragione, non posso correre rischi inutili, rischiando così di venirgli meno: lui ormai inizia a risentire degli anni e da quando Anna non c’è più io sono il figlio maggiore, perciò cosa farebbero i miei fratelli più piccoli se anche a me dovesse capitare qualcosa? Ragiona, se li affrontassi anche tu rischieresti la stessa sorte, ed anche se li affrontassimo tutti insieme servirebbe a poco, andrebbero via, ma tornerebbero con i rinforzi e per noi sarebbe davvero la fine!”
    “Io ragiono eccome” controbatté lei, che era saltata giù a sua volta seguendolo vicino al fiume al quale si era accostato per rinfrescarsi il viso “E proprio per questo sono convinta che se non facciamo mai nulla per migliorare la situazione dovremo sempre vivere nel terrore di quei tiranni che sfruttano impunemente la nostra terra ed i nostri animali, dei quali solo noi ci occupiamo, sgobbando duramente dalla mattina alla sera. Questo è sbagliato, e quello che è sbagliato va corretto! Non importa come, ci verrà in mente qualcosa, ma nel frattempo io non resterò con le mani in mano!” e spiazzandolo corse verso il carro e montò a cavallo, tagliando le redini con un coltello che aveva in tasca, e si avviò al galoppo verso il villaggio, inseguita dai vani richiami disperati di Francesco, che non così non avrebbe potuto fare altro che tornarsene a piedi, maledicendo il giorno in cui le aveva insegnato con tanto impegno a cavalcare e temendo il peggio. In certi momenti anche un tipo paziente come lui sarebbe stato tentato di mandare al diavolo una ragazza del genere, ma ovviamente non lo avrebbe mai fatto, proprio perché, come aveva detto chiaramente da piccolo, lei gli piaceva soprattutto perché era tanto diversa dalle altre.
    Così, mentre il povero Francesco si affrettava il più possibile a piedi, Maria raggiunse il villaggio in poco più di un’ora, giusto in tempo per trovare gli esattori proprio nel casolare della sua famiglia! Inizialmente rimase come imbambolata: dopotutto aveva disobbedito ad uno dei rari ordini perentori di suo padre e averlo visto da lontano l’aveva fatta sentire improvvisamente in colpa! Così per un po’ rimase nascosta ad osservare la situazione, pensando che forse lui e Francesco non avevano tutti i torti: cosa avrebbe potuto risolvere una ragazza come lei? Poi però la situazione inizialmente tranquilla andò degenerando, finché non vide Alfonso che prendeva per il colletto Giovanni, colpevole per aver difeso uno dei figli che aveva reagito male alla loro dichiarazione che la tassa che pagava di solito non era più sufficiente. A questo punto, prima ancora di poter pensare a come agire, le sue gambe si erano già mosse da sole, e la ragazza era già fra quell’energumeno e suo padre, per dividerli.
    “Maria, cosa fai qui? E dov’è Francesco, perché non è più con te???” la rimproverò Giovanni, approfittando della sorpresa del suo aggressore per liberarsi dalla sua stretta.
    “Ma no, no, non rimproverarla!” disse a sorpresa Alfonso, che invece di una logica espressione seccata sfoggiò un sorriso che più che altro pareva un ghigno “E’ stata davvero una bella sorpresa, mio caro Giovanni! Sai, tua figlia in quattro anni è diventata davvero una bellezza… Peccato che a quanto pare sia rimasta la piccola testa calda di allora, ma poco male: ormai i tempi stanno cambiando, in città non è più così inusuale trovare donne così intraprendenti, che io trovo persino più affascinanti e seducenti delle altre! Questo bel visino, ormai non vale più la pena schiaffeggiarlo, potrei rovinarlo e sarebbe un vero peccato!” commentò, e levata la mano verso il suo viso, glielo sfiorò, suscitando in lei un effetto molto più sgradevole della sberla che quello stesso uomo le aveva mollato allora, tanto sgradevole che non poté non scansarsi, con un sussulto.
    “Insomma, lasciateci in pace! Nessuno ci ha avvisati in tempo che il tributo era stato aumentato, perciò non ora potete pretendere nulla da noi, fuori da qui, e riprenditi questa!” gli gridò senza complimenti in faccia, e gli mollò una sberla, proprio come in passato lui aveva fatto con lei.
    Al che il sorriso sinistro di Alfonso sparì, sostituito da un’espressione tetra: “Molto bene, Giovanni: dato che non hai denaro sufficiente per compensare la differenza, mi prendo tua figlia!” gracchiò, ghermendo Maria, che tentò di divincolarsi, subito costretta a smettere bloccata dopo ben due schiaffoni da parte del suo aguzzino, mentre i soldati lì presenti si assicuravano che nessuno osasse opporsi, pena l’arresto immediato.

    Maria fu legata e caricata sulla carrozza dove Alfonso era solito viaggiare con il suo vice, ora diretta sulla via del ritorno in città, seguita dai soldati a cavallo. Per tutto il viaggio lui cercò di provocarla e stuzzicarla, con volgari ed ovvi apprezzamenti e battutacce oscene, nonché con insulti rivolti a suo padre ed a tutto il villaggio, ma lei non spiccicò parola, troppo concentrata, per non dargli soddisfazione, a non piangere. Ma appena si accorse che lui si era assopito, soddisfatto per quanto aveva incassato, le lacrime vennero fuori, e così, rimproverandosi per quanto fosse stata sciocca ed incosciente, chiese disperatamente perdono nella sua mente al padre ed ai suoi fratelli, ora certamente disperati per averla persa, ed a Francesco, che aveva pure ingannato in quel modo mollandolo a piedi più a 5 ore di cammino dal paese. Infine, sfiancata, si addormentò anche lei, finché non si sentì scuotere senza alcuna delicatezza. Per qualche attimo, ancora stordita, non si rese conto di dove si trovasse, poi si sentì le braccia e le gambe strette dalle corde ed il viso grasso di Alfonso, che incombeva minacciosamente su di lei, a pochi centimetri dal suo, tanto da poter sentire sulla pelle il suo alito pesante e sgradevole: “Svegliati, mia bella addormentata” le disse, con voce melliflua “la corsa è terminata, è ora di scendere!!! Sempre che tu non ci abbia riflettuto e non abbia deciso di trattenerti ancora per un po’ qui con me, ed allora potremmo accordarci: quando il mio piano sarà andato del tutto in porto ed io sarò divenuto il padrone del palazzo in quanto consorte della duchessa Katrin ti accoglierò fra le mie cameriere personali ed a parte qualche piccolo lavoretto saltuario in casa tanto per salvare le apparenze verresti trattata come una principessa. Pensaci bene, dovrai soltanto restare a mia disposizione nel caso avessi bisogno della tua compagnia per la notte. Mia moglie non lo verrebbe mai a sapere, ti presenterei a lei semplicemente come una nuova cameriera. Ma anche se lo venisse a sapere, una donna non potrebbe certo lamentarsi della condotta del marito, per quanto possa essere stata ricca e potente in passato, dato che con le nozze tutto, proprietà, titoli, denaro e gioielli, diventa automaticamente proprietà del marito! E qualcosa poi regalerei anche a te, come alle altre fortunate che già sono al mio personale servizio!!!” rise rumorosamente, forte della consapevolezza che i soldati avevano prontamente obbedito alla sua richiesta di precederlo al palazzo per annunciare il suo arrivo trionfale a donna Katrin, che sarebbe stata tanto orgogliosa di lui che stavolta avrebbe certamente accettato la sua proposta di matrimonio, dato che per la prima volta, dopo tanti anni in cui lui gliela faceva, gli aveva risposto che probabilmente al suo ritorno avrebbe accettato: gli anni passavano e lei dopo una vedovanza di 10 anni si sarebbe finalmente convinta a risposarsi.
    Quindi, senza aspettare una sua qualsiasi proposta, Alfonso fece per baciarla, al che lei finalmente reagì, sputandogli in faccia.
    “L’hai voluto tu, stupida mocciosa!!!” sbraitò allora Alfonso ripulendosi la guancia, poi la fece rialzare con mal grazia per spingerla fuori dalla carrozza. Maria urtò violentemente con il fianco destro al suolo , lui la raggiunse, la caricò su una spalla come un salame e si avviò a passo svelto verso il portone del palazzo. Se si fosse trovata lì in altre circostanze Maria sarebbe rimasta incantata da quell’enorme meraviglioso giardino, che la luna piena illuminava quasi a giorno: così pieno di piante verdi e fiori dai tanti colori, le colonne che fiancheggiavano l’ultimo tratto del viale principale, i sedili in marmo, la fontana con raffigurate figure di animali di vario tipo, con particolari giochi d’acqua, sembrava quasi di essere arrivati in un luogo magico… Ma in quel momento lei era ormai troppo spaventata anche solo per guardarsi intorno. Rimase passiva, il busto che pendeva sul grosso torace di Alfonso, le guance che le iniziavano a pulsare risentendo tardivamente delle sberle che lui le aveva mollato prima, con lieve sollievo offerto dalle lacrime che ora nuovamente le uscivano, sempre più copiose, e che ormai non le importava più di nascondere.
    Poco dopo arrivarono al palazzo, dove li accolsero un maggiordomo in livrea ed un gruppetto di cameriere, giunto lì più che altro per curiosità.
    “Chi sarebbe questa stracciona?” chiese l’anziano maggiordomo, guardandola con un misto di pietà e disprezzo.
    “Una piccola delinquente, che ha osato levare la mano sulla persona del capo esattore delle tasse, ovvero me medesimo. La sua famiglia non poteva pagare il tributo, allora io invece di sbatterli tutti in galera ho deciso di portarla con me affinché potesse ripagare il debito lavorando per la signora duchessa in questa casa, e questo è stato il suo ringraziamento, schiaffeggiarmi e sputarmi in faccia! Che sia punita come merita, direi che venti frustate sulla schiena possono bastare per stavolta, e dopo resterà esposta al palo per tutta la notte; e poi che sia sbattuta nelle segrete: alloggerà lì, senza poter vedere mai la luce del sole, e ne uscirà soltanto per fare la sguattera!” tuonò Alfonso, dopo averla rimessa in piedi e trascinandola per un braccio “Chiamate il capitano delle guardie di palazzo perché provveda subito a far eseguire l’ordine!”
    Maria sentì le gambe cedere, ormai pronta del peggio, e sperando solo di non riuscire a resistere al dolore, così almeno quell’incubo sarebbe finito. Ma fortunatamente stavolta la fortuna guardò dalla sua parte.
    “Insomma, Bastiano, cosa sta succedendo qui? Mi è giunta voce che Alfonso è tornato: si è perso in giardino, forse?”
    Subito l’anziano accorse ai piedi delle scale, scattando sull’attenti e mettendosi sul lato destro della scalinata, pronto per prenderle il braccio: “No, mia signora, il signor Alfonso è giunto! Mi stava solo spiegando una cosa…” e si inchinò alla donna appena apparsa accanto a lui, che prese la mano che lui le tendeva, scese l’ultimo scalino e poi se ne discostò, ben attenta a non ridurre le distanze con la servitù più dello stretto indispensabile “Ecco, mi diceva che questa ragazzina è una delinquente e va punita severamente, perché…” dal tremore della sua voce si capiva quanta soggezione lui avesse di lei, così nonostante l’orribile situazione Maria non poté fare a meno di alzare nuovamente lo sguardo, per osservare la nuova venuta.
    La duchessa Katrin, la signora di quel sontuoso palazzo, anche detta donna Katrin, pareva davvero la regina delle fate: indossava un abito lungo, celeste con complicatissimi ricami fatti con fili d’oro e perle e zaffiri che richiamavano il colore dei suoi occhi blu le impreziosivano il corpetto, il cui bordo era ornato da pizzo bianco, anch’esso ricamato. Aveva capelli di colore castano scuro, raccolti in un’acconciatura alta che lasciava uscire un paio di riccioli ribelli, impreziosita da una catena di perline alternate a zaffiri, che richiamavano quelli dell’abito. Non se ne riusciva a definire perfettamente l’età: avrebbe potuto averne venticinque, come quaranta, o più… La sua pelle, di un incarnato pallido che per la prima volta fece vergognare Maria, abituata al misero ambiente del suo villaggio, per il suo colorito, era un indubbio ed ulteriore simbolo di nobiltà, ed il suo passo era leggero, quasi impercettibile dall’orecchio umano.
    Per un fuggente attimo a Maria parve di cogliere un barlume di turbamento nello sguardo della marchesa, ma per quale motivo avrebbe dovuto turbarla la vista di una miserabile come lei? Ed infatti pensò subito di essersi sbagliata, perché ancora prima che potesse chiedersene i motivi Katrin parlò con autorità, proprio come la regina che pareva essere: “Non mi interessa ciò che ha fatto, Bastiano, posso immaginare… Comunque sapete che non tollero per nessun motivo certe iniziative nella mia residenza: mai, per nessun motivo, nemmeno dal mio futuro marito! Perciò sia ben chiaro: se dovesse mai giungermi all’orecchio che è stata levata la frusta anche una sola volta su di lei o su chiunque altro prenderò immediati provvedimenti!”
    Alfonso, sconfitto, chinò la testa, rimettendosi al volere della sua signora, mascherando con quel gesto un sorriso troppo ampio perché potesse essere sincero.
    “A… Allora cosa dobbiamo fare della ragazza, mia signora?” chiese sempre balbettando Bastiano, e stavolta dovette contenere l’inchino, sentendo un doloroso scricchiolio alla schiena malandata dall’età.
    “Slegatela, accompagnatela in soffitta e portatele pane ed acqua! Ah, anche acqua per lavarsi almeno il viso, non vedete quanto è sporca? Ed io non voglio gente sudicia in casa! Elisa, prendi quel suo abito di stracci e brucialo, sarà pieno di germi, e dalle l’uniforme della cameriera che ho licenziato la settimana scorsa, dovrebbe essere della sua misura! Ovviamente la chiuderai dentro: dato che Bastiano ha detto che è una delinquente sarà meglio evitare di lasciarle la possibilità di circolare nel palazzo mentre tutti dormono, potrebbe derubarci e poi scappare… Deciderò della sua sorte domani!”
    “Sarà fatto, mia signora!” rispose Elisa, una donna sulla sessantina al seguito di Katrin, probabilmente la sua cameriera personale. Katrin si ritirò nelle sue stanze senza nemmeno aspettare l’ovvia risposta, mentre la domestica si apprestò a condurre Maria, con gli arti ancora indolenziti per via delle corde troppo strette ma sollevata per essersi risparmiata almeno l’orrendo strazio delle frustate, alla sua destinazione.
    Dopo pochi minuti Maria ricevette ciò che le era stato offerto dalla marchesa, il pane, l’acqua e persino una veste da notte, un cuscino ed un lenzuolo puliti per il letto. Il suo alloggio era stanza molto piccola, come le spiegò Elisa prima di lasciarla era l’alloggio della cameriera proprietaria dell’uniforme che le era stata destinata, ma almeno era fornita del minimo indispensabile, un letto, un comodino e persino un tavolino con una sedia; inoltre la finestra era sufficientemente ampia da consentire un buon accesso alla luce esterna, e quando Maria si affacciò il cielo pieno di stelle e con la luna piena le diede l’impressione di trovarsi ancora al suo villaggio, proprio come se in quel momento fosse stata in cima alla collina vicina insieme a Francesco, aspettando insieme a lui le comete nella notte di San Lorenzo. Francesco… chissà cosa stava facendo in quel momento, ma soprattutto chissà se l’avrebbe mai rivisto, almeno per scusarsi per come l’aveva trattato! E poi si rese conto di quanto, ora che erano tanto lontani, lui le mancasse, e non seppe spiegarsi come mai lui le mancava persino più di suo padre e dei suoi fratelli…
    Trovò un grande sollievo rinfrescandosi con l’acqua e divorò in fretta il pane, dopo di che si gettò sul letto, anche più morbido della vecchia panca di legno un po’ marcia che usava nel suo vecchio casolare, e crollò in un sonno profondo.

    La chiave girò rumorosamente nella serratura della sua porta ai primi chiarori dell’alba. Molto presto, certo, ma non più presto degli orari a cui era abituata, e nonostante le brutte esperienze si sentì incredibilmente riposata, come se si sentisse per qualche motivo legata a quel luogo, nonostante non l’avesse mai visto prima, tanto che Elisa la trovò già vestita e si meravigliò di quanto sembrasse più tranquilla.
    “Vedo con piacere che ti senti un po’ meglio: bene, allora vieni con me in cucina, devi mangiare qualcosa. Poi ti spiegherò ogni cosa!” le disse sorridendo, per poi avviarsi di sotto.
    Maria la seguì un po’ timorosa all’idea di cosa l’aspettasse e soprattutto alla raccapricciante idea di dover incontrare nuovamente quell’uomo viscido e malvagio, ma appena entrata in cucina respirò un’atmosfera di grande serenità, oltre al profumo di pane appena sfornato e marmellata.
    “Serviti pure, ciò che hai avuto ieri certamente non può essere bastato a farti riprendere del tutto!” le disse Elisa, ed a quel punto Maria capì che quel vago sorriso che le aveva visto prima non era stato solo di circostanza.
    “Perché sei così gentile con me? Quell’uomo mi ha presentato come una delinquente, infatti sono stata rinchiusa nella soffitta affinché non potessi rubare e fuggire!”
    “Stiamo parlando del signor Alfonso, no?” rispose Elisa, guardandosi istintivamente intorno, come per volersi accertare che non le sentisse nessuno “Mah, a quest’ora starà ancora dormendo della grossa, il giorno dopo il suo rientro da un suo viaggio non si alza mai prima di mezzodì, possiamo stare tranquille… Dunque, dicevo che quel terribile individuo ha meno diritto di giudicare di chiunque altro. Ah, è molto più delinquente lui di tutti noi della casa messi insieme, dico io! Mentre tu, bambina, non hai certo l’aria della delinquente: ne sono certa, so giudicare bene le persone, e mi basta guardarti in faccia per essere sicura che sei una bravissima ragazza, solo molto sfortunata. Ma dimmi, come hai fatto a metterti in questa situazione, inimicandoti addirittura il signor Alfonso? No, aspetta, non dirmelo, posso immaginare, povera piccola! Spero solo che non ti abbia fatto ciò che temo, quel verme schifoso!!! Ah, fosse per me, so io cosa farei agli uomini come lui, soprattutto per come tratta le donne. Anzi, per la verità ha la passione per le ragazzine: non è solo avido di denaro e potere, ha un animo perverso, e Dio solo sa che cosa sia riuscito a fare alle povere sventurate che siano finite nelle sue grinfie!!! Se ancora non ti ha fatto nulla sei stata molto fortunata: ha usato varie volte questi metodi, sfruttare il suo ruolo di esattore per portare via le ragazze che gli piacciono dai villaggi per sfruttarle a proprio piacimento, e gira voce che una volta abbia rapito persino una bambina di 13 anni abusando di lei a tal punto che la piccola è morta ancora prima di arrivare qui!”
    “Che orrore… Ma alla signora sta bene un tipo così? Non solo repellente a vedersi, ma con un animo così! Alfonso ha detto che sta per sposarla, e ieri anche lei ha confermato, definendolo “futuro sposo”. Dunque anche lei è spietata, anche più di lui!”
    “Questo no, la signora è una persona buona!” si oppose Elisa, visibilmente contrariata “E proprio tu non dovresti dubitarne, ne hai avuto subito la prova, dato che ti ha salvata da una sorte orribile!”
    “Solo perché le pareva sconveniente che avvenisse nel suo lussuoso palazzo; temeva forse che macchiassi il suo viale con il mio sporco sangue? Ed anche l’acqua che mi ha offerto per lavarmi, lo ha fatto perché temeva che la mia sporcizia le portasse qualche malattia!”
    Elisa sospirò: “Sei troppo severa con lei… Beh, in fondo posso capirti, data la tua situazione, ma te l’assicuro, la signora non è davvero così. Non ci sono mai state prove certe a proposito di quella bambina, perché molto probabilmente il signor Alfonso aveva fatto sparire il cadavere seppellendolo da solo nel bosco! La signora si è solo costruita una maschera di durezza, qualcosa che ha realizzato pian piano, negli anni, ma sono sicura che nemmeno lei pensa che tu sia davvero una delinquente, solo che per mantenere il suo tono distaccato ha usato la sporcizia ed i germi come pretesto, ma le sue intenzioni erano buone. Ed infatti non a caso mi ha detto di darti l’uniforme, ha deciso di assumerti come cameriera, lavorerai con me e con altre ragazze al suo servizio, e ti assicuro, non ce la passiamo affatto male. Pensa, se lavorerai bene potrebbe anche offrirti delle gratifiche, premi in denaro che potrai mandare alla tua famiglia!!!”
    Maria si sentì colpita, in effetti se la duchessa fosse stata del tutto senza cuore non le avrebbe certo concesso tanto, soprattutto dopo le infamanti accuse con cui l’aveva presentato Alfonso; tuttavia restava il fatto che essendo lei la massima autorità del luogo era per sua disposizione che i piccoli paesi venivano sfruttati affinché lei e quelli come lei potessero vivere nel lusso, e sempre per sua disposizione dovevano pagare anche quei gravosi tributi in denaro, regolarmente riscossi proprio dal gruppo capeggiato da Alfonso che di lì a poco sarebbe diventato anche il suo legittimo consorte, e come tale marchese: come avrebbe potuto una donna sensibile accettare persino di sposare un tipo del genere? Rivolse quelle domande ad Elisa, che però si limitò a ribadire che la sua signora aveva acquisito quell’atteggiamento a causa di un grande dolore del suo passato, ancora precedente della sua prima ed unica figlia morta di malattia a soli 3 anni ed a quella del marito, e che non era autorizzata a parlarne a chiunque. E per quanto riguardava il matrimonio, la signora era rimasta fin troppi anni da sola a gestire un palazzo senza un uomo accanto, gli altri nobili iniziavano a chiacchierare, era ora che si decidesse a riaccasarsi, anche con un tipo come Alfonso, se non c’erano altre alternative valide. Ad un certo punto se una donna iniziava a temporeggiare troppo un nuovo matrimonio per evitare l’acuirsi delle chiacchiere le veniva praticamente imposto dalla società da cui proveniva, perciò aveva dovuto per forza di cose cedere alle insistenze di Alfonso, che doveva aver avuto i suoi metodi per allontanare tutti gli altri eventuali pretendenti e che l’aveva allontanata sempre più dalla realtà della situazione nei villaggi con il pretesto di volerla scaricare da un fardello di responsabilità troppo oneroso per una donna.
    Quindi la sollecitò ad alzarsi, avevano perso fin troppo tempo in chiacchiere ed era giunta l’ora di iniziare a lavorare, o al suo risveglio la signora non avrebbe trovato tutto in ordine secondo le sue precise indicazioni quotidiane.

    Per un paio di giorni non accadde nulla di particolare. Pur non essendosi del tutto rassegnata alla sua sorte non comprendendo nemmeno la strana situazione del castello e tanto meno all’idea di tentare la fuga, Maria lavorava con impegno, facendo il possibile per guadagnare la fiducia di tutti senza però incrociare nuovamente Alfonso, per cui a maggior ragione faceva il possibile per non restare da sola. Aveva familiarizzato subito con Elisa, anche se lei si era subito pentita di aver parlato troppo e l’aveva presto affidata ad un’altra domestica affinché le spiegasse il lavoro per non rischiare ulteriori domande indiscrete da parte sua, ma ciò non fu un grosso problema, dato che anche gli altri della servitù l’accolsero abbastanza bene. Ma purtroppo non aveva ancora compreso fino a che punto Alfonso fosse ormai ossessionato da lei, ed un pomeriggio, mentre andava in giardino a raccogliere delle rose per addobbare la tavola per la cena, egli sbucò da un cespuglio. Accecata dal terrore, memore di quel suo risveglio sul suo carro, con quel suo brutto viso a distanza ravvicinata dal suo e quella bocca disgustosa che tentava di raggiungerla, Maria lanciò un grido ed inseguita da lui scappò via a gran velocità. Nel farlo sbagliò strada ed infilatasi in una vera e propria tenda formata da rigogliose piante rampicanti si ritrovò in un piccolo angolo del giardino che ancora non conosceva, laddove i fiori erano talmente tanti da sembrare un tappeto, e gli alberi e le varie piante parevano formare persino una residenza a parte, avvolta nel verde. Sotto ad un melo centenario stava seduta, su quel tappeto dai mille profumi, una figura leggiadra, quasi ultraterrena, di donna. Una donna dai capelli lunghissimi, che le ricadevano fino alla vita in vistose ciocche, china su un libro: il tutto dava l’impressione di un dipinto vivente realizzato da chissà quale mano invisibile, che le fece dimenticare un attimo del pericolo da cui stava fuggendo, catapultandola, pur se sveglia, nel mondo dei sogni.
    Ma durò poco, perché anche se Alfonso non l’avrebbe trovata facilmente lì, il rumore che aveva fatto spostando le fronde fece distrarre la donna, che si rivelò essere la duchessa, che con i capelli lasciati sciolti in quel modo e senza quella sua solita espressione severa pareva davvero un’altra persona!
    “Duchessa, scusatemi, sono mortificata, io… io non volevo, mi sono persa!” le disse Maria, ripresasi dalla sorpresa iniziale, prima che lei potesse in qualche modo rimproverarla, cosa che però lei non fece.
    Infatti appena Maria fece per andarsene e lasciarla sola, come lei le aveva garbatamente chiesto, la duchessa le disse di restare.
    “Aspetta, per favore… Come ti chiami? Maria, giusto? Senti, Maria, promettimi che non parlerai a nessuno di questo posto! Vedi, è l’unico luogo dove posso stare un po’ tranquilla, dove nessuno possa disturbarmi quando ho voglia di distrarmi un po’ dagli obblighi quotidiani!”
    “Ma sì, certo, non lo dirò a nessuno, non preoccupatevi…” rispose lei mestamente “Certo, è bello avere un luogo dove rilassarsi, ogni tanto… Io ne avevo diversi al mio villaggio, prima che il signor Alfonso…” ecco, non aveva ancora imparato la lezione, che la sua linguaccia lunga le avrebbe procurato solo guai. Dopotutto suo padre, i suoi fratelli e tutti gli altri avevano ragione, avrebbe dovuto tenerla più a freno, al di là del fatto che era solo una donna, ed ora chissà come avrebbe reagito la duchessa. Anche stavolta però lei la stupì.
    “Capisco… sai, devi credermi, Maria, mi dispiace molto per ciò che ti è successo! Dal tuo viso quando sei arrivata era evidente che era stata colpa di Alfonso, il cui ruolo non giustifica affatto la decisione di strappare una ragazza alla sua famiglia ed alla sua vita, ma non avrei potuto fare di meglio per te se non tenerti qui con me, sotto la mia protezione!”
    “Perché dice che non avrebbe potuto fare di meglio, signora? Sono felice che abbia creduto subito alla mia innocenza, ma allora avrebbe potuto rimandarmi subito al mio villaggio, sarebbe bastata una sua parola e nessuno avrebbe osato controbattere!”
    “Allora non capisci… Certamente la mia servitù no, non si sarebbe opposta, qui al palazzo mi lasciano dettare legge, ma al di fuori no, sono una nobile, ultima discendente di una nobile dinastia, ma resto comunque una donna, ed una donna non può certamente avere voce in capitolo in nulla in questa nostra società!”
    “Ma no, questo è sbagliato, e quello che è sbagliato… “ si bloccò, prima di finire quel concetto del quale era stata sempre convinta, dato che l’ultima volta che l’aveva ribadito era andata com’era andata.
    “Sei ancora troppo giovane per capire, ma se fra voi contadini la vita della donna è davvero dura fra noi nobili non è molto migliore, o almeno lo è solo in apparenza! Certamente non ci spezziamo la schiena sotto al sole, mangiamo abbondantemente ed indossiamo bei vestiti tutti i giorni, ma viviamo in gabbie dorate, schiave delle più sciocche convenzioni sociali ed ovviamente dell’autorità degli uomini!”
    “Dunque è per questo che sposerete quell’uomo, vero? Elisa me l’aveva detto…”
    “Elisa parla troppo a volte” concluse Katrin “ Ti raccomando di non dire nulla nemmeno a lei” e le chiese di lasciarla sola, dicendole che non le sarebbe dispiaciuto se qualche altra volta verso quell’ora fosse tornata lì, le pareva una ragazza intelligente e le aveva fatto piacere conversare con lei.
    Maria pensò in cuor suo che per lei era stata la stessa cosa, ma non seppe spiegarsi il perché. Ancora quella assurda sensazione di familiarità… però Elisa aveva ragione sulla duchessa, lo riconosceva. Non c’era classe sociale che facesse la differenza, in una società che discriminava tanto le donne, e paradossalmente fra i nobili il divario era più accentuato, perché fra contadini a parole gli uomini comandavano ma sul lavoro uomini e donne per forza di cose interagivano fianco a fianco, anche scambiandosi i compiti se necessario, mentre nella buona società una donna poteva solo giocare a fare la regina, con al seguito uno stuolo di servi considerati di scarso valore che l’adulavano in continuazione ed accettavano di cogliere rose invece di narcisi o di mettere tende rosa invece che verdi, ma che appena fuori dalla sua prigione dorata era considerata solo un trofeo che gli uomini potevano sfoggiare o al massimo un burattino che decideva solo formalmente non avendo un padre, un fratello o un marito in casa.
    Così il risentimento che aveva sempre provato per colei che considerava l’artefice dei guai dei piccoli villaggi si trasformò in sincera compassione e desiderò di poterla aiutare, anche se non immaginava come. Comunque, se non aveva lavori particolari da svolgere, faceva in modo di tornare nel piccolo angolo del giardino laddove avrebbe trovato la duchessa, e si rese conto di andare d’accordo con lei più che con chiunque altro in quella casa. La duchessa le chiese di parlarle della vita del suo villaggio, della sua famiglia, dei suoi amici, ed in cambio le insegnava molte cose, su come migliorare i propri modi ed il proprio carattere impulsivo e l’aiutava ad esercitarsi nella lettura, delle quali Maria conosceva solo il minimo indispensabile, frutto di qualche insegnamento sporadico impartitale da Francesco, ovviamente in segreto, dato che leggere non spettava certamente alle donne, perché non avrebbe certo migliorato la loro capacità di gestire la casa. Era incredibile quanto poi fosse diversa, ogni volta che uscendo dal suo piccolo angolo segreto si ricomponeva, tornando a svolgere le sue funzioni di severa signora del castello, ma Maria rispettava le sue volontà, provando dopo tanto tempo un enorme senso di serenità. Non che avesse dimenticato improvvisamente il suo passato ed i suoi cari, ovviamente, ma iniziava a considerare quella donna infelice quasi come una seconda madre, anche se non avrebbe mai osato dirglielo.

    Tuttavia quel senso di pace si rivelò non essere altro che la quiete prima della tempesta. Era un caldo pomeriggio di metà agosto, quando le due donne stavano leggendo il libro preferito di Katrin e la tenda di fronde si aprì violentemente: Alfonso era lì!!!
    Maria d’impulso balzò in piedi, Katrin si alzò a sua volta per offrirle conforto e protezione fra le sue braccia, e fissò Alfonso senza abbassare lo sguardo.
    “Beh, che cosa vuoi? Alla festa di domani sera annunceremo il nostro matrimonio per il primo settembre, ma non sei ancora mio marito, perciò fino ad allora non devo dare conto a te di cosa faccio in casa mia e di coloro che scelgo per avere compagnia. Se mi cercavi mi hai trovata, dunque ora puoi anche andartene!”
    Nonostante si trovasse al di fuori del palazzo, ora Katrin era tornata l’autorevole nobildonna apparsa sulle scale che con una sola parola intimidiva un intera servitù, Maria non l’avrebbe mai immaginata nel ruolo della sposa sottomessa, tanto meno di un uomo del genere.
    Ovviamente Alfonso, ormai forte del suo ruolo di promesso sposo, non si sentì affatto intimidito, anzi, scoppiò in una delle sue orribili e sinistre risate: “AHAHAH, sei davvero divertente, mia bella Katrin! Va bene, divertiti ancora, gioca a fare la regina ancora per queste ultime due settimane, ma stai certa che appena saremo formalmente sposati la musica cambierà subito, e tanto per cominciare distruggerò questi tuoi ridicoli giardini: ora posso dirtelo, li ho sempre odiati, e non ho mai sopportato la terribile puzza dei tuoi fiori!” le disse minaccioso.
    “Il tuo alito, è quello che puzza!” si lasciò sfuggire Maria, per poi raccogliersi maggiormente nell’abbraccio di Katrin, sfuggendo all’occhiataccia fulminante di Alfonso prima che lui potesse reagire malamente come da sua abitudine.
    “Lasciala in pace! A che ti servono le povere ragazze come lei adesso che stai per ottenere me? Finalmente hai vinto, mi sposerai, diventerai duca e sarai in tutto e per tutto il vero signore del palazzo, della città e dei dintorni, come hai sempre desiderato!”
    “Già, proprio così” concordò Alfonso ridendo ancora “Non vedo l’ora! Tu mi sei indispensabile, Katrin, perché senza di te non potrei avere il denaro, il titolo ed il potere, ma se devo essere sincero anche se sei una donna con tutte le carte in regola per potermi piacere non potrai certo bastarmi, e considero le ragazze giovani sempre la merce migliore! Sei ancora in tempo per darmi almeno un figlio e mi piacerà impegnarmi a fondo perché questo accada prima che tu non ne sia più capace, però dovrò pur provvedere alle mie necessità quando tu ne sarai impossibilitata per la gravidanza, e con questa stupida mocciosa ho ancora un conto in sospeso, un lungo conto che salderò molto presto. Perciò preparati anche tu, ragazza, goditi anche tu queste ultime ore, perché quando sarò diventato duca varranno le condizioni che ti ho posto al tuo arrivo, con l’unica differenza che con gli interessi maturati le eventuali frustate saliranno almeno a quaranta!” e finalmente si allontanò, lasciando un orribile sfregio nella spettacolare tenda di fronde e le due nello sconforto.
    “A questo punto non puoi nemmeno restare qui, devi fuggire, lontano… e magari in qualche modo si potrebbe fare in modo che la tua famiglia possa sapere dove, affinché tu non resti sola!”
    “Sapete bene che non ci riuscirei mai con questa sorveglianza, e comunque anche se non ho la più pallida idea di come salvarvi da questo matrimonio imposto nemmeno io voglio lasciarvi sola, dopo tutto ciò che avete fatto per me in questo periodo! Piuttosto, so che c’è ancora qualcosa che non mi avete detto: perché tenete tanto a me? Avete detto di aver salvato anche altre ragazze, ma nessuna è rimasta qui con voi, avete trovato loro un impiego in città e le avete sistemate… Perché invece io…?”
    Katrin sospirò: “E va bene, a questo punto non ha più senso tacere… Mi hai raccontato che tuo padre ti ha sempre detto che i tuoi occhi gli ricordano tua madre, non è così? Ebbene, è lo stesso anche per me, perché tua madre… lei era mia sorella!”
    “Come sarebbe a dire? Com’è possibile una cosa del genere, parlate sul serio?” chiese sconvolta Maria, ma le lacrime che ora bagnavano il viso di Katrin erano una prova sufficiente della sua sincerità.
    Subito se le asciugò e la invitò a seguirla fuori dal giardino, con i capelli sciolti così come si trovava.
    “Ormai non ha più alcun senso fingere, non ti pare? Vieni con me in camera mia, devo mostrarti una cosa…”
    Maria la seguì, e Katrin tirò una tenda su una parete, svelando un ritratto: il ritratto di una donna, alla quale Maria somigliava davvero molto, soprattutto per gli occhi.
    “Lei era Rosalinda, tua madre!”
    “E’ assurdo… in effetti mia madre veniva chiamata da tutti Rosa… Rosalinda… Mio padre mi diceva sempre dei suoi occhi, ma le somiglio anche per altro, è impressionante! Ma com’è possibile che una nobile come lei abbia vissuto in un misero villaggio di contadini?”
    “Per il motivo più semplice del mondo, anche se la nostra società lo rende complicato più che mai, per amore! Un amore improvviso e travolgente, voluto dal destino, quando l’asse della carrozza su cui Rosalinda viaggiava di ritorno dalla visita ad una parente fuori città si ruppe e lei e la sua cameriera ed il cocchiere furono costretti a cercare aiuto presso il villaggio di contadini più vicino, quello dove sei nata… In quella circostanza tuo padre offrì per primo aiuto ai viaggiatori in difficoltà, si innamorò di lei al primo sguardo ed anche per lei fu lo stesso.”
    “Incredibile, mio padre non mi ha mai raccontato niente del genere: mi ha sempre detto che i genitori di mia madre erano contrari al loro matrimonio, ma loro due erano così determinati da farli cedere, si sono sposati e…”
    “Dire che erano contrari è ben poco: figuriamoci, un matrimonio fra due classi tanto diverse, se ora è impensabile figuriamoci allora! Ma dopo quell’incontro Rosalinda, fino ad allora una figlia devota, considerata dai nostri genitori la migliore e la più promettente fra noi due, cambiò: iniziò a frequentare quel giovane contadino, tanto che usciva di nascosto, con la complicità della governante, troppo anziana e non più in grado di tenere testa a chicchessia, solo per incontrarlo… E non si fermò nemmeno quando iniziarono a nascere delle chiacchiere, che lei non si preoccupò di sminuire, sottolineando invece che per lei non aveva alcun dovere nei confronti di un fidanzamento con il quale non era mai stata d’accordo!”
    “Un fidanzamento? Dunque anche mia madre…”
    “Ovviamente sì. Lei era la primogenita, era giusto che fosse lei a sposarsi per prima, ed infatti i nostri genitori si erano preoccupati di organizzare per lei l’evento esattamente per quando avesse raggiunto l’età ideale per sposarsi. Ma appunto, avevano fatto i conti senza di lei, senza nemmeno ascoltare il suo parere, presentandole di punto in bianco il suo promesso sposo senza avergliene mai parlato prima, mettendola davanti al fatto compiuto! E per tutta risposta fu tua madre a fare la sorpresa più grande a loro, fuggendo con il giovane che sarebbe diventato tuo padre addirittura la notte prima delle nozze!”
    “Capisco, ma… il fidanzato…?”
    “Il fidanzato era Alfonso. Ovviamente anche in quel caso era spinto solo dai soldi, dal titolo nobiliare, non amava mia sorella, ma ti lascio immaginare come abbia reagito ad una vana attesa in Chiesa di ben 5 ore! Fino all’ultimo hanno sperato di riprenderla per trascinarla a mantenere il suo impegno, ma hanno dovuto arrendersi, perché la governante che l’accompagnava era troppo anziana non aveva una vista sufficiente per poter riconoscere quel ragazzo, e la verità venne a galla solo in seguito, quando era ormai troppo tardi per tornare indietro!”
    Finalmente tutto era molto più chiaro: quello strano senso di familiarità, l’affetto nato così velocemente per quella donna apparentemente tanto distante da lei… Fra l’altro Katrin le raccontò di quando Rosalinda aveva cercato più volte di riavvicinarsi alla famiglia che l’aveva poi ripudiata, non per riottenerne titolo e diritti, ma almeno per ristabilire un legame, l’ultima volta portava con sé proprio lei, di pochi mesi, fra le braccia. Ma il loro padre le aveva scacciate malamente, senza nemmeno degnarsi di guardare in faccia la nipote, figlia di uno sporco contadino pezzente! Dopo il matrimonio andato a monte Alfonso aveva tentato di accampare pretese chiedendo che gli concedessero la sua mano, in qualità di sorella della sposa che non aveva mantenuto il suo impegno, ma all’epoca lei era già fidanzata con un altro, poi divenuto suo marito, un uomo semplice e gentile, per il quale provava, se non amore, un profondo rispetto ed affetto, soprattutto perché le aveva consentito qualche volta di andare a trovare, ovviamente senza farsi riconoscere, la sua amata sorella. Purtroppo però quel matrimonio era finito dopo pochi anni a causa dell’improvvisa e prematura morte di lui; dopo di che Alfonso aveva chiesto nuovamente la sua mano. Inizialmente Katrin era riuscita ad evitarlo, giustificando il suo rifiuto con la persistenza del grande dolore che aveva provato quando era rimasta vedova. Nessuno si era opposto, era normale un simile atteggiamento da parte di una vedova, che anzi, era considerato lodevole in una vedova così giovane. Alfonso era stato in qualche modo risarcito del danno che aveva subìto a causa dell’abbandono alla vigilia delle nozze con quell’incarico prestigioso che si accordava tanto bene con la sua indole e che perciò gli andava particolarmente a genio (anche perché era evidente che sapeva chi fosse Maria, e proprio per questo si accaniva molto sulla sua famiglia!); poi trascorsi alcuni anni questa scusa non resse più ed anche se nel frattempo anche suo padre era morto gli altri membri della sua famiglia, solo in quanto uomini, avevano potuto pretendere da lei che accettasse di risposarsi, in quanto sarebbe stato troppo sconveniente per una donna del suo lignaggio restare a gestire il palazzo da sola, e per giunta senza figli.
    Dopo quelle ultime rivelazioni Maria non ne volle sapere di abbandonare proprio in quel momento colei che si era rivelata essere sua zia e che a quanto pare aveva visto anche altre volte in passato, così Katrin le promise che avrebbe cercato in tutti i modi di proteggerla, ma che nel caso la situazione fosse diventata troppo rischiosa avrebbe fatto in modo di mandarla di nascosto in qualche luogo sicuro, a costo di sfidare il marito. I giorni successivi furono frenetici per via dei grandi preparativi per il matrimonio di Alfonso e Katrin, la quale si sentì molto in colpa per non aver insistito perché Maria partisse, dato che l’aveva fatto soprattutto perché sentiva di non farcela a sopportare quella situazione senza il suo conforto.
    I preparativi furono ultimati e giunse il giorno fatidico delle nozze di Katrin ed Alfonso.
    Non solo il palazzo, ma l’intera città era in fermento in quel giorno in cui tutti avrebbero dovuto fare festa in occasione di uno dei banchetti più sontuosi degli ultimi vent’anni.
    Ancora una volta Katrin si era imposta su Alfonso affinché l’identità di Maria fosse rivelata ai servitori e lei fosse trattata come meritava; lui aveva ribadito che non avrebbe potuto impedirle nulla come semplice promesso sposo (che fra l’altro secondo l’uso locale sarebbe stato totalmente bandito dalla residenza dove viveva la sua promessa sposa), ma che subito dopo le nozze sarebbe stato lui a decidere definitivamente per lei, per il palazzo ed ovviamente anche per la sua adorata nipote. Così per quel breve periodo Maria aveva avuto modo di cambiare molto il suo modo di vivere, trasferendosi nelle stanze di Katrin, indossando abiti che mai avrebbe immaginato di poter indossare e mangiando cibi che mai avrebbe immaginato di poter mangiare. Allora in quelle circostanze il suo pensiero volava alla sua famiglia ed al suo villaggio, quanto avrebbe potuto aiutarli! Ma sapeva bene che se Alfonso era tenuto a rispettare le antiche tradizioni della città non avevano gli stessi obblighi i suoi uomini, che avevano ricevuto da lui l’incarico di sorvegliare strettamente la situazione, a maggior ragione con quella terribile ragazza che già aveva influenzato molto negativamente la sua fidanzata.
    E proprio due di quegli uomini, all’alba del grande giorno, imposero ad Elisa di andare all’alba a svegliare Maria nella sua stanza affinché tornasse alle sue mansioni di domestica, così come avrebbe dovuto essere da quel giorno in poi, come più consono alla figlia di un contadino, pur essendo anche figlia di una nobildonna come Rosalinda.
    Maria non se la prese troppo a male, perché dopotutto si sentiva ancora a disagio nel vivere una vita tanto lussuosa e così diversa da quella a cui era abituata, e dopo aver indossato nuovamente quella che era diventata la sua uniforme raggiunse Katrin per aiutarla a prepararsi.
    Come da tradizione la sposa sarebbe giunta almeno mezz’ora dopo l’orario in cui era stata fissata la cerimonia, ma i preparativi furono ultimati molto prima, tanto che Katrin aveva espresso il desiderio di poter anticipare i tempi, così forse lo strazio di quella terribile giornata si sarebbe concluso prima. Ma ovviamente non avrebbe potuto essere accontentata a causa dei rigidissimi cerimoniali dell’epoca, perciò dovette rassegnarsi ad aspettare l’orario concordato rinchiusa nelle sue stanze.
    Quando finalmente vennero a chiamarla per condurla in Chiesa fu solo grazie alla confortante presenza della nipote che riuscì a mascherare bene il suo notevole disappunto ed il suo disgusto all’idea di sposare quell’uomo. Maria si era sentita subito a disagio quando la zia le aveva fatto provare alcuni dei suoi abiti e non sentiva questo grande desiderio di indossarne ancora, ma restava sempre affascinata vedendoli indossati da lei. Katrin avrebbe voluto semplicemente riadattare l’abito che avrebbe dovuto indossare la sorella nella stessa occasione, continuando a definirsi la sua sostituta in tutto e per tutto, ma Alfonso aveva risposto che sarebbe stato di pessimo auspicio usare un abito di un’altra, fra l’altro destinato ad un matrimonio poi andato a monte, perciò aveva dovuto farsene confezionare uno nuovo. Ne scelse uno particolarmente sobrio e castigato, ben conoscendo i gusti totalmente diversi del futuro marito, amante dei modelli femminili più sgargianti ed almeno un po’ provocanti. Inoltre, tenendo a mente di certi suoi apprezzamenti sui suoi capelli, se li era fatta tirare su, non lasciando nemmeno una ciocca ribelle. Le ultime piccole soddisfazioni che si concedeva prima che lui, dal giorno seguente, in quanto nuovo padrone del suo patrimonio e della sua stessa persona, potesse decidere anche dei più piccoli dettagli della sua vita.
    Nonostante la gran pena che le straziava il cuore Katrin riusciva a nasconderla dignitosamente dentro di sé, ma non per questo si sforzava di apparire felice come ci si sarebbe aspettati da una sposa. Fortunatamente questo non era imposto dalle convenzioni, ma anche se lo fosse stato le sarebbe stato impossibile rispettare anche questa condizione, così aveva assunto un’espressione totalmente impassibile, come di colei che non faceva altro che attenersi ad un rigido cerimoniale, con movimenti e frasi prestabilite da seguire fino alla fine.
    Rispettando la sua volontà anche Maria, pur se molto malvolentieri considerando il suo temperamento, se ne stava tranquilla, per non alimentare tensioni a quel punto inutili. In quella particolarissima occasione anche le cameriere e tutta la servitù avrebbero potuto unirsi ai festeggiamenti, perciò accompagnò con tutti gli altri la sposa nel suo cammino verso il suo triste destino.
    Ma quando arrivarono alla piazza principale, dove c’era la Cattedrale dove si sarebbe svolta la cerimonia, trovarono una terribile confusione: i soldati al seguito di Alfonso erano impegnati a contrastare quella che aveva tutta l’aria di essere una vera e propria rivoluzione popolare, e stavano avendo la peggio, essendo numericamente molto inferiori ed essendo la controparte armata di zappe, forconi e molte altre armi improvvisate. A Maria parve di riconoscere, nella grande folla, alcuni contadini del villaggio e qualcuno del villaggio vicino: possibile che finalmente si fossero decisi ad unirsi contro il nemico comune? E con un tuffo al cuore constatò di non essersi sbagliata quando riconobbe, fra gli altri, Francesco! Avrebbe tanto voluto correre da lui, ma ovviamente non le era possibile, anche perché nel frattempo qualcuno doveva aver chiamato i rinforzi ed alcuni soldati per motivi di sicurezza avevano bloccato la strada alla carrozza della marchesa ed al loro gruppo diretto alla Cattedrale. Disperata all’idea che le cose potessero volgere al peggio e che i suoi amici potessero fare una brutta fine solo per aver finalmente condiviso ciò che lei aveva predicato per anni, Maria riuscì a forzare il blocco ed ad insinuarsi incoscientemente nella folla inferocita, tentando disperatamente di farsi avanti a spintoni: la sua testardaggine ebbe la meglio su quella situazione assurda e lo raggiunse, ma appena fu riuscita ad attirare la sua attenzione si sentì afferrare bruscamente da dietro: con orrore constatò che si trattava di Alfonso, la cui stretta era forte come una tenaglia, e che intendeva usarla come scudo! Istintivamente Francesco gli si gettò addosso per aiutarla, ma l’energumeno, sempre tenendo Maria con un braccio, con l’altro tirò fuori un coltello e lo puntò contro di lui. Questo non scoraggiò il ragazzo, che tentò di strapparglierlo, ma il bestione lo spintonò via e girò l’arma verso Maria, mentre lui per un attimo era rimasto a terra mezzo stordito.
    “Hai rovinato il mio trionfo, maledetta, hai portato tu tutti questi miseri straccioni qui, vero? La pagherai!” sbraitò Alfonso fuori di sé.
    Impietrita dal terrore, Maria chiuse gli occhi, sentendosi perduta, quando dalle loro spalle risuonò una voce autoritaria: “Adesso basta! Alfonso Maria Della Rocca, ti accuso formalmente di abuso dei tuoi poteri, e da questo momento ti destituisco dal tuo incarico. Inoltre dovrai rispondere a tante altre accuse!”
    Alfonso mollò subito Maria, come se fosse stato colpito da una scarica elettrica, e tutti si fermarono. Tutti si erano scostati dalla loro linea d’aria, e sulla soglia della Cattedrale era apparso un uomo, colui che aveva pronunciato quelle parole: era un bell’uomo che non raggiungeva i quarant’anni, vestito elegantemente senza troppo sfarzo, i capelli lunghi e la barba incolta come se fosse appena rientrato da un viaggio; ma i soldati lì presenti parevano conoscerlo bene, e non solo loro! Alfonso, infatti, che aveva pateticamente tentato una fuga disperata subito bloccata dai soldati, era crollato in ginocchio.
    “Portatelo via!” disse appena fu giunto vicino a loro ai due che lo tenevano fermo, quindi, compiaciuto per il fatto che Francesco stesse bene, si avvicinò a Maria e le sorrise in modo stranamente dolce.
    “E’ impressionante quanto somigli a tua madre!” le disse l’uomo, lasciando Maria ancora più sconcertata.
    Fu Katrin a rispondere ai suoi interrogativi, apparendo poco dopo dietro di lui, con le lacrime agli occhi per la felicità: “Non è possibile… Raul, sei tu, fratello mio!!! Io credevo… credevo che tu fossi morto in battaglia nel corso dell’ultima guerra, invece…”
    “Sì, sono proprio io, Katrin!” la rassicurò Raul, abbracciandola “Sto bene, e lo devo ai nostri devoti contadini… Loro mi hanno salvato dalle grinfie di Alfonso: i suoi uomini mi avevano trovato, ferito, dopo una battaglia, e mi avevano sequestrato, con ovvi motivi. Ovviamente risponderà anche di questo! Soprattutto devo molto a questo ragazzo” indicando Francesco, che intanto era stato finalmente raggiunto da Maria.
    “E’ stata solo una fortunata circostanza” si schermì subito lui.
    “Quel criminale di Alfonso mi aveva tenuto prigioniero in un suo rifugio segreto per anni. Quando mi trovò per terra privo di sensi non mi diede subito il colpo di grazia perché era troppo vigliacco per uccidermi, o era semplicemente sadico, dato che quasi ogni sera veniva nella mia cella e si divertiva molto a raccontarmi tutto ciò che faceva nei villaggi e come si stava avvicinando ad acquisire il mio palazzo ed il mio titolo sfruttando mia sorella. Diceva che mi avrebbe ucciso in seguito, dopo il matrimonio, e che meditava di regalare la mia testa a mia sorella come regalo per il compleanno o per il primo anniversario… E’ pazzo e perverso oltre ad essere un sadico ed un traditore, e si divertiva a torturarmi anche fisicamente. Poi però di recente non so più come sono riuscito a fuggire dalla mia prigione: ero allo stremo delle forze, e non sarei comunque andato lontano se questo ragazzo non mi avesse trovato e soccorso, senza nemmeno sapere chi fossi!” raccontò il marchese Raul.
    “E’ così, ma per fortuna non ho dovuto fronteggiare quelle guardie, non sarei qui a raccontarlo. Sai che non sono così propenso a battermi e tanto meno abile, dato che non sono un soldato, e comunque lei è molto più combattiva di me. Mi spiace tanto, Maria, se fossi stato un guerriero anziché un povero contadino sarei venuto subito a cercarti, per liberarti ad ogni costo!” e Francesco guardò Maria, che lo rassicurò sorridendo, capiva bene che sarebbe stato una specie di suicidio che non avrebbe portato a nulla di buono, non avrebbe mai potuto salvarla da solo, e poi lui doveva provvedere anche alla sua famiglia.
    “Quando mi sono ripreso ed ha saputo chi sono Francesco mi ha raccontato ciò che era successo l’ultima volta che Alfonso aveva svolto le sue funzioni di esattore, ed allora io ho chiesto a lui ed anche ai contadini di altri villaggi ulteriori testimonianze della sua crudeltà e delle sue azioni tiranniche.”riprese Raul “Francesco mi ha accompagnato agli altri villaggi, ed ovviamente abbiamo pianificato la nostra venuta qui. Nemmeno io avrei potuto raggiungere da solo la città per rivendicare il mio titolo, perché sapevo che Alfonso avrebbe sguinzagliato i suoi uomini un po’ ovunque, mi avrebbero ucciso prima che potessi raggiungere la mia destinazione, stavolta subito e laddove mi avessero trovato.”
    “Mi sono ricordato di ciò che tu dicevi sempre, che avremmo potuto unirci tutti contro il tiranno” disse Francesco a Maria “E quello era il momento giusto per farlo, forti della guida autoritaria ed esperta del duca Raul. Anche se… forse avremmo dovuto arrivare un po’ prima, siamo arrivati ad impedire il trionfo di Alfonso Maria per un pelo!”
    “Invece sei… siete arrivati proprio al momento giusto”gli disse Maria, arrossendo ed abbassando lievemente lo sguardo.
    “Ora posso finalmente abbracciare la mia nipotina?” intervenne nuovamente Raul, soffocando una risatina, mentre Maria prontamente annuì e si accostò a lui, felice di conoscere uno zio che non sospettava di avere ma che già le piaceva, anche perché l’aveva appena tolta da una situazione imbarazzante.
    In seguito Katrin spiegò a Maria che Raul era il suo fratello più giovane, che si era sempre dedicato alla carriera militare e che solo dopo la morte dei loro tre fratelli maggiori aveva acquisito il titolo di duca. I fratelli erano tutti morti in circostanze alquanto strane, probabilmente Alfonso avrebbe potuto fornire spiegazioni anche a questo proposito, così come avrebbe dovuto fare circa il rapimento di Raul, ovviamente tutto organizzato per poter strappare il potere alla loro famiglia: alla sua scomparsa Katrin era divenuta duchessa, ma non era plausibile che una donna restasse al potere a lungo da sola!
    Grazie al ritorno di Raul tutto tornò a posto: con sollievo Katrin gli restituì le responsabilità del suo ruolo, anche se lui insistette affinché lei gli rimanesse accanto nello svolgimento delle sue funzioni, perché aveva molta fiducia in lei ed era certo che prima o poi sarebbero state riconosciute le grandi potenzialità delle donne, ancora così assurdamente umiliate e sottomesse. Lei accettò con gioia, a patto di dover rispettare protocolli sociali molto meno rigidi di prima.
    Alfonso fu immediatamente sbattuto in un carcere di estrema sicurezza, in attesa del processo in cui avrebbe dovuto rispondere di parecchi reati. Quasi certamente sarebbe stato giustiziato, ma non arrivò mai in aula, perché fu trovato morto nella sua misera e lurida cella tre giorni dopo la sua incarcerazione: si era suicidato con l’arsenico.
    Dopo la morte del perfido ed avido esattore delle tasse villaggi dei contadini poterono finalmente tornare ad una vita più serena. Il redivivo duca amministrava ogni cosa con magnanimità e giustizia e per prima cosa abbassò drasticamente i tributi, ma si impegnò anche su vari fronti per migliorare la vita di operai e contadini, ed istituì giorni nei quali avrebbe aperto a tutti le porte dell’immenso parco che circondava il suo palazzo e si sarebbe fatta festa in tutta la città. Una delle prime di queste giornate fu la primavera successiva, in occasione di un altro matrimonio, quello della nipote del duca: vincendo la sua timidezza Francesco aveva infine dichiarato i suoi sentimenti a Maria, che gli aveva confessato di aver capito, nel corso di quei mesi di lontananza forzata, di provare la stessa cosa. Quindi lui le aveva chiesto di sposarlo, lei aveva accettato ed il duca aveva accolto con entusiasmo la sua richiesta, e non solo perché grazie al suo contributo alla sua salvezza aveva deciso di conferirgli un titolo nobiliare (oltre a far rintracciare dai suoi uomini Anna, che si era salvata grazie alla protezione di Katrin, che l’aveva fatta trasferire in segreto in una città non molto lontana, e che una volta passato il pericolo avrebbe potuto finalmente ricongiungersi ai suoi cari).
    Katrin poté finalmente avere una vita più libera, meno soffocata dai rigidi protocolli dell’alta società che in realtà non aveva mai sopportato, avendo dentro di sé un po’ invidiato il coraggio che Rosalinda aveva avuto nell’inseguire la sua libertà, anche se poi ne aveva potuto godere appieno per troppo poco tempo. Certamente anche lei nei suoi ultimi giorni non si era mai pentita della sua decisione, e Katrin si recò spesso al villaggio dove l’amata sorella aveva vissuto i suoi ultimi anni, dove chiedeva a Giovanni di raccontarle di lei, comprendendo sempre più come mai Rosalinda fosse arrivata persino a rinunciare alla ricchezza ed agli agi pur di stargli accanto. Anche Katrin, che come lei amava molto sentirsi immersa nella natura, sentì ben presto di apprezzare quell’ambiente rurale, molto più del palazzo e dell’ambiente lussuoso della città; ed era sicura che anche se un giorno avesse deciso di seguirne l’esempio, Raul l’avrebbe compresa e perdonata, a maggior ragione per la consapevolezza che grazie a Maria ed a Francesco anche il problema della discendenza della loro dinastia sarebbe stato presto risolto.
    E vissero per sempre felici e contenti.

    Edited by Sonoko - 15/6/2015, 09:59
     
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    Ho il grande piacere di annunciare che il nostro forum ha vinto! :muhahaha:
    Beh, in realtà non eravamo in molti a partecipare, ma sono felice lo stesso che la storia sia piaciuta, ecco il banner:
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  3. chicco1@
     
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    Bravissima mi fa piacere ^_^ :P
     
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    Grazie, sei molto gentile! :) Se ti va leggila e dimmi se ti piace. ^_^
     
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  5. chicco1@
     
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    ok grazie sonoko ^.^
     
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